La negazione dell’evidenza

Nulla è dato per certo se non ciò che appare tale con i segni dell’evidenza (Cartesio).

Nel conflitto russo-ucraino, iniziato il giorno 24 febbraio 2022, ciò che è evidente è che un Paese, la Federazione Russa, ha invaso militarmente un altro Paese, l’Ucraina, e sta conducendo una guerra di conquista con un grande dispiegamento di uomini e mezzi contro un Paese dal quale non ha ricevuto alcun attentato alla propria sovranità e integrità territoriale.

Appare anche evidente che il Paese invaso non intende cedere la propria sovranità e integrità territoriale alla volontà di dominio dell’aggressore, anzi difende la propria sovranità e integrità territoriale con determinazione e coraggio e chiede e in parte ottiene (ma solo in parte) aiuti per poter esercitare al meglio il diritto di farlo.

Ci sono ancora due fatti incontrovertibili, ovvero che appaiono tali con i segni della evidenza.

Il primo è che la guerra di conquista in atto sta procedendo attraverso una distruzione spropositata e inusuale di beni materiali (vengono sistematicamente distrutte fabbriche, case, auto private, ospedali, scuole, teatri, musei, università, opere d’arte, rifugi, supermercati, depositi di derrate alimentari, centri di smistamento degli aiuti umanitari ed ogni altro tipo di obiettivo pur non rientrando nella fattispecie di obiettivo militare) e l’uccisione di un numero altrettanto spropositato di persone civili, uomini donne e bambini, spesso impedendo o rendendo difficile la realizzazione di cordoni umanitari per l’evacuazione delle città assediate. Compiendo atti che, come è stato detto anche in questo blog, si configurano come veri e propri crimini di guerra (si tratta di episodi documentati da molti testimoni oculari, da immagini satellitari e da centinaia di inviati di guerra indipendenti provenienti da diversi Paesi del mondo).

Il secondo fatto incontrovertibile è che la Russia nega tutto ciò, ovvero nega di aver invaso l’Ucraina, nega di aver incontrato una resistenza coraggiosa e di popolo (anzi afferma che le sue truppe vengono accolte come esercito di liberazione) nega di aver ostacolato la realizzazione di cordoni umanitari, nega le distruzioni indiscriminate, le fosse comuni, gli stupri, le deportazioni e tutto ciò che appare evidente alle migliaia di cronisti e inviati di guerra che sono giunti in Ucraina ed hanno filmato e registrato tutto ciò che era possibile filmare e registrare, offrendo così prove incontrovertibili al mondo nonché alle corti di giustizia internazionali (che certamente entreranno in azione quando il conflitto sarà terminato).

Tutte le evidenze sopra richiamate portano ad un solo corollario possibile: la condanna senza se e senza ma dell’aggressione russa al popolo ucraino e l’equiparazione di tutto ciò che ha fatto e sta facendo la Russia di Putin agli orrori che in Europa sono stati commessi poco più di settanta anni fa dal fascismo e dal nazismo e l’equiparazione di tutto ciò che ha fatto e sta facendo il popolo ucraino alla Resistenza condotta a quell’epoca dai vari popoli europei contro i regimi fascisti e nazisti (e non va dimenticato che i popoli europei che si sono opposti al fascismo e al nazismo hanno potuto farlo in quanto hanno ricevuto enormi aiuti militari e umanitari da parte del mondo libero).

Eppure questa condanna e questa equiparazione una parte degli italiani non l’ha espressa in modo pieno e inequivocabile.
A noi qui non interessa analizzare i motivi. Ci preme piuttosto sottolineare che coloro che esitano a scegliere da che parte stare convergono con il dittatore russo su un punto preciso: la negazione dell’evidenza.

Succede spesso che quando non si dispone di buone argomentazioni razionali per sostenere le proprie tesi si ricorre al meccanismo della negazione dell’evidenza. Senza fare ricorso a questo meccanismo Putin non saprebbe come rappresentare agli occhi del mondo la sua invasione dell’Ucraina. E senza fare ricorso a questo meccanismo come potrebbe, ad esempio, l’Anpi sostenere la sua posizione di equidistanza tra Putin e Zelensky, tra aggressori ed aggrediti?

Naturalmente, ciò che soprattutto conta, in questa logica, è il modo col quale si fa ricorso al meccanismo della negazione dell’evidenza, la strategia che viene adottata per tentare di acquisire comunque del consenso (almeno presso un numero discretamente ampio di soggetti).
Ecco perché, fin dalle prime fasi del conflitto, una delle strategie più usate da parte dei filo russi è stata quella di non dichiarare apertamente le proprie simpatie politiche. Consapevoli del fatto che l’invasione di un Paese libero nel cuore dell’Europa (in pieno ventunesimo secolo) e le atrocità commesse dagli invasori lasciavano molti sbigottiti, hanno cominciato a seminare dubbi sulle eventuali responsabilità degli ucraini. Su ciò che lascia sbigottiti bisogna saperne di più. Forse l’aggressore non è solo colpevole e forse l’aggredito non è solo vittima.

Insomma, non ci sarebbero elementi sufficienti per emettere un netto giudizio di condanna, per cui, prima di emetterlo è necessaria, hanno detto, “un’analisi profonda su quello che sta succedendo e, soprattutto, sul perché è successo. Solo capendo e analizzando in profondità questa terribile guerra si può evitare che un conflitto di questo genere accada ancora in futuro”.

In questo modo di ragionare c’è già il capovolgimento di ogni logica razionale: non prendiamo per vero ciò che si mostra tale con i segni dell’evidenza e rimandiamo ogni giudizio ai risultati di una ipotetica e non meglio precisata “analisi profonda”.
Ma l’evidenza, per logica, è il punto di partenza, sulla cui base esprimere giudizi ed eventualmente rivedere i giudizi precedentemente formulati.

In realtà, dopo aver assistito (attraverso numerose documentazioni, testimonianze ecc.) ai fatti di Bucha si può certamente concludere che chi ne è stato l’ideatore e l’esecutore è dalla pare del torto. Se quei fatti ci lasciano sbigottiti è perché sono entrati in conflitto con i nostri precedenti giudizi sulla Russia e su Putin, che pertanto sono da rivedere. Ma se esprimiamo dubbi sull’evidenza o addirittura la neghiamo non avremo gli strumenti per compiere alcuna “analisi profonda”. E invocarne la necessità si rivela pertanto un puro artificio retorico.

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