A 100 anni dalla nascita di Giovanni Paolo II /2

Di ben altro spessore rispetto alla ricostruzione di Adornato e Fisichella è il ricordo del papa Polacco da parte di Benedetto XVI, un paginone sul Foglio del 17 maggio 2020.
Innanzitutto l’autore racconta il periodo storico e i luoghi della formazione di Karol Woytila: la Polonia del primo dopoguerra, quando questa nazione si trovava in mezzo ai due colossi, la Russia e la Germania, tanto da essere occupata prima dai nazisti e poi dopo il 1945, dai comunisti sovietici. Apprendiamo che il futuro papa, durante la sua adolescenza, giovinezza e fin dentro l’età adulta, ha sperimentato solo regimi totalitari, non ha né conosciuto né ancor meno praticato la forma democratica di governare la società, e questo aspetto della sua formazione iniziale già in parte spiega l’intolleranza (scambiata per coerenza “cristiana”) e l’autoritarismo (per esempio il nuovo “caso Galileo”, l’azione contro Hans Kung, accuratamente circostanziata in “Una battaglia lunga una vita” da pag.670 a 730), manifestati da Woytila all’interno della sua Chiesa.

Le prime fotografie che l’Osservatore Romano pubblicò il 20 ottobre del 1978, dopo la sua elezione, mostrano il cardinal Woytila durante alcune conferenze svoltesi tra il 1972-74, a Roma, presso il Centro romano della Opus Dei, a cui da tempo Woytila dava credito e stima; con l’Opus Dei aveva già pubblicato un libro e l’ha sostenuta fino alla fine dei suoi giorni. Una brevissima nota: l’Opus Dei, nata e cresciuta nella Spagna franchista, era e resta una rigida organizzazione integralista, orientata senza esitazioni a destra (sette ministri dell’ultimo governo del dittatore Franco ne hanno fatto parte), il cui programma consiste nella restaurazione cattolico-romana, messa parzialmente in crisi dal Concilio Vaticano II, e tutto ciò in sintonia col pensiero di Woytila.

Ratzinger poi inquadra perfettamente il contesto, in cui Woytila, divenuto Giovanni Paolo II, si trovò ad operare, quello del post-concilio, di cui formula un giudizio pesantemente negativo. “Quando il cardinal Woytila fu eletto, nel 1978, la Chiesa stava vivendo una situazione drammatica. Le deliberazioni del Concilio erano state presentate al pubblico come una disputa sulla fede, il che sembrava privare il Concilio della sua infallibilità e incrollabile sicurezza”.

Ha ragione. Per le menti e le culture abituate all’ordine apparentemente immutabile del pensiero medievale, alla logica ferrea del pensiero di Tommaso, alla tradizione di riti in latino con abiti e musiche di secoli lontani, il ritrovarsi invece all’interno di edifici religiosi in cui il suono delle chitarre si accompagna a canti in lingue nazionali, con un altare spostato e rivolto verso il popolo, e, vestito magari in jeans e senza tonaca, il sacerdote, che adotta forme di predicazioni su tematiche mai affrontate prima, quanto meno tutto ciò è stato fonte di più di un sobbalzo. Soprattutto se pensiamo che gli antichi rituali erano e sono l’elemento centrale della religione come viene intesa dai tradizionalisti, per i quali modificare un rito sarebbe come stravolgere un dogma di fede (vedi lo scisma di Monsignor Lefevre).

La sensazione che niente fosse più certo, che tutto fosse confutabile, venne infiammato ancor di più dal metodo dell’implementazione liturgica…Le problematiche (che dovette affrontare Paolo VI) mettevano in discussione l’esistenza stessa della Chiesa. All’epoca i sociologi mettevano a confronto la situazione della Chiesa con quella dell’Unione Sovietica, sotto l’autorità di Gorbaciov, durante la quale la potente struttura dello stato sovietico collassò nel processo di riforma”.

Finalmente si sente dire “pane al pane” senza le allusioni velate di Fisichella ed Adornato: il ruolo di Giovanni Paolo II è stato quello del grande Restauratore, anche se Benedetto XVI preferisce spesso sfumare e parlare di “ermeneutica della continuità”. Ancora Benedetto XVI chiarisce: “Le parole della sua prima omelia “Non abbiate paura! Aprite, spalancate la porta a Cristo” furono l’appello ed il tono che avrebbero caratterizzato tutto il suo pontificato e lo avrebbero reso un restauratore liberatore della Chiesa”. 

