VERSO UNA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA
Tre imposture

La lettera di Luigi Di Maio, pubblicata su Il Foglio del 28 Maggio scorso, con la quale il ministro degli esteri si è scusato con l’ex sindaco di Lodi Simone Uggetti per aver utilizzato contro di lui la gogna come strumento di lotta politica, ha ricevuto molti commenti, sia positivi (gesto coraggioso, un bel segnale di svolta) sia negativi (gesto tardivo, dettato da opportunismo) ed ha riportato in primo piano la diatriba tra garantismo e giustizialismo.

Una breve rassegna sulle reazioni politiche alla lettera di scuse del ministro Di Maio la si può leggere su Il Foglio del 28 Maggio.

Riflettendo su tutta la vicenda (lettera di scuse e reazioni politiche ad essa seguite) il direttore del quotidiano online Linkiesta, Christian Rocca, nel suo editoriale del 31 Maggio parla di “tre imposture”.
Quello di Rocca è un intervento particolarmente interessante perché porta a riflettere su questioni di grande rilevanza nella attuale situazione politica e di governo del nostro Paese.
Ma andiamo con ordine.

La prima impostura è proprio quella di Di Maio:
“Meglio Di Maio che si scusa rispetto a Marco Travaglio, Gad Lerner e Danilo Toninelli” che si ostinano a non farlo. “Ma non esageriamo con gli applausi perché si tratta comunque di una mossa da sciantosa, di un colpo d’anca alla Ninì Tirabusciò più che una Bad Godesberg”.
La Bad Godesberg di Di Maio (abbiamo letto anche questo stravagante paragone in questi giorni) è solo una furbata da quattro soldi e fuori tempo massimo nei confronti di un povero cristiano, Simone Uggetti, travolto da innocente dalla gogna politica e giudiziaria scatenata dai Di Maio e dai suoi volenterosi complici politici, giudiziari e giornalistici, alcuni dei quali continuano a lapidarlo sui media anche adesso che è stato scagionato”.
Sono rare le voci di chi fa notare che se Di Maio si fosse davvero pentito di ciò di cui è responsabile assieme a Beppe Grillo avrebbe dovuto chiedere scusa per un caso di gogna politica, giudiziaria e mediatica nei confronti di un colpevole, di un Caino, non di un Abele come Uggetti. Ma naturalmente non succederà mai perché Di Maio non è né un giustizialista né un pentito: Di Maio è niente, è solo un furbacchione di strada che cerca il modo più semplice per gabbare il Pd e non perdere il potere che si è guadagnato”. 
“Per essere credibile, il pentimento di Di Maio avrebbe dovuto comportare la rinuncia alle leggi, ai principi, ai testi sacri e ai protagonisti mozzorecchi del suo movimento, a cominciare dalla spazzacorrotti, dalle gabbie per i corrotti in tangenziale di Casaleggio senior e da Fofò dj. 
Per essere credibile, la svolta di Di Maio avrebbe dovuto indicare lo scioglimento del partito grillino, ma in realtà le scuse sono state dettate dal percorso inverso: sono stati lo svelamento della truffa grillina e l’implosione del progetto di Casaleggio a spingere Di Maio alla messinscena della letterina”.

Se (come pure noi crediamo) ha ragione Rocca (ovvero Di Maio non nutre alcuna seria intenzione di rivedere le sue posizioni) e la lettera di Di Maio non è un bel segnale di svolta, resta il fatto che quella lettera c’è stata, essa è comunque un segnale di presa di distanza dalle posizioni di Giuseppe Conte (l’ex premier ora impegnato a ricostituire il semidisciolto M5s). Non è un caso che all’indomani della pubblicazione di quella lettera Conte si è affrettato a dichiarare che
“il dibattito scatenato dal mea culpa del ministro degli Esteri sta scivolando verso un grosso fraintendimento. Perché un conto è prendere le distanze dalla gogna mediatica verso indagati, imputati, condannati, un altro pensare che il M5S possa abbandonare principi e battaglie sulla giustizia che lo caratterizzano da sempre”.
“Basta giustizialismo mediatico, certo, ma questo non significa che il M5S cederà sulla prescrizione”.
“Rimarrà deluso chi pensa che il nuovo Movimento possa venire meno a queste convinzioni o pensa di strumentalizzare questo percorso”.

Per farla breve:
alla guerra intestina che sta dilaniando il M5s possiamo non appassionarci più di tanto, ma queste dichiarazioni gettano un’ombra sulla possibilità/necessità che la riforma cui sta lavorando la ministra Cartabia vada avanti speditamente e con l’obiettivo di superare l’impronta giustizialista che aveva caratterizzato la precedente mini riforma del ministro grillino Bonafede. Non è un buon segnale per il nostro Paese, considerando che la riforma della giustizia è uno dei vincoli che ha posto l’Europa per la piena attuazione del PNRR (i 220 miliardi per la ripresa).

La seconda impostura è quella di Matteo Salvini:
Dice Christian Rocca:” il giustizialista di destra che il giorno successivo la lettera di Di Maio ha fatto sul Foglio un suo intervento ipocritamente garantista che non si è filato nessuno perché c’è un limite al numero di mistificazioni che ci possiamo permettere alla settimana”.
Nel suo intervento Salvini scrive:
Ho letto con grande attenzione il contributo del ministro Luigi Di Maio che ieri si è pubblicamente scusato con l’allora sindaco di Lodi Simone Uggetti, uscito pulito dopo anni di indagini e processi finiti nel nulla. Di Maio si è rammaricato perché il Movimento 5 stelle aveva usato toni durissimi contro il primo cittadino. Io stesso, pochi giorni fa, avevo espresso solidarietà a Uggetti che anche la Lega aveva criticato aspramente. Sono però convinto che, oltre alle scuse, servano azioni concrete”.

