RESPINTE LE DIMISSIONI DEL CARDINALE MARX
Francesco non abbandona la necessità del cambiamento. Il problema resta come attuarlo

La lettera di ieri di papa Francesco, indirizzata al cardinale Marx non riguarda soltanto il suo interlocutore, ma interroga ogni cattolico. Intanto perché, mentre respinge le dimissioni del cardinale, Francesco ne avalla esplicitamente le critiche pesantissime ad un sistema corrotto, l’istituzione Chiesa.

Papa Francesco definisce “una catastrofe il modo in cui la Chiesa l’ha affrontata (la piaga della pedofilia, ndr) fino a poco tempo fa”. Attenzione al “fino a poco tempo fa”: conoscendo lo spirito di Francesco e la sua amicizia personale, siamo convinti che non si tratti di una denuncia nei confronti dell’azione (molto poco incisiva, in certi casi corresponsabile, secondo noi) di Woytila e di Ratzinger. Papa Francesco stesso ha chiesto scusa per l’operato di una Chiesa in cui egli ha ricoperto un ruolo sempre più importante e, anche di questo siamo persuasi, non si tira indietro nell’assumersi le sue responsabilità, guardandosi bene, come ha già detto in passato, di voler giudicare altri (i suoi predecessori, in questo caso).  Tuttavia la situazione cancrenosa è arrivata al limite per una sottovalutazione che risale molto addietro nel tempo.  

I sacerdoti responsabili dei crimini non sono le eccezioni ineliminabili, presenti in ogni gruppo sociale, gli elementi di “delinquenza fisiologica” secondo i dati Istat. Era stata la tesi dei tradizionalisti, i quali sostenevano che anche tra gli educatori e gli insegnanti c’era la stessa percentuale di pedofilia registrata nel clero, quasi fosse un fatto di natura umana. Invece la lettera di Francesco sostiene, innanzitutto, che “l’intera Chiesa è in crisi a causa della vicenda degli abusi”, e che “la Chiesa oggi non può fare un passo avanti senza assumere questa crisi”. Quindi questa ferita riguarda tutta la Chiesa e non pochi individui e limitati episodi, ma non solo.

L’aspetto più delicato riguarda la strada da seguire ora. Nella lettera Francesco propone due tappe. Una prima, assolutamente necessaria risposta deve essere: “Rendersi conto di questa ipocrisia nel modo in cui viviamo la nostra fede è una grazia, è un primo passo che dobbiamo fare.” Giustamente, a nostro parere, Francesco parte dalla necessità, per la Chiesa intera di vedere l’esistenza del “peccato” e della sofferenza che essa – i suoi membri – ha provocato, senza cercare attenuanti. La coscienza profonda è sincera diventa preliminare ad ogni cura, qualsiasi cambiamento parte dalla condizione indispensabile, quella per cui “la Chiesa oggi non può fare un passo avanti senza assumere questa crisi perché la politica dello struzzo non porta da nessuna parte, e la crisi deve essere assunta dalla nostra fede pasquale. I sociologismi e gli psicologismi sono inutili.” Le persone sagge hanno spesso sostenuto che una buona diagnosi, di cui si è convinti e consapevoli, è già parte della cura.

La seconda tappa. Una volta che si abbia diagnosticato il male e lo si sia assunto fino in fondo, bisogna procedere a cambiare spiritualmente, a mutare stile di vita, a trasformare il vissuto quotidiano delle relazioni umane, a partire dal singolo fedele o sacerdote. “Ogni riforma comincia da sé stessi. La riforma nella Chiesa è stata fatta da uomini e donne che non hanno avuto paura di entrare in crisi e lasciarsi riformare dal Signore”: a questo cambio di spiritualità seguirà necessariamente anche la riforma della struttura, dell’organizzazione ecclesiale e delle sue regole. Partire dalla persona, dal cambiare l’uomo, “è l’unico modo, altrimenti non saremo altro che ‘ideologi della riforma’ che non mettono in gioco la propria carne, come invece ha fatto Gesù, che lo ha fatto, con la sua vita, con la sua storia, con la sua carne sulla croce.”

Il senso del termine “riforma” per Francesco consiste nel realizzare certo i cambiamenti, anche strutturali, purchè questi nascano da una rivoluzione interiore del cristiano. La visione del papa è comprensibile perché egli non vuole riproporre un modello, pur diverso, di comunità che sia calato sulla testa e i corpi della gente, azione che per lui diventa “ideologia”. La sua scommessa è quella che si fonda sull’allargamento della “democrazia” interna alla Chiesa, sui sinodi, sui nuovi ruoli del laicato, sulla crescita di spazi di autonomia e colleggialità, senza però rovesciare clamorosamente l’assetto tradizionale e le antiche regole, perché ciò provocherebbe perplessità se non contrarietà in una larga parte dei fedeli. Attraverso la “riforma” interiore e gli atti conseguenti Francesco vede la possibilità di realizzare anche dei salti di qualità verso una nuova forma di Chiesa, tutta ancora da definire.

La domanda che ci poniamo riguarda i tempi. Le attuali due anime della Chiesa cattolica, quella dei tradizionalisti del dogma e quella degli innovatori in Gesù, sono sempre più distanti tra loro e sempre più estranee nella comunicazione, basti pensare alla lettura, diametralmente opposta, che fanno del modo di affrontare l’immigrazione e il rapporto con le altre religioni. Se la trasformazione spirituale delle persone avrà, come è prevedibile, tempi lunghi, molto lunghi, esiste l’eventualità che una delle due componenti non sia disposta ad aspettare gli sviluppi ma li voglia accelerare – a modo suo. E probabilmente si arriverà ad una scissione, cioè ad uno scisma (1).

NOTA (1)
Lo scisma secondo il Diritto Canonico della chiesa, è distinto dall’eresia e dall’apostasia.  Esso è definito come “rifiuto della sottomissione al romano Pontefice o della comunione con i membri della Chiesa a lui soggetta”.


L’immagine in evidenza è tratta da: asianews.it
Le altre immagini sono tratte, nell’ordine, da: huffingtonpost.it; wakeupnews.eu; vaticannews.it

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.