DIFENDERE LA DEMOCRAZIA

La democrazia e i diritti umani sono minacciati in tutto il mondo. Le democrazie, sia in fase di transizione che consolidate da decenni, stanno affrontando serie sfide all’interno e all’esterno dei loro confini. La sfiducia pubblica e il fallimento dei governi nel fornire un progresso economico e politico equo e sostenibile ha alimentato la polarizzazione politica e l’ascesa di leader che stanno minando le norme e le istituzioni democratiche.
In tutto il mondo, la debole capacità statale, lo Stato di diritto debole, l’elevata disuguaglianza e la corruzione continuano a erodere la democrazia. Allo stesso tempo, i leader autoritari stanno raggiungendo le frontiere per minare le democrazie, dal prendere di mira giornalisti e difensori dei diritti umani all’ingerenza nelle elezioni, il tutto seminando disinformazione per affermare che il loro modello è più efficace per le persone. Gli attori ostili esacerbano queste tendenze manipolando sempre più le informazioni digitali e diffondendo disinformazione per indebolire la coesione democratica
”.

È quanto si legge nella comunicazione con la quale il Dipartimento di Stato americano ha annunciato, nel Novembre 2022, il Summit for Democracy che si è tenuto il 9 e 10 Dicembre 2022.

A proposito delle minacce che ai paesi democratici provengono dai leader di paesi autocratici (come Russia e Cina) la sfida che essi pongono è, come si legge sulla rivista Foreign Affairs, “tanto ideologica quanto geopolitica: vogliono indebolire, frammentare e sostituire il sistema internazionale esistente perché i suoi principi liberali fondamentali sono antitetici alle loro pratiche illiberali”.
Il versante ideologico della sfida in atto è stato cosi lucidamente riassunto dal presidente americano Biden: “Credo che siamo nel bel mezzo di un dibattito storico e fondamentale sulla direzione futura del nostro mondo. C’è chi sostiene che, date tutte le sfide che dobbiamo affrontare, l’autocrazia è il modo migliore per andare avanti. E c’è chi capisce che la democrazia è essenziale per affrontare tutte le sfide del nostro mondo che cambia. Dobbiamo dimostrare che il nostro modello non è una reliquia della storia”.

I fatti mostrano che l’analisi di Biden è corretta. In molti hanno sostenuto e sostengono che le democrazie liberali sono più deboli e meno attrezzate per gestire situazioni complesse per le quali invece il pugno di ferro dei regimi autoritari può rivelarsi più efficace. In realtà, la gestione di una situazione di grande complessità come quella della pandemia da Covid ha dimostrato esattamente il contrario: le democrazie liberali sono state in grado di affrontare in modo più rapido e con risultati di gran lunga migliori la grave emergenza che si era determinata.

Ma resta comunque poco realistico pensare che gli stati autocratici possano facilmente desistere dal portare avanti il loro attacco alle democrazie occidentali e al modello di società aperta che esse rappresentano. Per loro le democrazie costituiscono un pericolo, una intollerabile minaccia. È lecito pensare che uno dei principali motivi che ha indotto Putin a invadere l’Ucraina sia il timore che il modello di democrazia del paese confinante potesse, nel lungo periodo, rappresentare una aspirazione anche per il popolo russo.

È questo timore che induce gli stati autocratici ad abbandonare qualsiasi remora nel compiere attacchi anche molto duri alle democrazie. Sia in modo diretto (come la forsennata aggressione militare dell’Ucraina; come le continue minacce della Cina di Xi Jinping alla indipendenza dello stato di Taiwan e come la distruzione, sempre da parte della Cina, del movimento democratico popolare ad Hong Kong) sia in modo indiretto, cercando di favorirne una destabilizzazione interna degli stati democratici (come il tentativo dei troll russi di spostare il risultato delle presidenziali americane) costruendo reti di interessi e di connivenze.

Ma le minacce non provengono solo dall’esterno.

In tutto l’Occidente, da un po’ di tempo a questa parte, si registra un certo decadimento della democrazia. Nella già citata rivista Foreign Affairs,  Hal Brands scrive: “In tutto il mondo i sentimenti antidemocratici e l’insoddisfazione per le istituzioni hanno raggiunto livelli che non si vedevano dalla Seconda Guerra Mondiale”.

Federico Rampini, sul Corriere Della Sera del 09 03 2022, ha parlato di “caduta di autostima delle democrazie liberali”, di “sindrome auto-distruttiva” che “affiora anche dietro il pacifismo ipocrita che recita ‘Né con la Nato né con la Russia’”.

Nell’analisi di Rampini, l’Occidente è arrivato impreparato alla tremenda sfida che gli ha mosso la Russia invadendo l’Ucraina perché era “da tempo concentrato nel processare se stesso, criminalizzare la propria storia, colpevolizzarsi per gli orrori dell’imperialismo. Solo il proprio, s’intende: gli imperialismi russo o cinese non contano”.

