Il mito delle radici cristiane dell’Europa /3

La lettura del libro di Sante Lesti ci consente di approfondire un tema che l’autore ha solo accennato, cioè il modo in cui il mito, divenendo parte di un sentire comune, plasma anche la percezione che l’individuo ha di se stesso e ne costituisce una componente importante della personalità.
Contemporaneamente il mito può alimentare, come una profezia che si autoavvera, le cause che potrebbero determinare proprio gli eventi temuti.

Il mito (“Lo scontro di civiltà”, “Le radici cristiane, “Il regno del Bene contro quello del Male”, “I dieci segreti della Madonna di Medjugorje” ecc.) diventa una corazza protettivo nei confronti del Male del mondo ed un fattore discriminante per distinguere i propri amici ed alleati. Come affrontarlo almeno per diminuirne l’efficacia e creare qualche dubbio sulla sua consistenza.

Sappiamo che l’identità personale e di gruppo non appartiene solo al patrimonio genetico, ma è anche un dato culturale, che si costituisce sia quando l’individuo attinge da esperienze del passato, proprie ed altrui, sia quando elabora le proiezioni rispetto al proprio destino e a quello del mondo circostante (in altre parole, quale “domani” egli attende e desidera). Ecco, quindi, che uno dei compiti urgenti -da parte della politica e di ogni percorso educativo – dovrebbe essere quello di indicare che la costruzione di una identità non deve necessariamente recuperare tutto il passato – a ragion maggiore quando esso è fasullo, una favola costruita dall’ideologia – ma può e deve selezionarne le parti ancora feconde, quelle che consentono di procedere nella direzione che ognuno vede come migliore, per sé e per gli altri. Questo è il punto centrale: l’identità di gruppo e personale deve innanzitutto – prima che col passato – fare i conti con il futuro, nel momento in cui ci si interroga a quale mondo si vuole appartenere.
Bisogna rendere consapevoli le persone che ci deve essere coerenza tra il proprio richiamo del passato ed il proprio orizzonte futuro su cui ci si vuol dirigere.

Mentre le Destre politiche e religiose si appellano alle radici e al passato costruito sulla ideologia sarebbe invece necessario insistere sulle prospettive future che la nostra identità di europei deve possedere, verso quale società desideriamo procedere, con quale rapporto tra uomini e donne, tra le persone, con la natura, col lavoro.

Le “radici” allora vanno selezionate a partire dalla loro effettiva significanza, dal loro collegamento con questa “dimensione a venire”, rispetto a cui gli europei, presi anche singolarmente, intendono dirigersi: affioreranno i temi della pace, del benessere, della vita in armonia con sé stessi, con gli altri, con la natura.

Bene, su questi obiettivi così generali, che accomunano tutte o quasi tutte le persone, il progetto divisorio e fomentatore di contrapposizioni da parte delle Destre si allontana irrimediabilmente: questa contraddizione va allargata e resa manifesta, segnalando che il bisogno di sicurezza non è garantito quando si aumentano le tensioni sociali e le disuguaglianze eccessive, che mettono in giuoco proprio quelle mete a cui tanti aspirano.

Solidarietà/integrazione non è quindi un suggerimento valido soltanto per quei cristiani convinti del messaggio di amore universale che le encicliche di papa Francesco invitano a praticare. Infatti, le proposte apparentemente utopistiche, riguardanti l’accoglienza e l’integrazione dei migranti e il raggiungimento di equilibri più giusti nella ripartizione delle ricchezze a livello mondiale, rappresentano proprio quel percorso concreto da praticare per garantire l’uscita dalla paura e il raggiungimento progressivo di situazione di convivenza senza tensioni. “L’utopia della fratellanza cristiana” è un investimento proficuo per gli impauriti, i confusi ed anche per i non credenti e può diventare parte dell’identità dell’Occidente.

Immagine in evidenza: foto di Rod Long su Unsplash 

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