La figura del “papa emerito” Benedetto XVI  /2

Il cristianesimo identitario di Benedetto XVI e dei tradizionalisti non è l’unica scelta. C’è anche il cristianesimo dialogico del terzo millennio

Il pensiero di Benedetto XVI resta vivo non solo tra i cattolici tradizionalisti, ma anche in gran parte del clero e nello stesso papa Francesco.
È quindi necessario continuare a fare i conti con la sua “ideologia” religiosa, la cui caratteristica generale si può definire (come ha fatto Vito Mancuso) quella del “cristianesimo identitario”. Si tratta della tipologia di cristianesimo che identifica la verità del mondo e della vita con la propria identità; conosce già in anticipo, senza bisogno di confronti, il modo giusto di affrontare la vita e le conseguenze etiche.

 Non a caso nella visione di Benedetto XVI vi è identità tra il suo Dio e la Ragione (Logos), da questa identità scaturisce la Verità, di cui è interprete la Chiesa di Roma. Ogni individuo, in quanto dotato di ragione, deve necessariamente acconsentire alla Verità trasmessa dal Logos, attraverso la sua Chiesa. Non ci sono mezze misure, alternative, compromessi: chi non condivide non sta usando la ragione, ma sta “sragionando” (su questa tesi, per alcuni di noi assurda e paradossale, ma sostenuta con vigore dal papa e dai tradizionalisti, ci soffermeremo in un prossimo articolo). Da ciò i principi non negoziabili e la chiusura alle soluzioni nuove e perfino la sordità alle domande impreviste che ogni epoca propone.

A questa concezione noi contrapponiamo il cristianesimo dialogico di Hans Kung, che concepisce la verità del mondo e della vita più grande della propria identità, come mistero; non pretende di avere la formula che conosce a priori la verità del mondo, ma ha un suo metodo per indagare, il cui nucleo fondante sta nella consapevolezza che la verità non è statica dottrina, non è una formula chimica, ma è un processo dinamico e relazionale.

La verità diventa la logica della vita giusta e pura, che nasce nel confronto costante, aperto all’ascolto creativo col mondo. Chi fa la verità viene alla vita” Giovanni 3,21 perché la verità ha a che fare con la prassi, non con dottrine e dogmi. In questo modo valorizziamo del Vangelo i momenti in cui Gesù ha posto il criterio del Giudizio finale nelle opere e non nelle formule (specialmente il bellissimo Matteo “Il giorno del giudizio” 25,31 assolutamente da leggere perché in esso anche un credente in altra fede, un agnostico e un ateo possono tranquillamente riconoscersi e fare proprie le affermazioni ivi contenute).

Oppure potremmo sostenere con Kant “Ci riterremo al servizio di Dio solo in quanto promuoveremo in noi stessi e negli altri il Bene del mondo” e in questa prospettiva la Verità è uguale al Bene, necessariamente sempre storicamente ridefinibile, e non è uguale alla Dottrina, scolpita una volta per tutte, eternamente, sulla pietra dei comandamenti.

Ci è sembrato poter fare cosa utile  il fornire la possibilità di consultare vari articoli, prevalentemente pubblicati in questo blog, che trattano la teologia e l’operato di Benedetto XVI, per poter accedere ad essi rapidamente e, nello stesso tempo, essere informati – in generale – sull’articolazione del tema che si desidera esaminare.

La nostra bussola per poter contestare le tesi di Ratzinger si può ridurre ad un concetto che padre Ernesto Balducci ebbe occasione di ripetere spesso (riguarda sempre il “cristianesimo dialogico”): ogni cultura ha il suo dio a sua immagine e somiglianza e questo dio è il riflesso dell’umanità che lo esprime. Le stesse formule del Cristianesimo sono apparse nella storia, e noi le abbiamo ereditate, quindi esse sono trasmesse dal passato. Le culture sono relative così come sono relativi i modi di vivere la fede in Dio; la fede invece è sempre adesione viva ed è sempre diversa dal passato: infatti, ci sono molti limiti nell’esperienza delle fedi del passato, non riproponibili oggi, quali ad esempio il ruolo subordinato della donna e i diritti umani decisi e imposti da una religione anche a chi pensa diversamente.

