Cosa ci dicono i risultati delle elezioni in Umbria

I risultati delle elezioni umbre non mostrano inattese novità, piuttosto forniscono molte conferme. Vediamone alcune.

Innanzitutto conferma di un trend positivo di crescita per la Lega, che ha portato questo partito ad essere di gran lunga il primo partito del Paese e conferma di un trend negativo di netto declino per il M5s, iniziato subito dopo il trionfo alle politiche del marzo 2018, che nel giro di un anno e mezzo ha portato questo movimento dal  primo posto assoluto con il 27,5% al quarto posto con appena il 7,5%.

Nel M5s c’era fiducia nella possibilità che queste elezioni segnassero una battuta di arresto del trend negativo o addirittura un inizio di inversione di tendenza. Ma ciò non si è verificato e i voti ora ottenuti  rendono ancor più evidente quanto appariva già chiaro dai risultati delle elezioni di nove mesi fa in Sardegna, ovvero che il M5s è un partito in via di estinzione. E non è dovuto, come qualche commentatore ha detto per pura benevolenza nei loro confronti, al fatto che i grillini siano portatori di istanze che hanno molta rilevanza sul piano nazionale ma poca sul piano locale. Dopo le politiche del 2018 ci sono state le europee del 2019 e anche quelle, per il M5s, si sono rivelate un disastro (ha perso già in quella occasione la metà del proprio elettorato).
Oggi, di fronte al risultato delle elezioni umbre, gli esponenti del M5s danno questa spiegazione: la coalizione Pd-M5s era un “esperimento, si vede che questo esperimento agli umbri non è piaciuto e noi dobbiamo prenderne atto e cambiare. Ma è una spiegazione di comodo; alle elezioni sarde, a tante altre elezioni locali ed alle elezioni europee non c’è stato l’esperimento della coalizione col Pd ma i risultati sono stati comunque pessimi .
Le ragioni del rapido e inarrestabile declino del M5s sono tante, ma possono essere tutte ricondotte, a nostro avviso, al fatto che questo movimento, dopo aver intercettato ed essersi fatto portavoce di insoddisfazioni e ansie diffuse in ampi strati della popolazione, non ha saputo elaborare una proposta politica credibile.

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L’idea di costituire una alleanza di governo tra Pd e M5s,  lanciata intorno alla metà di agosto da Matteo Renzi , prevedeva che tra le due formazioni politiche si costituisse una alleanza in via d’eccezione, circoscritta ad alcuni punti e limitata nel tempo. Come tutti sanno era finalizzata a bloccare l’ascesa del leader della Lega al governo del paese dopo aver esortato il popolo a dargli i pieni poteri .
L’idea originaria conteneva la convinzione, che quella coalizione non fosse nell’ordine naturale delle cose ma dettata solo da uno stato di necessità (o ritenuto tale) e dovesse essere vista come qualcosa  appunto di eccezionale
Del resto, come è possibile fare tutt’uno con chi è portatore di una visione ideologica opposta alla propria? In questo caso, ad esempio, come è possibile che un partito che propugna gli ideali della democrazia rappresentativa faccia una alleanza strategica con chi propugna l’idea che la democrazia rappresentativa va superata e presto il parlamento dovrà perdere le sue funzioni?

I risultati della consultazione elettorale umbra, dove la coalizione Pd-M5s è stata presentata come una prima tappa verso una alleanza organica , confermano che l’impostazione originale era corretta, mentre l’impostazione data dai leader del Pd e del M5s era perlomeno azzardata, poco credibile (e non a caso è stata punita dagli elettori).

Una coalizione tra opposti, contiene in sé l’idea che possa sfaldarsi in qualsiasi momento. Porta con sé un elemento di incertezza. Questo azzardo, ideato con molto pressapochismo come una possibile strategia per rifondare il futuro della sinistra italiana, trasferito come “esperimento” a livello locale ha messo il candidato Vincenzo Bianconi in una condizione di partenza svantaggiata nei confronti della candidata della destra Donatella Tesei, sostenuta da una coalizione, almeno in apparenza, meno complicata, meno contraddittoria, meno incerta, più sicura e anche per questo più credibile.
Anche in questo caso, quindi, nessuna sorpresa dalle elezioni umbre. Era tutto molto prevedibile.