Grazie a Benedetto XVI si è fatto trasparenza sull’opera del predecessore, compresi il tono con cui venivano proposti i suoi appelli.

Ora, tuttavia, è necessario entrare brevemente nel merito della restaurazione di Woytila e proseguita da Ratzinger:

1) La richiesta, assolutamente condivisibile, di estendere i diritti umani in tutto il mondo da parte di G.P.II non trova una corrispondente difesa dei diritti umani nella Chiesa Cattolica, in base all’attuale diritto canonico (in particolare per quanto riguarda l’autonomia dei vescovi, dei sacerdoti e dei teologi);

2) G.P.II si è battuto per giustamente eliminare la discriminazione di genere, ma,  contemporaneamente, ha “infallibilmente” escluso le donne, per l’eternità, dalla consacrazione sacerdotale, appellandosi non ad un ragionamento (Tommaso infatti non era recuperabile con la sua teoria del “cervello femminile meno sviluppato”) ma al “volere divino”;

3) G.P.II ha predicato contro la povertà di massa ripetutamente, tuttavia, con la sua posizione in merito al controllo delle nascite, è responsabile di questa indigenza (nel 1994 ha preso nuovamente posizione  contro l’uso della pillola e del preservativo, opponendosi all’obbiettivo di una paternità/maternità responsabile, vedi “Cosa c’è dietro lo scontro sull’Istituto Giovanni Paolo II” parte prima e seconda);

4) Anche G.P.II ha confermato, nei suoi discorsi, un diritto centrale dell’uomo, quello della libertà religiosa (appellandosi al Concilio Vaticano II e sconfessando –implicitamente- politiche ecclesiastiche anacronistiche, precedenti al 1965, e visioni teologiche distorte, come quella di Pio XII), tuttavia una semplice libertà – la persona sposata diventa prete – concessa già nella Bibbia, è stata nuovamente da lui negata. Egli ha ignorato la dottrina e la grande Tradizione del primo millennio – nessuna legge coercitiva ed universale sul celibato – e si è richiamato al diritto canonico medievale dell’XI secolo per impedire la presenza di sacerdoti sposati;

5) G.P.II ha coraggiosamente promosso il primo raduno di Assisi nel 1986, ma, purtroppo, si è fermato qui, per quanto riguarda il dialogo ecumenico. Nessun nuovo passo avanti è stato fatto da lui a causa di una ristrettissima visione teologica, che pretende la subordinazione giuridica (non pastorale, su questo aspetto si sarebbe già trovato un accordo) alla Chiesa di Roma e al suo Papa: sottomissione della Chiesa dell’Est e ritorno dei protestanti alla casa paterna cattolica romana (!);

6) Va dato merito a G.P.II di aver pubblicamente confessato nel 2000 i peccati storici della Chiesa, e di questo gliene siamo grati (certo sorvoliamo sul ritardo di secoli); purtroppo di questa confessione G.P.II e la Chiesa da lui forgiata attraverso la nomina di cardinali, vescovi, nunzi ossequienti, non ne ha tratto alcuna indicazione pratica. Intanto ha chiesto perdono solo per gli errori delle “figlie e figli della Chiesa”, ma non per quelli del Santo Padre e della Chiesa stessa; e per i peccati più recenti, gli scandali e crimini (da quelli finanziari a quelli terribili della pedofilia), il Vaticano, quando non è stato connivente (Marciel Macel Degollado insegna) è stato quanto meno titubante.

Woytila non è il più grande papa del secolo scorso (Magno lo vorrebbe Benedetto XVI) ma senz’altro il più contraddittorio. Riassumiamo: la sua “politica estera” ha contribuito ad accelerare la caduta dei muri, si è fortemente espressa per evitare le guerre e a favore del metodo del dialogo, infine è stata innovativa in ambito sociale con gli appelli per la ridistribuzione della ricchezza e per la lotta alla povertà. All’opposto, la sua “politica interna” ha puntato alla restaurazione della situazione ecclesiastica pre-conciliare, impedendo le riforme possibili, censurando arbitrariamente il dialogo interno, ostacolando un ecumenismo reale e non verbale. La sua proposta morale (da quella sessuale a quella del fine vita) è sembrata provenire dal remoto passato e da terre lontane, totalmente estranea al contesto attuale e alle domande dell’umanità che lo abita.

Magno nella contraddizione.

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