Cosa ci dicono le elezioni amministrative del 2023

 I risultati delle elezioni amministrative mostrano che vi è stata una bruciante sconfitta del centrosinistra, e in particolare del Pd e della sua neo segretaria Elly Schlein, che il giornale online Linkiesta riassume in questi termini:
il Partito democratico perde 6-1 i ballottaggi salvandosi solo a Vicenza dove il nuovo sindaco Giacomo Possamai – sembra una barzelletta ma non lo è – aveva chiesto a Elly Schlein di non farsi vedere, in compenso cede per la prima volta nella storia Ancona alla destra, ed è una sconfitta che brucia, inattesa, Elly Schlein c’era andata due volte, acclamata, per mettere la faccia su una vittoria [data per scontata – ndr] nel segno della sinistra-sinistra.” 

I giornali parlano anche di un “vento di destra” che non si arresta, e che non sta investendo solo il nostro Paese. E fanno riferimento a quanto è accaduto nelle recenti elezioni amministrative spagnole, dove il Partito Socialista di Pedro Sànchez è stato nettamente battuto dal Partito Popolare di Alberto Nunez Feijoo.

Non è una forzatura richiamare quanto è accaduto in Spagna, perché un filo che lega le due situazioni, in effetti, c’è. Intanto sul piano delle alleanze politiche(sbagliate): Sànchez ha scelto come principale alleato dei socialisti una formazione di estrema sinistra, Unidad Podemos, che negli ultimi anni era diventata il simbolo del progressismo: qualcosa di molto simile al M5s italiano. Una alleanza che a livello elettorale non ha pagato: Podemos, è praticamente scomparso (in  regioni chiave come Valencia e Madrid non è riuscito nemmeno a superare la soglia di sbarramento del 5%), mentre il possibile alleato dei popolari – l’estrema destra di Vox – ha aumentato i propri consensi raggiungendo in alcune regioni il 17%.
Né, sul piano elettorale, ha pagato la scelta di dare ampio spazio a politiche identitarie: agli elettori non sono piaciute le “leggi femministe” della titolare del Ministero dell’Uguaglianza Irene Montero (per i particolari questo link a corriere.it).

Anche in Italia non si può dire che il principale partito della sinistra abbia indovinato le alleanze, privilegiando il rapporto con un movimento massimalista come è quello guidato da Giuseppe Conte . E per quanto riguarda il programma politico del Pd, nessuno è in grado di dire con precisione quale esso sia. Ciò che sappiamo è che Elly Schlein, la nuova segretaria, nella “mozione”con la quale si è presentata ed ha vinto le primarie ha scritto a chiare lettere che intende fare del Pd un  “partito femminista”, secondo il modo in cui tale espressione è intesa dalla new left americana ovvero secondo la Teoria intersezionale. In breve, mettendo in primo piano le politiche identitarie.

Forse, da questa impostazione di fondo deriva l’attuale difficoltà per il Pd, come evidenziato da vari commentatori, di costruire una chiara proposta politica di opposizione all’attuale governo di centrodestra che possa incontrare il favore dell’elettorato.

Scrive, ad esempio, Francesco Verderami sul Corriere Della Sera del 29 Maggio :
Al momento Giorgia Meloni non ha rivali, perché i partiti di opposizione non vengono considerati dagli elettori come soggetti capaci di rappresentare una proposta politica alternativa, ma solo come elementi di protesta a cui manca peraltro un comune denominatore, che possa fare da collante per la nascita di una coalizione. Il Movimento cinque stelle sembra aver perso la sua spinta propulsiva, e si capisce che la nuova postura pacifista non basta oggi a frenare il declino. Nel Pd non c’è traccia in questa fase iniziale dell’effetto Schlein, la cui linea è ondivaga e fatica a dispiegarsi sui temi che più fanno presa sulla pubblica opinione: quelli legati all’economia e al lavoro”. 

Comunque, la secca sconfitta alle amministrative di Maggio (per carità, elezioni d secondaria importanza) porta a riflettere sul fatto che la massa degli elettori è mossa da finalità pratiche più che ideologiche. Ed ha ragione Mario Lavia (su Linkiesta) quando dice che per il momento “è la destra che appare meglio in grado di offrire quella protezione sociale che le opinioni pubbliche chiedono ai governanti, sia a livello di governo centrale che di amministrazioni locali. Merito della destra, colpa della sinistra, le due cose vanno insieme”. 

E allora, da dove si riparte?

La domanda è stata posta da La Stampa (31 Maggio) a Romano Prodi. L’ex premier ha dato questa risposta di buon senso:
“Verona e Vicenza ce lo insegnano: ci deve essere un rinnovamento nella cultura di governo che vale a livello locale come a livello nazionale. Un’idea di comunità, di attenzione ai quartieri, alle aggregazioni. Un riformismo che non si limiti a presentare dei Ddl in Parlamento, ma che mobiliti il Paese su cose concrete: salario minimo, disparità, casa, salute, scuola, pannelli fotovoltaici sui tetti e non sui campi, nuova attenzione al territorio. Un nuovo riformismo dovrebbe essere persino facile quando un primo ministro arriva a dire che pagare le tasse è come pagare il pizzo. Quando ho sentito questa frase ho capito che è un programma facilmente contrastabile con una minima intelligenza politica”.

L’immagine in evidenza è tratta da google.it

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.