Aiuto vero: ma quale? /2

Riassunto della puntata precedente: l’Ucraina va aiutata nella sua disperata resistenza all’invasione russa. Quindi bisogna mettere in atto tutto ciò che può essere utile per aiutare gli ucraini nel condurre la loro guerra di difesa. Gli aiuti, come prevede la carta delle Nazioni Unite, possono essere sia aiuti umanitari, sia aiuti militari, sia sanzioni agli invasori.

Molti tra coloro che hanno un punto di vista diverso da quello che abbiamo qui espresso, a corto di buone argomentazioni logiche hanno cercato di creare confusione in tema di aiuti militari.

La considerazione che la richiesta più volte ripetuta dal presidente ucraino Zelensky di creare una No Fly Zone comporta il rischio di un allargamento del conflitto e di  innescare una spirale non facilmente controllabile è giusta.
Ma molti pacifisti (e molti partigiani, spesso non dichiarati, di Putin) cercano di far intendere che i rischi oggettivi che la dichiarazione di una No Fly Zone comporta siano impliciti in qualsiasi tipo di aiuto militare. Non è così. Il rischio di un allargamento del conflitto diventa elevato quando chi presta aiuto entra direttamente nel conflitto.

Quindi niente aerei che partono da basi Nato nei cieli dell’Ucraina. Scartata anche l’ipotesi avanzata dalla Polonia di fornire aerei caccia agli ucraini (tra l’altro si sarebbe trattato di vecchi  Mig di fabbricazione sovietica che non sarebbero serviti a molto).

Quindi la cosa urgente da fare è valutare quali sono gli aiuti militari che più rispondono al criterio di non favorire un allargamento del conflitto e, allo stesso tempo, al criterio della massima efficacia.

Indicazioni interessanti sulla tipologia di aiuti militari che rispondono ai due criteri appena richiamati vengono fornite in un articolo di Andrea  Nicastro, inviato di guerra del Corriere Della Sera, pubblicato il 09 03 2022.
Nicastro ricava le sue indicazioni dall’osservazione diretta di quanto è successo finora nel conflitto russo-ucraino:

Se sono vere anche solo la metà delle perdite che Kiev dice di aver inflitto ai russi (12mila soldati uccisi), l’arma decisiva è stata spesso il drone Bayraktar BT2, capace di scavalcare le linee e colpire le parti meno protette del fronte nemico: i camion della logistica, i trasporta truppe, le cisterne di carburante, le comunicazioni. Il drone turco brilla nelle guerre a basso contenuto tecnologico.

Qualche analista sostiene che le continue violazioni dei cessate-il-fuoco da parte dei reparti russi durante i corridoi umanitari dipenda dal fatto che i soldati sul terreno non hanno fatto a tempo a ricevere le indicazioni del comando che ha concordato la tregua. Perché? I Bayraktar distruggono i centri di comunicazione.

Il BT2 è un drone bombardiere. Il suo ‘operatore’ è al riparo, distante abbastanza dal fronte, ma comunque sempre lì, nel fango della guerra. È agile, economico e comunque sempre letale”.

Secondo alcune fonti, l’esercito ucraino ne aveva in dotazione appena 20 (ma non si sa quanti ne siano rimasti operativi). E sono comunque stati utili per frenare l’avanzata russa in Ucraina.

Sono armi di fabbricazione turca,  lunghi 6 metri e mezzo e con un’apertura alare del doppio. Un BT2, “rispetto ai concorrenti statunitensi, israeliani e cinesi pesa molto meno (600 chili, armamento escluso) e soprattutto costa meno della metà: 10 milioni di dollari. Il Bayraktar fa, in piccolo, il lavoro che farebbe un cacciabombardiere da 200 milioni, solo che si nasconde in cantina in caso di bombardamento, si trasporta con un camioncino e non ha bisogno di aeroporti”. Molto meglio dei vecchi Mig sovietici.
il Bayraktar – dice ancora Nicastro – è  probabilmente il drone più venduto al mondo. Il tipo di arma che Zelensky  vorrebbe che qualcuno gli regalasse per continuare a difendersi.

L’immagine in evidenza è tratta da: rainews.it
Le immagini nel testo sono tratte, nell’ordine, da: rainews.it; fanpage.it; dday.it

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