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Un ‘altra conferma che ci viene data dai risultati delle elezioni in Umbria riguarda  un principio, quasi un luogo comune, del fare politica: anche se non sempre è sufficiente, per vincere è comunque necessario avere un leader.

L’andamento delle elezioni umbre ha contribuito a ridimensionare un mito molto diffuso nella vecchia sinistra, quello del “ritorno nei territori” come panacea di tutte le insufficienze, sia di tipo organizzativo che di tipo strategico.  Ma per vincere, come acutamente sottolinea Flavia Perina su Linkiesta del 28 Ottobre “non basta fare conto sulla rete di interessi e relazioni intessuta in mezzo secolo di governo del territorio, compresi i vertici ecclesiastici che si sono spesi per Vincenzo Bianconi … Non basta il sostegno della Confqualsiasicosa, delle vecchie leve della militarizzazione del consenso, sindacati e bocciofile, associazioni dopolavoristiche e scout”.  Innanzitutto ci vuole, a nostro parere, una idea di paese e poi, un leader in grado di trasmetterla affinché incontri il sentire comune.

La coalizione di destra ha individuato nella senatrice leghista Donatella Tesei, ex sindaco di un paese della provincia di Perugia, una leader locale facilmente collegabile al leader nazionale Matteo Salvini (e Salvini si è speso molto affinché quel collegamente risultasse molto forte ed evidente ). La coalizione Pd-M5s le ha contrapposto l’imprenditore Vincenzo Bianconi, scelto tra tanti altri esponenti della società civile, nuovi alla politica, attraverso la piattaforma Rousseau e poi lasciato solo a gestire l’azzardato esperimento di una coalizione piuttosto improbabile.

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Un altro trend negativo che viene confermato da queste elezioni è quello di Forza Italia. Già alle elezioni europee di Maggio il suo peso elettorale era sceso sotto le due cifre (8,8%). Ora la creatura di Berlusconi si è fermata al 5,5%. Ormai ha le dimensioni di un piccolo partitino.
Silvio Berlusconi si ostina a dire che il Centrodestra ha trionfato. Nella realtà il Centrodestra non esiste più. Se si andasse oggi alle elezioni politiche, dicono i sondaggi (e le elezioni Umbre lo confermano) i due partiti sovranisti di destra, Lega e FdI, potrebbero aspirare a governare da soli. La coalizione che porta ancora il nome di Centrodestra  raggiunge il 57,55%. Se la matematica non è una opinione, l’apporto di FI risulta irrilevante per garantire alla coalizione di governare.
Del resto è noto che molti degli aderenti a FI aspettavano l’esito di queste elezioni per decidere a quale altra formazione politica aderire.

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Segnaliamo infine la conferma di un dato di fatto a tutti noto, ovvero che nel nostro paese tutte le elezioni sono elezioni politiche.
Certo, a sentire in questi giorni i leader che erano presenti nella famosa foto di Narni, dall’esito delle elezioni regionali Umbre non si possono trarre conseguenze per quanto riguarda il governo nazionale.
Ma allora come mai Di Maio evoca la necessità di un cambio di strategia per il governo del paese e dice “mai più col Pd”? Come mai lo stesso Di Maio è nel mirino della maggioranza dei deputati e senatori del suo partito, che vorrebbero il ritorno di Di Battista? Come mai Zingaretti dice che piuttosto che governare da avversari meglio andare al voto? E si potrebbe continuare a lungo con i punti interrogativi che manifestano invece quanto le elezioni per il governo di una delle più piccole regioni italiane abbia avuto eccome riflessi sul piano nazionale.

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