MELONEIDE
Ma quale coraggio

Meloni ha passato giorni e giorni a presentare la sua manovra economica* come “una manovra coraggiosa a sostegno del ceto medio”. Non v’è dubbio che il “coraggio” sia una componente della rappresentazione che la leader di FdI ama fare di se stessa. Non perde occasione per ribadire che il coraggio “non le manca”. E di primo acchito non le si può dare torto, visto che ha avuto il coraggio di far cadere il governo che aveva assicurato all’Italia il primo posto tra i Paesi europei nella crescita economica.

Dunque la finanziaria allestita dal suo governo non poteva che essere “coraggiosa”.
Ma, a nostro avviso, la rappresentazione che Giorgia Meloni fa di se stessa e dell’operato del suo governo resta alquanto lontana dalla realtà. Almeno per due motivi:

Il primo motivo ha a che fare con gli apprezzamenti (in verità parziali) che la Commissione europea ha espresso sull’impianto della legge finanziaria che in questi giorni è al vaglio del nostro Parlamento.
Tali apprezzamenti si riferiscono agli aspetti di “prudenza” contenuti nella finanziaria, soprattutto quando essa poco si discosta dalle indicazioni espresse da Mario Draghi nel documento di indirizzo da lui redatto prima di lasciare il posto all’esecutivo di centrodestra. In particolare: contenimento della spesa pubblica (per tenere sotto controllo l’enorme debito accumulato negli anni dal nostro Paese e ormai giunto a livelli di rischio); destinazione della maggioranza delle risorse disponibili in stanziamenti contro il caro bollette; riduzione del cuneo fiscale (costo del lavoro) a vantaggio di aumenti in busta paga per i lavoratori.

Rispettate queste scelte di fondo (ciò che in parte è stato fatto ed ha appunto ricevuto il plauso della Commissione europea) le risorse per fare tutto il resto non potevano che ridursi a poca cosa. Tutto il resto significa le mirabolanti promesse sbandierate nel corso della campagna elettorale.
Questa situazione avrebbe potuto indurre Meloni e il suo governo a fare una scelta “coraggiosa”: individuare delle priorità e su di esse concentrare i pochi soldi a disposizione. È stata fatta la scelta opposta: ogni punto del programma elettorale ha una voce in capitolo nella manovra. Ma in che modo?

Nella finanziaria, la rivalutazione delle pensioni c’è ma molto parziale, è previsto un aumento delle pensioni minime ma di poco per pochi e solo per il 2023, il costo del lavoro in futuro potrebbe scendere per ora solo del 3%, il superbonus viene prorogato al 31 12 2022 ma solo per i condomini che hanno deliberato l’esecuzione dei lavori prima del 18 novembre, il reddito di cittadinanza viene rimodulato e ridotto ma non più di tanto. E si potrebbe andare avanti così a lungo. Un esponente dello stesso governo Meloni, per definire il carattere di questa manovra finanziaria ha usato l’espressione “è una tisana” (per dire del modo blando col quale vengono affrontati i problemi).  
Insomma, senza sindacare sulle scelte fatte, dov’è il “coraggio”?

Il secondo motivo ha a che fare con il tema della lotta all’evasione fiscale, che avrebbe potuto/dovuto essere la parte realmente coraggiosa della manovra (sia perché in Italia ogni anno gli evasori sottraggono alla comunità nazionale una cifra astronomica che supera gli 80 miliardi sia perché il contrasto all’evasione era vivamente raccomandato dall’Europa).
Il tema è stato platealmente eluso, con la decisione di inserire un consistente innalzamento del tetto all’uso del contante insieme alla abolizione dell’obbligo del pos nei pagamenti ed alla rottamazione delle cartelle esattoriali.
E su questo aspetto la manovra della Meloni ha ricevuto non il plauso ma la critica netta della Commissione europea.

Ma forse anche il mancato contrasto alla evasione fiscale viene da lei vissuto come “un atto di coraggio”. Perché ha osato sfidare non solo le indicazioni del Parlamento europeo ma, anche, il parere della Banca d’Italia che (come abbiamo riferito in un precedente post) nel 2021 aveva pubblicato i risultati di una indagine accurata nella quale emergeva in modo inoppugnabile che un aumento del tetto del contante e una limitazione all’uso dei pagamenti elettronici favoriscono un consistente aumento dell’evasione fiscale e del lavoro nero.

La realtà è che nella manovra del governo Meloni c’è molto populismo, ordinaria amministrazione e molto poco di quella “coraggiosa discontinuità” tanto declamata in campagna elettorale.

* Il riferimento è al testo della manovra economica presentato al Parlamento, prima dell’approvazione. Il testo originale è anche quello che meglio fa intendere gli orientamenti assunti dal Governo.

L’immagine in evidenza è tratta da: ilsole24ore.com
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