La figura del “papa emerito” Benedetto XVI /1

Si era definito” semplice e umile lavoratore della vigna del Signore” e così viene oggi ricordato dalla maggior parte dei commentatori

Il cardinal Joseph Ratzinger (nato nel 1927 nella cattolica Baviera) venne eletto 264º papa nel 2005 ed ha governato per otto anni la Chiesa di Roma, fino alle dimissioni dell’undici febbraio del 2013. Il suo ruolo è stato importante ancor prima dell’elezione a pontefice, cioè quando Giovanni Paolo II lo volle come suo “braccio destro” a Roma nel 1981, in qualità di Prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede (con lo scopo di vigilare sulle questioni della fede e di difendere la Chiesa dalle eresie).

Le prime ricostruzioni a caldo sui giornali e nelle televisioni sono inevitabilmente agiografiche: si tratta, almeno in parte, della reazione psicologica di fronte alla morte di una persona importante, reazione che spinge a sottacere gli aspetti più problematici del vissuto del morto e ad esaltare, quasi esclusivamente, il resto del suo operato.

Quando Giovanni Maria Vian, direttore emerito dell’“Osservatore Romano”, afferma (Rai 1 Storie, del 2 gennaio) che “papa Ratzinger è stato un uomo della Tradizione che lui, conoscitore profondo della storia, ha sempre inteso come qualcosa di vivo che deve essere sviluppato quindi, in questo senso, un uomo aperto al futuro…” enuncia una valutazione unilaterale, limitata e personale, senza non diciamo ombre, ma neppure qualche chiaroscuro.

I riconoscimenti diffusi da parte di una enorme schiera di opinionisti, di leader politici e personaggi famosi appaiono talmente iperbolici da poter essere spiegati – non giustificati – come il riguardo e il rispetto nei confronti di una vita umana che si è spenta.

Gli stessi critici dell’operato complessivo di Benedetto XVI, come il teologo Vito Mancuso, in questi primi giorni si esprimono con molta cautela, all’interno di un approccio diplomatico di estrema mediazione: “Papa Benedetto non ha mai cessato di essere un teologo: la sua forma mentis è stata sempre storica sistematica. Le sue splendide catechesi erano sempre rivolte al passato e, sia chiaro, non è un giudizio negativo: nella Chiesa cattolica lo sguardo verso la tradizione è costitutivo. Questo ha portato a sentire il pontificato di Benedetto come conservatore. Papa Bergoglio, al contrario, è caratterizzato dal guardare avanti, al presente: è stato il primo Papa a dedicare un’enciclica all’ecologia, si occupa di questioni sociali, la guerra, i poveri, le sofferenze. Il suo è un papato sociale e profetico, quello di Benedetto è stato teologico e mistico” è la sintesi di Mancuso, molto meno articolata delle precedenti analisi del teologo.

Alberto Melloni nella trasmissione sopracitata Rai 1 Storie ,del 2 gennaio: “…quando papa Ratzinger ha dato le dimissioni non era tenuto a rimanere nel silenzio che lui poi ha osservato…mantenendo una posizione che non si è prestata in nessun modo di essere d’intralcio al successore…” dimentica – volutamente?- il libro ”Dal profondo del nostro cuore” scritto dal papa emerito col cardinal Sarah contro i viri probati (uomini già sposati ammessi all’ordine sacerdotale) dell’Amazzonia, edito prima che Francesco prendesse una posizione in merito, e poi non ricorda i famosi “Appunti” (sugli abusi del clero e sul ’68), testo scritto  in vista della riunione dei presidenti di tutte le conferenze episcopali del mondo che si sarebbe tenuta in Vaticano dal 21 al 24 febbraio 2019, “appunti” indirizzati a condizionarne la discussione.

La diffusione di valutazioni sperticatamente elogiative (riprendiamo dalla trasmissione di Rai 1 “l’algido teologo” di una parrocchiana romana, la “guida del popolo di Dio designata dal Signore” per un altro fedele, e infine, senza alcun pudore, l’ intervista compiaciuta sempre da parte della giornalista Rai ai fedeli che, partiti la sera prima da Pisa, hanno voluto fotografare col cellulare il cadavere, manifestazione superstiziosa nel Terzo Millennio, equivalente alla medievale caccia alle reliquie, ma commentata ipocritamente come atto devozionale) riguarda anche un secondo motivo.  Si tratta dell’adesione consapevole alla strategia di restaurazione contro il Vaticano II. Strategia della quale il teologo Ratzinger fu un dichiarato promotore.

Sarà quindi inevitabile che il Tradizionalismo cattolico uscirà rafforzato e approfitterà della circostanza del funerale e del susseguente clamore pubblicitario per coltivare un uso strumentale degli elogi semplificatori dei mass media e della presenza dei potenti del mondo che si recheranno ad onorare la salma.

 Noi non vogliamo accodarci alla serie lunghissima degli esaltatori a tutto tondo della figura del “papa emerito”, vista l’abbondanza di coloro che lo glorificano come “guida spirituale, grande teologo, e per il grande contributo culturale che ha dato al mondo… un conservatore della fede e innovatore per le occasioni concrete che hanno caratterizzato il suo pontificato”. Oppure come Giorgia Meloni: “Benedetto XVI è stato un gigante della fede e della ragione. Ha messo la sua vita al servizio della Chiesa universale e ha parlato, e continuerà a parlare, al cuore e alla mente degli uomini con la profondità spirituale, culturale e intellettuale del suo Magistero”.

Abbiamo già espresso il nostro parere sulla incapacità di questo papa di fare i conti con la storia concreta degli esseri umani, distorcendola invece in maniera talmente arbitraria da risultare un campione di quel “relativismo” da lui stesso condannato perché frutto di ogni male. Ci soffermeremo invece, in successivi contributi, su alcuni temi che riteniamo comunque centrali del pontificato di papa Ratzinger, sui quali si insiste molto da parte dei tradizionalisti, sia atei alla Giuliano Ferrara sia credenti alla Salvini.

L’immagine in evidenza è tratta da fides.org

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