Aiuto vero: ma quale?

La giornalista Natalia Aspesi, su La Repubblica del 6 Marzo, conclude il suo articolo dal titolo “E noi impotenti cosa possiamo fare per l’Ucraina?” con queste parole:
Basterà esporre la bandiera ucraina, raccogliere denaro, cacciare gli artisti russi che non si schierano contro l’invasione, suonare le campane e spegnere le luci tutti insieme, tingersi la faccia di giallo e azzurro, perché a Kiev si sentano protetti? Un po’ di imbarazzo, persino commozione, lo proviamo in tanti a vedere la faccia stanca di quel giovane presidente in maglietta militare che ci inchioda, uno per uno, chiedendoci aiuto, uno per uno, aiuto vero: ma quale?”

Per dare delle risposte adeguate (o almeno provare a farlo) bisogna almeno porsi delle domande adeguate. E quali sono le domande adeguate, oggi, relative alla specifica situazione rispetto alla quale ci inchioda, uno per uno, la faccia stanca del giovane presidente Zelensky in maglietta militare?
Non bisogna fare molti sforzi di fantasia e di ingegno. Bisogna innanzitutto ascoltare per davvero quello che il giovane presidente dice su cosa stanno vivendo il suo Paese e la sua gente.

Zelensky dice che il suo Paese, libero e democratico, ha subito una aggressione immotivata. Putin non ha giustificazioni per agire come ha agito. La storia registrerà che è un criminale di guerra che ha ucciso migliaia di persone in Ucraina in un attacco non provocato.

Zelensky dice che la capacità e l’eroismo mostrato dai soldati ucraini ha finora fatto desistere i russi dal’entrare in Kiev. Una interminabile colonna corazzata di veicoli russi è bloccata a nord di Kiev. Ma per fermarli definitivamente il coraggio e la volontà non bastano. Con la protezione dell’aviazione militare presto i carri armati invaderanno la città e la raderanno al suolo. Senza la disponibilità di aerei sarà impossibile fermare il massacro a Kiev, come a Odessa, come a  Leopoli.

Zelensky dice che gli occupanti hanno “un senso di impunità tale da far loro annunciare le loro atrocità con un preavviso. Tutto questo perché non c’è reazione. Non una parola. L’audacia dell’aggressore è un chiaro segnale per l’Occidente del fatto che le sanzioni imposte non sono sufficienti”.

Zelensky dice che i corridoi umanitari si sono trasformati  in una trappola: i soldati russi sparano sui cittadini in fuga e li uccidono. A loro interessa solo creare panico nella popolazione. Fiaccarne la resistenza.

Quindi le domande adeguate sono:

Quali ragioni, per noi accettabili, ha il presidente russo Putin per invadere e sottomettere l’Ucraina?

Di quali mezzi deve poter disporre Zelensky per fermare il bagno di sangue che incombe sulla popolazione ucraina?

Quanto sono realmente utili i finti colloqui di pace come quelli che si sono svolti finora?

E poi bisogna ascoltarlo per davvero, il presidente Zelenskyy,  quando conclude i suoi brevi appelli facendo delle richieste di aiuto ben precise. La principale richiesta di aiuto che Zelensky va ripetendo ormai da più di dieci giorni è chiara e semplice: mandateci  armi per difenderci, anche aerei militari, aiutatemi a difendere il mio popolo dagli aggressori.

Di fronte a queste precise richieste non dovrebbe esserci angoscioso sgomento  (“aiuto vero: ma quale?”). Soprattutto non dovrebbe esserci la manifestazione di una generica opposizione alla guerra, come quella fatta dai pacifisti nostrani che condannano l’azione di Putin e contemporaneamente esprimono equidistanza e neutralità. Già, neutralità: una bella parola, quando è difficile scegliere da che parte stare. Ma quando, come in questo caso, difficile non lo è per nulla, è una parola sbagliata. E infatti il presidente ucraino lo dice, come fa sempre, in modo semplice e chiaro: “se esitate a mandarci delle armi vuol dire che anche voi date una mano ai massacratori del popolo ucraino”.

Qual è il dubbio? Perché i pacifisti italiani non scendono in piazza per premere sul governo affinché faccia  più in fretta possibile per mandare aiuti anche militari agli ucraini?
E invece fanno la cosa opposta, riempiono le piazze per dire che tutte le guerre sono sbagliate. Offendendo la memoria e il sacrificio di quei partigiani che hanno dato una mano, armi in pugno, per liberare l’Italia dal fascismo.

Per fortuna il nostro presidente del Consiglio  non ha aspettato di conoscere il parere della piazza per decidere che il nostro Paese si impegna a mandare aiuti sia umanitari sia militari. Ma non ha certo ricevuto grande sostegno ed incoraggiamento dalla piazza “pacifista”di domenica scorsa. E così assistiamo a un indebito controcanto del ministro Di Maio che, ospite della trasmissione “che tempo che fa”, dice che dobbiamo limitarci a “sostenere gli ucraini con aiuti umanitari e creare corridoi”. E ciò è sufficiente per “consentire loro il diritto alla difesa”(! ). Di Maio sa che “Il presidente ucraino Zelensky sta chiedendo caccia” ma, dice: “quello significa entrare in guerra e noi non lo vogliamo”. Non esclude che “nei prossimi giorni l’Ue possa valutare un terzo pacchetto di sanzioni. Ma – conclude – in questo momento abbiamo già strumenti da applicare”.

E tutto questo mentre gli Stati Uniti – come informa il Corriere Della Sera di domenica 7 marzo – “stanno preparando il cambio di passo sulla guerra in Ucraina”. Cambio che prevede – secondo il Segretario di Stato Antony Blinken – la possibilità di fornire Jet alla resistenza ucraina per “rafforzare in modo efficace la sua capacità di difesa”.

Quelle di Di Maio potrebbero anche sembrare parole di buon senso, se riferite alla situazione che si poteva percepire una diecina di giorni fa. Ma sono appunto passati dieci giorni, durante i quali Putin ha mostrato le sue vere intenzioni. Altro che “operazione militare speciale”. Siamo in una situazione così riassunta da Blinken: Putin non si ferma, Putin è un criminale di guerra; gli Stati Uniti devono agire di conseguenza.
E poi, ci chiediamo: in quale manuale di diritto internazionale c’è scritto che mandare armi ad un paese aggredito significa automaticamente entrare in guerra?

Intanto il tempo passa e la possibilità di fermare la distruzione di tutte le città ucraine diminuisce mentre aumenta vertiginosamente il numero dei morti: uomini, donne, anziani, bambini.

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