A PROPOSITO DI ...
armi, guerra, resistenza e primo maggio

Le cronache e i commenti dedicati al “concertone” del 1° Maggio hanno dato molto spazio all’intervento del fisico Carlo Rovelli che sul palco della tradizionale manifestazione sindacale oltre a scagliarsi contro le spese militari in Ucraina  e i “piazzisti di strumenti di guerra” si è scagliato anche contro il ministro della Difesa Guido Crosetto, affermando che “in Italia, il ministro della Difesa è stato vicinissimo a una delle più grandi fabbriche di armi del mondo, Leonardo. Il Ministero della Difesa deve servire per difenderci dalla guerra, non per fare i piazzisti di strumenti di morte”. 

Naturalmente  Crosetto ha replicato, rimproverando a Rovelli di parlare di cose che conosce poco (pensiamo si riferisse a cos’è il settore aerospaziale italiano, il ruolo di Leonardo e il suo peso nella economia italiana). Ne è nata una polemica, che sembra finirà con un incontro a cena tra i due, proposto dal ministro, per stabilire un confronto più cordiale (Crosetto ha però anche precisato: “Basta che nel suo studio dell’Ucraina non sbagli la parte per cui lavorare, perché normalmente chi è pacifista poi è per i russi”).

Come è noto Rovelli ha sempre criticato la fornitura di armi all’Ucraina. E nel suo intervento del primo maggio, rivolgendosi ai giovani, li ha esortati a “fermare i signori della guerra” e a “sognare un mondo migliore”, condensando il suo messaggio in questi termini: “Non abbiate paura di imbrattare i muri, cambiate questo mondo”.

Come dicevamo, le affermazioni riguardanti il ministro Crosetto nonché gli accorati appelli antimilitaristi rivolti ai giovani dal prof Rovelli hanno trovato ampio spazio su molti giornali, alcuni dei quali hanno anche evidenziato come le parole del fisico siano state molto apprezzate a sinistra (soprattutto in quella sinistra che si riconosce nel M5s guidato da Conte o nel Pd versione Schlein).

Altre affermazioni fatte di recente dal prof Rovelli, e che a noi sembrano molto gravi, non hanno invece ricevuto altrettanta attenzione.
È quanto viene messo in risalto da Francesco Cundari in un suo editoriale sul giornale online Linkiesta del 2 maggio scorso.

Il giornalista riferisce che a pochi giorni dal 25 Aprile, in televisione (trasmissione “In Onda”, su La7), il prof. Rovelli, all’interno di un ragionamento in cui argomentava il suo punto di vista contrario all’appoggio militare alla resistenza ucraina, pronunciava queste precise parole: “Non sono sicuro che quella nostra fosse una guerra di liberazione”. E a seguire una considerazione sarcastica: “Qualche tempo fa sul giornale della mia città, Verona, c’era un articolo che parlava della stazione di Verona bombardata dai tedeschi: il giornalista si era sbagliato perché, ovviamente, è stata bombardata dagli inglesi, non dai tedeschi”.

Cundari scrive che probabilmente quelle parole, il professore le ha dette “allo scopo di corroborare il suo argomento contro l’appoggio militare alla resistenza ucraina”. E commenta: “Gira e rigira, pur di negare che fosse una guerra di liberazione quella, ha finito per negare che lo fosse persino la nostra”. Ovvero: “Per delegittimare la resistenza ucraina nega quella italiana”.

La domanda che il giornalista di Linkiesta pone è questa: cosa sarebbe successo se a pochi giorni dal 25 aprile un qualsiasi dirigente di Fratelli d’Italia o un qualsiasi intellettuale di destra avesse detto in televisione quelle parole? E cosa sarebbe successo se quello stesso esponente di Fratelli d’Italia o intellettuale di destra, dopo aver pronunciato quelle parole in televisione, a pochi giorni dal 25 aprile, fosse stato invitato a parlare sul palco del primo maggio, in piazza San Giovanni?

Quante sacrosante indignazioni sarebbero state pronunciate per un simile oltraggio! – dice Cundari – “per una tale profanazione di tutti i più essenziali principi su cui si fonda la Costituzione della Repubblica italiana. Sarebbe venuto giù il mondo.
Quelle testuali parole, però, non le ha dette un esponente di Fratelli d’Italia, né un giornalista di Libero, né un intellettuale di destra. Le ha dette il fisico Carlo Rovelli, fine intellettuale progressista, tra gli ospiti del concerto del primo maggio, nonostante quelle parole le abbia pronunciate solo pochi giorni prima”.

Se si nega il carattere di guerra di liberazione alla nostra resistenza (e così pure alla resistenza uncraina) quali definizioni dovremmo usare: bellicismo ultra-atlantista? Nazionalismo militarista?

“Se simili definizioni – dice Cundari – vi sembrerebbero un insopportabile rovesciamento della verità storica e morale, se vi paiono mistificatorie sul piano fattuale, ripugnanti sul piano etico e inaccettabili sul piano politico, avete perfettamente ragione, ma dovete spiegarlo anche a chi oggi combatte la sua guerra di liberazione contro l’occupazione russa, e simili definizioni se le sente ripetere dalla mattina alla sera. Per di più, da parte di chi, quando si tratta del proprio paese e della propria storia, non esita al contrario a intonare Bella Ciao e a celebrare la resistenza contro l’invasore.

Bisognerebbe andare a dirlo ai sopravvissuti di Bucha, bisognerebbe andare a ripeterlo in tutti i territori liberati dall’ultima controffensiva ucraina, tra le camere di tortura e le fosse comuni. Bisognerebbe dirlo ai fratelli, amici, fidanzati, mogli e mariti di chi ancora si trova nelle zone occupate, in quelle zone in cui rapiscono persino i bambini. O almeno smetterla di fare tanti discorsi ipocriti a casa nostra”.

L’immagine in evidenza è tratta da: informazione.it

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