Qui di seguito i temi trattati e i link che rimandano agli articoli da leggere:

1) Un testo fondamentale di papa Benedetto XVI, di non facile lettura, perché affronta il cuore del pensiero teologico ratzingeriano è il “Discorso di sua santità Benedetto XVI alla Curia romana” del dicembre 2005. Si tratta dell’esposizione, ampia e argomentata, da parte del papa teologo, riguardo i limiti del Concilio Vaticano II e la illustrazione della giusta “ermeneutica” per interpretare le opere e la dottrina della Chiesa. Resta il testo più illuminante per la comprensione della cornice di riferimento in cui si colloca la ricerca teologica di Ratzinger.
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2) Il discorso di Ratisbona: è stata una tragedia per l’ecumenismo e ancor prima per la possibilità di un confronto basato sull’ascolto dell’altrui pensiero. Emerge in maniera vistosa la superficialità del papa emerito nell’affrontare temi riguardanti altri modi di intendere la religione e, purtroppo, una sostanziale malafede nel voler “annullare” le tracce dei propri errori, attraverso la cancellazione di due passaggi della Lectio Magistralis, letta nell’università di Ratisbona e, con la eliminazione delle frasi avventate, la diffusione di un secondo testo. Questo secondo testo è diventato ufficiale ed è attualmente l’unico consultabile nell’Archivio Vaticano, ma “Civiltà cattolica” non ebbe il tempo di modificare il primo testo – quello effettivamente letto dal papa – che così appare, nella sua versione originaria, nel numero della rivista dedicato alla Lectio di Ratisbona. Nel secondo testo Ratzinger ha cercato di attutire la pesante e offensiva valutazione (ingiustificata) delle sue considerazioni nei confronti dell’Islam e del suo profeta.
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3) Dio esiste? L’unico confronto in cui un filoso ateo ha potuto verificare la solidità delle argomentazioni del futuro papa Benedetto XVI. Il dialogo tra Flores d’Arcais e il cardinal Ratzinger ci consente di misurare l’inconsistenza delle affermazioni sostenute da Ratzinger quando deve argomentare in pubblico, con esempi concreti e con un interlocutore non accomodante, il proprio pensiero.
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4) “Il Sessantotto dei pedofili. E tutte le ragioni di Ratzinger” si tratta di un commento agli “Appunti” che il papa emerito fece pubblicare nel 2019 il merito alla pedofilia tra il clero cattolico, le cause e i possibili rimedi.
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5) Sui limiti della lotta alla piaga della pedofilia da parte di Benedetto XVI.
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6) Sull’appropriazione, più o meno indebita, da parte dei “cattolici leghisti” della interpretazione del Vangelo fatta da Benedetto XVI
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7) La distanza tra Francesco e Benedetto: il problema del tradizionalismo lefebvriano. La teologia di Francesco non si discosta da quella di Benedetto, sono entrambe legate ad uno schematismo medievale largamente datato. Francesco, tuttavia, intravede meglio del suo predecessore il pericolo del tradizionalismo, proprio perché Benedetto XVI ne metteva in risalto solo gli aspetti positivi: saldezza della fede, garanzia di obbedienza e fedeltà, rispetto del ruolo pietrino come gerarchia e non come pastoralità, grande caparbietà nel sostenere la stessa visione integralista del papa emerito.
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8) La vicinanza tra Benedetto XVI e Giovanni Paolo II: viene riproposto e analizzato il commento del 2020, scritto da Benedetto XVI, sull’operato del suo predecessore.
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L’immagine in evidenza è tratta da: repubblica.it

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