L’attentato della destra americana alla democrazia “è stato ben visibile nella presidenza filo-putiniana di Trump. Prima che arrivassero sui nostri schermi le immagini atroci di bombe e di morte in Ucraina, l’ex presidente repubblicano era intento a definire Putin un genio e Biden un incapace. Ora il partito repubblicano corregge il tiro e la sua corrente filo-russa è in imbarazzo, ma per troppo tempo questa destra ha descritto l’America come una democrazia truccata, dove gli altri vincono solo grazie ai brogli elettorali”.

E il disprezzo per la liberaldemocrazia è ben presente anche nella sinistra radicale americana. “Il movimento radicale dell’anti-razzismo, Black Lives Matter, da anni denuncia gli Stati Uniti come l’Impero del Male”. E a queste denunce si affiancano “le requisitorie della sinistra ‘no border’ di Alexandria Ocasio-Cortez che accusa l’America per tutte le ingiustizie planetarie”. Per anni “ I talkshow in lingua inglese di RT (Russian Tv) e Radio Sputnik, i due maggiori organi di propaganda putiniana, hanno pullulato di ospiti della sinistra radicale: attivisti di Black Lives Matter e docenti vetero-marxisti con cattedra nei campus universitari dove domina il pensiero politically correct”. Queste élite intellettuali sono impegnate da anni  – come ha scritto Angelo Panebianco –  a diffondere nelle opinioni pubbliche disprezzo per la nostra civiltà e per le istituzioni (il pluralismo, la democrazia liberale) che ne sono espressione.

Questi atteggiamenti non sono una esclusiva della società americana. Sono piuttosto diffusi all’interno di tutte le democrazie occidentali. Anche nella nostra. E si sono diffusi, come dice il documento del Dipartimento di Stato richiamato all’inizio, in conseguenza di un fallimento dei governi nel fornire un progresso economico e politico equo e sostenibile, cosa che ha  alimentato la polarizzazione politica e l’ascesa di leader che stanno minando (o tentano di minare) le norme e le istituzioni democratiche.

Due esempi nostrani:
1) Commento di un leader del M5s all’ipotesi di un governo tecnico avanzata dal Presidente Mattarella nel 2018): “Quando una forza politica come la nostra che crede nella teoria della democrazia diretta condivide alcune regole della democrazia rappresentativa e riceve solo il due di picche, il rischio è che una forza politica come la nostra cominci ad allontanarsi dalla democrazia rappresentativa. Io non minaccio nulla, ma c’è il rischio di azioni non democratiche”.
2) Dichiarazione inserita nel Contratto di governo tra Lega e M5s nel 2018: Impegno a modificare l’art. 67 della Carta costituzionale introducendo “forme di vincolo di mandato per i parlamentari, per contrastare il sempre crescente fenomeno del trasformismo”. (Luigi Einaudi in Assemblea Costituente: il non vincolo di mandato è uno dei più importanti principi che governano una democrazia liberale perché garantisce la libertà di chi è eletto. Il mandato imperativo è la morte dei Parlamenti).

Non c’è pertanto da meravigliarsi del fatto che “quando gli autocrati russi e cinesi osservano il mondo occidentale pensano che si tratti di un mondo decadente, ormai privo di fiducia in se stesso e nelle proprie ragioni. Pensano che esso possa essere facilmente battuto”.

In tutto ciò che sta succedendo, negli attacchi sia esterni che interni alla democrazia, tendiamo a vedere i segni di una lotta piuttosto antica, che è rimasta a lungo sotto traccia e ora sta riemergendo e si sta acutizzando. Una lotta che può essere definita “guerra ideologica” e che secondo la filosofa francese Chantal  Delsol  si realizza “da un lato con le correnti progressiste universalistiche (quella cosmopolita e quella liberal-libertaria) e, dall’altra parte con le correnti che cercano il radicamento e l’identità. Fondamentalmente, è la lotta tra moderno e antimoderno”.

È necessario difendere le fondamenta della democrazia e della società aperta. Il compito di tutti i democratici e liberali è “quello di contribuire a formare un discorso pubblico informato e depurato dalle post verità che confinano con le fake news, in modo da consolidare i pilastri della società aperta” (C. Rocca su Linkiesta del 13 11 2021)

C’è da condurre una dura battaglia delle idee per rafforzare la coesione e la resilienza della comunità democratica contro i suoi rivali.

Riflettere su quanto sta succedendo, raccogliere e riorganizzare le proprie idee e offrirle ad altri come contributo per una ulteriore riflessione  non è dettato da presunzione ma da un forte bisogno di capire e di cercare, insieme, risposte nuove ai problemi che si pongono.  Ci possono essere vari modi per farlo. Un blog è uno di questi.
Capire quanto sta succedendo, ma anche sostenere e, possibilmente, diffondere il modo di ragionare e di parlare di chi crede nella democrazia, in opposizione a chi invece vuole indicarla come un disvalore. Per fare ciò è necessario avere un alto livello di resilienza. Resistere e reagire alle difficoltà, cercare ragioni e strumenti per non abbandonarsi al pessimismo, cercare in sé stessi e negli altri la forza e la capacità per andare oltre, reinventarsi.

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento