Il crocifisso tricolore

La Croce da simbolo religioso da adorare nella chiesa e nella propria intimità viene degradata a strumento di identità nazionale

Dopo gli ultimi attentati in Francia il Presidente Macron ha promosso una riflessione generale sulla necessità di rispettare – da parte di tutti i cittadini, indipendentemente dalle religioni di appartenenza – la legislazione in vigore, fondata sulla laicità della Repubblica, cioè l’autonomia dello Stato rispetto alle Religioni e una rinuncia di ogni posizione di privilegio per quest’ultime.
Questo tema deve essere ripreso, anche in Italia, alla luce di recenti sviluppi socio politici quali la crescita di un fondamentalismo cattolico tradizionalista – con le sue espressioni partitiche in Lega e Fratelli d’Italia –  e la presenza di comunità musulmane sempre più numerose e scarsamente acculturate.

L’Islam non ha ancora vissuto il suo Illuminismo” – ha detto il 3 novembre il vescovo Camisasca durante la trasmissione “Quarta Repubblica”, citando una frase di Benedetto XVI-  “perché il fondamento dell’Islam è un intreccio di fede e politica”.
Nella pratica sociale questo enorme limite del credo mussulmano è palesemente evidente nelle scelte degli stati integralisti islamici, che hanno adottato, come loro riferimento istituzionale e nella stesura dell’impianto legislativo, la legge del Corano e della loro Tradizione religiosa.

Proponiamo di allargare il quadro delle realtà integraliste a partire dall’uso/abuso dei simboli religiosi. La Chiesa di Roma, con Giovanni Paolo II (“Tante cose possono essere tolte a noi cristiani. Ma la croce come segno di salvezza non ce la faremo togliere. Non permetteremo che essa venga esclusa dalla vita pubblica!”) e con Benedetto XVI, ha anche essa proposto un cristianesimo intrecciato con la politica ed ha dimostrato ostilità aperta a quell’Illuminismo che invece consiglia oggi all’Islam. Gli esempi potrebbero essere numerosi. Qui ci limitiamo ad un fatto recentemente avvenuto nel nostro Paese, che ben rappresenta ciò a cui si riferiva Giovanni Paolo II.

Il 10 dicembre 2019 il Consiglio regionale piemontese aveva votato a favore dell’ordine del giorno – presentato da Lega Nord, Forza Italia, Fratelli d’Italia e Moderati – denominato «Difesa, rispetto e salvaguardia dell’importanza del Crocifisso», con l’impegno a «difendere e salvaguardare l’importanza storica, culturale e religiosa del crocifisso». 27 voti a favore e 8 contrari l’esito delle votazioni. Il 22 ottobre 2020 il crocifisso è infine arrivato nell’aula del Consiglio regionale del Piemonte. Una prima volta assoluta per palazzo Lascaris, rimasto immune da simboli religiosi anche nei tempi dei governi regionali democristiani. L’ala tradizionalista del clero e dei fedeli cattolici ha esultato quasi fosse una vittoria del messaggio di Gesù e non invece un suo deprezzamento. Riportiamo il commento da parte del periodico “Riforma”. Il giornale riferisce il comunicato del concistoro della Chiesa valdese di Torino:

«Come Chiesa Cristiana Riformata predichiamo Cristo crocifisso e risorto. La resurrezione del Cristo è la base della nostra fede e trasforma la passione e la morte del Cristo in un atto di redenzione e salvezza per l’umanità intera. Queste nostre convinzioni non ci impediscono di ritenere che le istituzioni di uno stato laico debbano mantenere una corretta distanza dalle scelte dottrinali dei cittadini…la nostra storica critica al ‘crocifisso di Stato’ è duplice come cittadini e italiani e riteniamo che violi il principio di laicità dello Stato e neghi la dimensione pluralista della società italiana. Il crocifisso non è, infatti, un simbolo ‘neutro’ e il suo utilizzo come strumento di identificazione nazionale, sociale o politica è stato spesso, purtroppo, foriero di divisione e conflitti”.

Nella scelta della Giunta, il Crocifisso è stato invece trasformato a simbolo nazionale, alla stregua del tricolore e dell’inno di Mameli. Le Chiese Evangeliche, dunque,si uniscono alle affermazioni dei tanti fratelli cattolici come Papa Francesco e Padre Bartolomeo Sorge, nella preoccupazione che la difesa dei simboli religiosi sia strumentale alle ragioni dei partiti politici e pertanto chiediamo che l’attenzione della politica sia rivolta verso l’attuazione del mandato costituzionale attraverso la promulgazione di una legge sulla libertà di culto e di pensiero tutt’ora mancante nel nostro ordinamento. Ricordiamo ai nostri rappresentanti nelle Istituzioni che la libertà di religione di migliaia di nostri concittadini aderenti a fedi non tutelate dalle Intese è ancora soggetta alle leggi di Polizia del Ventennio Fascista. Questo ci sembra l’argomento da mettere al più presto all’odg del Consiglio Regionale di una Regione in cui le espressioni religiose e non religiose sono varie e multiformi e costituiscono la ricchezza del nostro tessuto sociale e culturale».

Una buona lettura, per approfondire il tema, è la ricostruzione storica che ne fa Sergio Luzatto nel libretto  “Il crocifisso di Stato”, Einaudi. Utile è anche la lettura – proposta dalle Comunità Cristiane di base – del dibattito sul crocifisso che vide coinvolto don Milani e il senatore Gozzini, con le cui significative parole chiudiamo: 

Quel segno (la Croce ndr) per i credenti ha uno spessore di significato che si assottiglia fino a svanire nella presenza imposta dal potere statale. Una presenza (nelle sedi istituzionali ndr) giustificabile soltanto ricorrendo al “non possiamo non dirci cristiani” di Benedetto Croce: dove il Vangelo è ridotto a patrimonio storico, culturale e morale, esaurito nella sua spinta propulsiva verso il futuro, quindi negato nel suo senso profondo ed essenziale. (A ciò mi oppongo ndr) come cattolico: perché la tolleranza silenziosa di quasi tutti gli italiani nasce da una riduzione netta, e deformante, del senso e del valore contenuti in quel segno… Ma il nocciolo della questione è nel privilegio concesso a una parte religiosa rispetto ad altre parti. Tanto è vero che i reverendi padri sono costretti a prospettare il Crocifisso come simbolo generico della sofferenza e dell’ingiustizia umana e conseguente segno di condanna per gli ingiusti e i prepotenti, di consolazione e di speranza per gli innocenti oppressi. Donde “il grande valore educativo” anche per chi non crede… Ma per assumerlo come non problematico, da un lato bisogna mettere da una parte, o dimenticare, quella parte di storia che ha visto il Crocifisso contraffatto, per il tradimento dei cristiani, in “arma” di dominio e di ingiustizia; dall’altro, bisogna sottoporre a una totale secolarizzazione, o laicizzazione, il Cristo sulla croce, mettendo da parte, annullando, il Cristo risorto. Senza il quale, peraltro, ammoniva San Pietro, ‘la vostra fede è vana’ “.

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