In realtà la Lega non si era limitata a ‘criticare aspramente’ il sindaco di Lodi ma aveva attivamente partecipato alla campagna di denigrazione che aveva preso il via con comizi e sit in (col rito giustizialista della agitazione delle manette) organizzati sia dal M5s che dalla Lega. Entrambi questi partiti sono cresciuti nei consensi, dal 2015 in poi, criminalizzando gli avversari. La Lega però aveva incominciato a farlo molto prima (tutti ricorderanno quando i leghisti –nel ’93- si presentarono in parlamento sventolando il cappio). E ora, a differenza di Di Maio, Salvini non ha pronunciato delle scuse ma si è solo limitato ad esprimere “solidarietà” all’ex sindaco.

Oggi Salvini propone a Di Maio un impegno per sostenere i referendum che la Lega e il Partito radicale stanno preparando (tra i principali temi: la responsabilità civile dei magistrati, la separazione delle carriere tra magistratura requirente e giudicante e la limitazione alla custodia cautelare).

Salvini ripete ad ogni piè sospinto che “l’obiettivo non è indebolire il governo ma rafforzarlo”.

Ciò che preoccupa è che anche l’iniziativa di Salvini possa in realtà rivelarsi (o è stata concepita a tal fine?) un ostacolo sulla strada intrapresa da Draghi, che per altro ha nella riforma della giustizia uno dei suoi punti cardini e la ministra Cartabia è già alacremente al lavoro.
Perché condizionare l’azione del governo Draghi (che ha in agenda un ampio programma di riforma della giustizia, di stampo decisamente garantista) avviando l’iniziativa di raccogliere le firme per un referendum che si propone di realizzare degli obiettivi (certamente importanti) ponendoli fuori dal contesto di una più generale riforma, alla quale per altro tutti i gruppi parlamentari (compreso quello della Lega) stanno già lavorando?

Salvini, da buon populista, risponde che “il parlamento non è in grado di fare una tale riforma”. Ma è una risposta che fa crescere le preoccupazioni: accampare insufficienze operative del parlamento è spesso stata una scusa per tentare di indebolire il sistema della democrazia rappresentativa.
Insomma, non vi è qualcosa di strano in questa iniziativa di Salvini? Considerando anche il fatto che lui è stato un autorevole esponente del governo che ha approvato alcune delle norme che ora chiede di abrogare.

Infine, dice Rocca, anche quella di Enrico Letta è una impostura (ed è la terza):
Il segretario del Pd “sostiene con merito la riforma Cartabia della giustizia che, se mai ci sarà, nasce proprio dal defenestramento di Giuseppe Conte, dal licenziamento di un Guardasigilli manettaro e dal ridimensionamento dei Cinquestelle che il Partito democratico ha subìto come un’onta e un’umiliazione, arrivando pure a ipotizzare un complotto internazionale ordito per far fuori il leader ‘fortissimo di tutti i progressisti’ per installare a Palazzo Chigi Mario Draghi”.

Rocca fa notare che Letta è “leader di un partito che affonda le radici nella stagione giustizialista del 1993, e ancora prima in quella della primavera palermitana che mise alla gogna perfino Giovanni Falcone. 
Gli eredi del Pci, Pds e Ds non hanno mai mandato lettere di scuse per il regime di terrore giudiziario instaurato quasi trent’anni fa, per la scelta di seguire la via giustizialista al potere e per le campagne di character assassination che sono seguite fino a nostri giorni, comprese quelle contro Silvio Berlusconi detto Caino. 
E, come Di Maio, anche Letta non prende in considerazione l’ipotesi di espiare le colpe della spazzacorrotti mai abolita nell’anno di governo con Conte, della riforma della prescrizione, della mutilazione antipolitica del Parlamento e dell’alleanza strategica con i giustizialisti, analfabeti democratici ed eversori costituzionali che si ostinano a carezzare”. 

E soprattutto, fa notare il direttore di Linkiesta, “Letta ha detto al Foglio che bisogna finalmente superare la contrapposizione ‘tra giustizialisti e impunitisti (coloro che elevano impunità a bandiera e la confondono col garantismo)’, come se fosse davvero questo il punto, come se la questione fosse sul serio tra una curva sud con il sangue agli occhi e una curva nord impegnata a farla franca”. 
Secondo Rocca, quella sintetizzata da Letta è una “falsa contrapposizione”. Ed ha ragione, è una contrapposizione fittizia, creata dal segretario del Pd per svicolare, per non impegnarsi in una chiara e netta condanna del giustizialismo (la visione da sempre cara agli alleati strategici del Pd e che ancora oggi, come avverte Conte, il rinascente Movimento non intende abbandonare).
Al giustizialismo, nella realtà politica italiana, non si contrappone quello che Letta chiama ‘impunitismo’ ma il garantismo, ovvero, molto semplicemente il dettato della nostra Costituzione in materia di giustizia.

La foto in evidenza è tratta da: dagospia.com
Le altre foto sono tratte, nell’ordine, da: open.online; repubblica.it; qds.it; notizie.yahoo.it

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