ELEZIONI USA
Il voto dei cattolici /1

Gli Stati Uniti, con una popolazione di circa 325 milioni, concede il diritto al voto ai maggiori di 18 anni per un totale di oltre 240 milioni di persone. Questo numero scende a circa 208 milioni perché il diritto al voto può decadere come pena complementare ad una condanna penale (gli Usa hanno il maggior numero di carcerati e di condannati del mondo). Una ulteriore difficoltà burocratica abbassa ancor di più il numero dei votanti reali: infatti negli Usa non basta essere un cittadino avente diritto, bisogna “iscriversi”, registrarsi come elettore (e gli iscritti sono stati circa 150 milioni).
Infine, per vincere, non è sufficiente contare i voti, ma il numero di “grandi elettori”, cioè i rappresentanti eletti in ogni stato federale: nelle elezioni del 2016 Hillary Clinton prese 62 milioni e mezzo di voti ma solo 232 “grandi elettori” e Trump 61 milioni e 306 “grandi elettori”.

I cattolici al voto

 Negli Usa attualmente i cattolici sono oltre 75 milioni di cui 51 milioni si possono recare alle urne, ben il 22% dell’elettorato complessivo di 240 milioni di potenziali votanti. Più della metà dei cattolici tendono a partecipare alle elezioni, a parere di numerosi osservatori, e la loro scelta è quindi spesso decisiva per la vittoria di un candidato.

Per quanto riguarda le elezioni 2020 è ancora presto per avere dati consistenti, ma una prima indagine, realizzata dall’istituto Norc della University of Chicago su 110mila elettori, ha rilevato che, mentre otto elettori su 10 dei protestanti evangelici – un bacino elettorale tradizionalmente repubblicano – ha votato per Trump, i cattolici si sono divisi: il 50% ha votato Trump, il 49% ha votato Biden (nel 2016 erano stati 52% per Trump). Tra i cattolici bianchi, il 57% ha sostenuto Trump e il 42% Biden; nel 2016 fu il 64% dei cattolici bianchi a votare Trump e solo il 31% votò H.Clinton, secondo il Pew Research Center. Tra i cattolici ispanici, il 67% ha votato Biden, il 32% Trump.

Ora, mentre il sostegno evangelico per Trump è scontato, ed è scontato il voto maggioritariamente democratico delle comunità ebraiche e musulmane, il calo relativo del gradimento di Trump tra i cattolici, e anche tra i cattolici bianchi, e la crescita relativa del consenso per Biden è un elemento rilevante. Stiamo comunque parlando sempre di un campione, per quanto significativo.

Il cattolicesimo Usa

La spaccatura netta – che è anche di orientamento culturale complessivo -vede una metà di cattolici (votanti) favorevoli a un uomo ed a una politica che sono in evidente contrasto col messaggio di papa Francesco e con quello del Vangelo.

Ci basta ricordare come questi ultimi siano testimoniati simbolicamente dai “ponti” mentre Trump e la sua visione del mondo dai “muri”.

L’attenzione di Papa Francesco per l’ecologia del futuro, per una globalizzazione dal volto umano che si accompagni alla diffusione dello spirito di solidarietà sul piano sociale e dall’ecumenismo su quello religioso rappresenta proprio quei valori negati dal sovranismo autarchico di Trump e dalla sua prospettiva meschina e limitata sui grandi temi della difesa dell’Ambiente e dello sviluppo compatibile. Anche sul piano della morale e del comportamento Trump, fautore dichiarato della pena di morte, machista ed esibizionista, si colloca dalla parte opposta di Francesco, con la sua austerità rispetto allo sfoggio di ricchezza ed umiltà di condotta.
Come è stato quindi possibile per un cattolico votare Trump, come è stato possibile essere incurante delle sue prese di posizioni oscurantiste, populiste, al limite del razzismo e senz’altro sessiste?

Intanto perché Trump si è presentato come l’uomo che impersona l’antipolitica (il fascino dei 5Stelle c’è anche in America), si è schierato senza mezze misure contro l’aborto, contro le coppie omosessuali, per il rilancio dell’educazione “cristiana” nella scuola, ma queste sue scelte sono una spiegazione importante ma parziale dell’adesione dei cattolici.

La scelta dei “pastori”.

I circa 240 vescovi ed arcivescovi americani sono anch’essi profondamente divisi al loro interno, ma con una netta maggioranza conservatrice e tradizionalista, più vicina a Trump che a Papa Francesco e con esponenti di spicco, come il cardinal Burke e monsignor Viganò, apertamente schierati.

Alcuni dati: alle elezioni da parte dei vescovi americani del loro presidente nel novembre 2016 venne scelto – con 113 voti su 206 elettori presenti – Daniel Di Nardo, esponente di punta dei tradizionalisti. Al secondo posto si era piazzato Gregory Aymond, arcivescovo di New Orleans, già noto per aver contestato aspramente, nel 2009, la consegna della laurea honoris causa dell’università cattolica di Notre Dame, nell’Indiana, al presidente Obama, favorevole al diritto all’aborto. In quella sede Obama aveva parlato, con la sua capacità di mediazione intelligente, di uno sforzo comune, governo, chiese e società civile, per ridurre il numero di aborti, per promuovere l’adozione dei neonati, per proteggere l’obiezione di coscienza per medici e infermieri.

Di Nardo è diventato una figura di rilievo internazionale come uno dei tredici firmatari di una lettera di contestazione, indirizzata a Papa Francesco e riguardante l’organizzazione e la gestione del Sinodo sulla Famiglia del 2015. Assieme a lui vi erano, tra i firmatari, il cardinale Gerard Muller, uno dei più decisi critici delle scelte di Francesco, in particolare sul tema di unioni civili per gli omosessuali, e Robert Sarah, il primo e unico cardinale africano, autore del libro “Dal profondo del nostro cuore”, concordato con Benedetto XVI e scritto per impedire o almeno ostacolare la scelta (poi non attuata da Francesco) dei “viri probati” in Amazzonia (vedi sul questo Blog “Basta menzogne!”). L’anno scorso Di Nardo è stato sostituito, dopo il suo triennio come presidente dei vescovi statunitense, da un altro tradizionalista di ferro, José Horacio Gomez, messicano, membro dell’Opus Dei, deciso integralista nella sua difesa della vita, della famiglia e della “libertà religiosa” declinate nella accezione di Trump.

I 35 anni del pontificato congiunto Woytjla-Ratzinger hanno consentito la promozione di un massiccio ricambio dei vescovi –tradizionalisti nella fede e reazionari in politica – i cui effetti dureranno a lungo. Alberto Melloni, nell’articolo di cui consigliamo la lettura, indica “gli errori fatti nei papati precedenti a quello di Francesco (gli inetti consacrati vescovi, gli irrisolti fatti preti, gli integristi elevati a vaccino contro la secolarizzazione) …” ma, più che errore, la selezione di questa congrega di vescovi pro Trump e anti Bergoglio è stata la logica conseguenza della corrispondente, arretrata e anacronistica scelta religiosa medievale attuata dai due pontefici precedenti.

La foto in evidenza è tratta da ilriformista.it
Le altre foto sono tratte, in ordine, da: vatinannews.va; mem-e.it; dagospia.com; vaticannews.va; huffingtonpost.it; civicaD2news.it; agi.it; ilgiornale.it

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