DIECI ANNI DI PONTIFICATO DI PAPA FRANCESCO
Fratellanza  e sviluppo della democrazia

Continuiamo,  attraverso la lettura del libro di padre Spadaro “L’Atlante di Francesco”, la ricostruzione di alcuni temi che hanno caratterizzato il suo episcopato.


Il «cammino di fratellanza» è stato annunciato nel pontificato di Francesco fin dal suo inizio con “Preghiamo per tutto il mondo, perché ci sia una grande fratellanza“.

Il concetto si estende non solo agli esseri umani, ma anche al pianeta Terra in sintonia con un’altra Enciclica, la “Laudato si’”.
Chiarisce padre Spadaro che la “fratellanza” non è solamente un’emozione, un sentimento o un’idea, ma è un dato di fatto oggettivo. La “fratellanza” esiste indipendentemente dalla nostra cultura (che beninteso può negarla), è cioè un dato di fatto, potremmo dire “scientifico”, da riconoscere e non un’idea astratta da applicare alla realtà.

Per padre Spadaro questo concetto resta un messaggio dal forte valore politico purché si sappia che la fratellanza non rimuove il tempo. Essa invece occupa tempo, richiede tempo, quello del confronto, della rielaborazione, dell’aggiustamento e infine dell’accettazione reciproca. È una realtà da realizzare senza forzature, con piccoli passi condivisi perché la fratellanza è ciò che consente agli eguali di essere persone diverse mentre la contrapposizione voluta dal radicalismo (di destra e di sinistra) tende ad accelerare i processi, eliminando il dissimile.

Lo ricordino i politici del “tutto e subito”, magari rileggendo l’Umberto Eco de “Il nome della Rosa”, quando, alla fine del processo inquisitorio Adso chiede: “Che cosa vi terrorizza di più nella purezza?” e Guglielmo da Baskerville: “La fretta”. 

La fratellanza recupera il tempo della mediazione, che è anche quello della politica, mentre il fondamentalismo con la sua polarizzazione lo annulla. Noi laici l’abbiamo sostituita col termine di «solidarietà» che è maggiormente attinente alla “misericordia” (si può essere solidali senza sentirsi “fratelli”): solidarietà, intesa come impegno e responsabilità per il bene comune nel nostro mondo globalizzato. L’importante è sempre ricordare, come scrive Francesco, che i percorsi di mediazione e la successiva soluzione dei problemi richiedono tempo, anche tanto tempo.

La fratellanza acquista valore politico perché, stabilendo che tutti siamo fratelli, diventiamo tutti cittadini con uguali diritti e doveri. D’altronde per Francesco la fedeltà al Signore è sempre proporzionale all’amore per i fratelli e già nei Vangeli «Chi, infatti, non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede» (1Gv 4,20).

Vi è un abisso tra questa concezione religiosa e la politica dei cattolici alla Salvini e Meloni, ben decisi nel creare mura per limitare l’accoglienza e l’estensione della cittadinanza. Per non parlare poi della “sostituzione etnica” del ministro Lollobrigida, teoria complottista totalmente infondata e fatta propria da razzisti e suprematisti bianchi.

In merito all’uguaglianza dei diritti, il Cristianesimo delle origini e poi la Chiesa di Roma hanno accettato l’idea di fratellanza/uguaglianza di tutti gli uomini solo di fronte a Dio e hanno perorato il mantenimento dei ruoli e le differenze di diritti (nelle sue lettere l’apostolo Paolo legittima la categoria della schiavitù). Per esempio, il sistema della “democrazia” è stato accolto come migliore rispetto alle varie forme di oligarchie e di assolutismi solo nel secolo scorso e solo a partire dal Concilio Vaticano II è stata riconosciuta alle istituzioni statali l’autonomia dai dettami morali della Chiesa, assieme all’abolizione dei concordati esclusivisti.  

Padre Spadaro sostiene che la visione di Francesco è quella di un amore universale: “Voglia il Cielo che alla fine non ci siano più “gli altri”, ma solo un “noi “. Il Papa non si ferma al livello delle scelte individuali, ma proietta questa opzione al livello delle politiche degli Stati, che devono fare la loro parte accanto all’impegno personale di ogni singolo.

In conclusione, la fraternità prescinde dai tratti morali, etnici, sociali, culturali, con la convinzione che tutte le nazioni della terra condividano un destino comune e che nei dinamismi della storia “vediamo seminata la vocazione a formare una comunità composta da fratelli che si prendono cura gli uni degli altri”.  E qui segue un passaggio importante: la nostra famiglia umana ha bisogno «di imparare a vivere insieme in armonia e pace senza che dobbiamo essere tutti uguali!“ La custodia delle differenze è il criterio della vera fraternità che non omologa, ma accoglie e fa convergere le diversità, valorizzandole. 

Si è fratelli perché si è uguali e diversi: “C’è bisogno di liberarsi dall’obbligo di essere uguali” (da Amoris Laetitia). 

L’immagine in evidenza è tratta da: francescomacri.wordpress.com

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento