SIMBOLI RELIGIOSI: UN SECONDO APPROFONDIMENTO.
Il tema della cultura identitaria del Crocifisso

La sentenza della Cassazione in merito all’esposizione del Crocifisso nelle aule scolastiche (vedi nel blog i due articoli precedenti) ci ha indotto a riflettere su tre ordini di questioni: il tema della laicità dello Stato (già affrontato), quello dell’universalità culturale di un simbolo religioso, quello della sua portata teologica. Vi proponiamo di approfondire il secondo tema, la componente identitaria del Crocifisso.

Utilizzeremo, come punto di riferimento della tesi a favore dell’esposizione, l’intervista all’onorevole Alessandro Pagano (Lega) concessa a Radio Radicale, in quanto in essa sono espressi, in maniera esplicita e chiara, i termini della questione (durata dell’intervista sette minuti, da non perdere!). La Cassazione non obbliga, ma consente alle singole realtà scolastiche di utilizzare il Crocifisso. L’onorevole Pagano rinforza questa proposta, estendendo la presenza della Croce anche agli ospedali e alle aule dei tribunali. Egli parte da una premessa nei confronti del docente che vuol togliere il Crocifisso dall’aula, attribuendogli “una sorta di rapporto di odio nei confronti del Crocifisso in quanto tale…e di mancanza di rispetto nei confronti dei suoi discenti”, e già qui non ci siamo.

Uno fra i tanti educatori cattolici, il docente (poi senatore) Mario Gozzini scriveva nel 1986: “Il mio disagio è duplice (di fronte all’esposizione del Crocifisso nello spazio pubblico -n.d.r.). Come cittadino: perché il crocifisso di Stato può legittimamente non essere accettato dai concittadini non cattolici o non credenti. Come cattolico: perché la tolleranza silenziosa di quasi tutti gli italiani nasce da una riduzione netta, e deformante, del senso e del valore contenuti in quel segno …“.
Riprenderemo nel prossimo approfondimento la parte finale dell’argomentazione di Gozzini, che, come cattolico e come insegnante, per amore e non per odio del Crocifisso, chiedeva che esso venisse tolto dagli spazi pubblici.

L’argomentazione di Pagano continua in questo modo: “Perché il crocifisso nelle nostre scuole, ma anche nei nostri ospedali, ma anche nelle aule di giustizia? Perché il Crocifisso non è il simbolo di un dio qualsiasi, è Colui che evidentemente ha rappresentato nella storia della nostra civiltà tutto il nostro essere. Cioè noi siamo così! vestiamo così! mangiamo così! armonizziamo le nostre strade e i nostri paesaggi così! abbiamo uno stile di vita così! Ci trattiamo uno con gli altri così, perché evidentemente siamo frutto di una eredità che non può che essere quella cristiana”.

Circa vent’anni fa il segretario dell’attuale partito dell’onorevole Pagano, cioè Umberto Bossi, assieme ai deputati Maroni e Spadoni, e al giovane Salvini, consigliere comunale a Milano, si inventava letteralmente la storia d’Italia, in chiave celtica e pagana: non abbiamo dimenticato gli articoli fantasiosi su “Quaderni Padani”, le mascherate delle camice verdi con l’elmo cornuto, i rituali dell’ampolla dell’acqua del fiume Po, sacra acqua del Po, acqua non mafiosa, acqua che è carne di tutti noi padani, acqua magica, cristallina e pura come l’acqua dei padani”. Oggi l’on. Pagano – insieme al nuovo segretario della Lega, che, quando aumenta il suo consenso elettorale, ringrazia non più il fiume Eridano ma la Madonna – ricostruisce la storia dell’Italia e degli italiani con lo stesso spessore storico di Bossi, quasi essa contenesse un filo diretto col messaggio di Gesù, senza fratture, discontinuità, innovazioni, e soprattutto fraintendimenti e divisioni.

La storia della Croce e del Cristianesimo, fin dal primo secolo, è stata una storia tipicamente umana, e niente di umano è eterno. Abbiamo assistito a continui cambi di paradigmi interpretativi, dalle chiese delle origini ai movimenti ereticali, alla chiesa costantiniana e al cesaropapismo, poi a quella medievale, a quella della Riforma e del Concilio di Trento, a quella segnata dall’Illuminismo e dalla modernità, a quella dell’arroccamento sul Sillabo e la contrapposizione con lo Stato laico, infine a quella del Concilio Vaticano II, con la discontinuità più evidente. In seguito, avremmo avuto il lungo inverno dei pontificati di Woytila e Ratzinger, seguiti dall’attuale parziale “disgelo” di papa Francesco. Ogni fase è servita a plasmare una particolare modalità di vissuto cristiano tra i fedeli, le cui pratiche religiose diventavano, dietro il richiamo comune alla Bibbia, profondamente distanti – se non sostanzialmente diverse. “Ci trattiamo gli uni con gli altri così”: non è vero, c’è chi – proclamandosi cristiano praticante – ha ipotizzato di sparare ai barconi degli scafisti e chi, da cristiano praticante, va in giro in mare a raccogliere i sopravvissuti.

Dice Pagano: “Non bisogna scomodare Croce per capire realmente che quello che noi siamo oggi evidentemente ha questa caratteristica, viene da quell’uomo, che era vero uomo e vero dio e che si chiama Gesù Cristo, che ha influenzato per non dire profondamente caratterizzato la nostra società”. Certamente, chi nasce e cresce in Italia e in Europa vive in mezzo a simboli religiosi cristiani e ne è coinvolto, ma non per questo acquista l’identità “cristiana” (che non è una sola, ma diverse) e soprattutto si identifica con la religione cattolica. Lo è alla stregua di chi può essere ritenuto “musulmano” perché si avvolge la kefiah attorno al collo, oppure “buddista” cinese perché porta i capelli raccolti in treccia, come facevano i Manciù.  Tutti gli italiani imparano fin da piccoli a riconoscere il Presepe, il Bambinello, i re Magi, ecc., ma subito dopo iniziano le differenze. Infatti, qualcuno penserà al Presepe come il luogo dove disporre i regali, simbolo di un Natale edonista e mangereccio, mentre un altro assocerà i pastori del Presepe agli “ultimi” della terra, che oggi sono gli immigrati.

La popolazione italiana è uniforme dal punto di vista religioso quanto lo è dal punto di vista linguistico: troviamo uno spettro di comportamenti tra i più disparati. Si va dall’accettazione coerente e radicale del Vangelo alla pratica politeista di sostituire Gesù con uno dei tanti santi del Panteon cattolico (lo svuotamento delle chiese e l’afflusso ai santuari ne è una testimonianza) e mettere il santino di Padre Pio sul finestrino del Tir non sempre è segno di adesione al cristianesimo. E poi si può proseguire con altri atteggiamenti diffusi, quali soprattutto l’indifferenza quotidiana verso la religione (di cui si è sostanzialmente ignoranti), ma interrotta dal segno della croce quando si realizza un gol durante una partita di calcio o quando passa un funerale per strada. Oppure, estremamente pericolosa, la ricerca delle proprie “radici cristiane” in funzione della necessità di contrapporsi all’”altro”, al “diverso”, di cui si teme la presenza e l’influenza culturale.  

Oggi, nel Terzo Millennio, prosegue il profondo cambiamento culturale che si è accelerato nel dopoguerra e che ha visto in Europa l’accresciuto pluralismo delle fedi religiose, il rilancio della religione popolare a tinta nazionalista – identitaria, accanto ad una sostanziale indifferenza verso tutto ciò che è spirituale ma anche ad una maggiore attenzione al rispetto delle diversità. Per i settori della società che esprimono questi atteggiamenti, il Crocifisso resta inestricabilmente rappresentativo – contemporaneamente – di elementi culturali e di elementi religiosi, tutti molto differenziati a seconda di chi lo guarda.

In conclusione, come simbolo religioso, il Crocifisso separa, perché ha da sempre la sua specificità, non appartiene alle altre fedi; come simbolo culturale, il Crocifisso non unisce perché non ha un significato univoco; infatti, ci sono sia coloro che lo agitano minacciosi, gridando al mondo degli altri “vade retro satana”, sia coloro che lo serbano amorevolmente, senza alcun desiderio di ostentazione “evangelizzatrice”, nel proprio cuore.

Dice Pagano: “Spesso noi ci vantiamo che abbiamo la terra più bella del mondo però io provo ad immaginare se coprissimo con un telo tutte le opere che si richiamano al cristianesimo. Noi avremmo il 96-97% di questa Italia che sarebbe cellofanata. Cioè vuol dire che tutto quello che noi oggi viviamo, calpestiamo, anche questo palazzo, sono stati palazzi che appartenevano a ordini monastici, a tribunali ecclesiastici, cioè tutto questo paese è nato, vissuto, cresciuto in una certa maniera.”Appunto, onorevole Pagano, ed ecco perché chiediamo di accantonare una piccola riserva neutrale, un’oasi sgombra da qualsiasi simbolo, quella delle sedi istituzionali, all’incontro e al confronto.

“Noi dobbiamo far capire – è la conclusione del ragionamento do Pagano –  che quel simbolo religioso dentro un contesto sociale qual è appunto un tribunale o un ospedale non è un simbolo religioso, è visto come simbolo religioso dal prof o dagli alunni … in verità lui è il simbolo di una libertà.…noi dovremmo spiegare che dentro un ospedale quell’uomo, perché era anche un uomo oltre che essere dio, praticamente si è fatto immolare, e che prima di lui gli ospedali non esistevano, quell’uomo all’interno di un’aula di tribunale è un simbolo di giustizia perché si è fatto uccidere in nome della giustizia, dentro una classe è un simbolo di libertà, di libertà educativa, di libertà evidentemente espressiva…”. Discorso illogico e contraddittorio, tanto che la stessa Corte di Cassazione – negando l’unica scelta laicamente possibile – ha dovuto ammettere che il crocifisso possa essere affiancato, nella scuola, da altri simboli religiosi, in quanto anche esso simbolo religioso.

Il Crocifisso resterà sempre un simbolo religioso, superficiale e deformato dal suo essere decontestualizzato in ambienti per cui non è nato, ma pur sempre, nella mente di chi lo guarda, associato alla religione cristiana. Il Crocifisso poi può anche rappresentare un simbolo di giustizia e di libertà, ma non universalmente, nemmeno in Italia, ma solo per coloro che non ne hanno avuto esperienza negativa e che quindi gli assegnano questi valori.
Le sedi in cui adorarlo come si deve e per ciò che rappresenta ci sono già e bastano.

L’immagine in evidenza è tratta da: famigliacristiana.it;
le altre immagini sono tratte, nell’ordine, da: sociologicamente.it; bibliomania.it; dailybest.it; famigliacristiana.it; piucultura.it

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