Costruire ponti

Gentile onorevole Giorgia Meloni, 

noi non condividiamo il programma del Suo partito, la Sua visione di Europa e gli alleati che Lei frequenta, non ultimo quel Donald Trump che continua a lavorare per portare il popolo americano al di là di un dibattito non violento. Eppure, l’idea, che ci convince, di “costruire ponti, non muri” ci induce a confrontarci anche con coloro che assumono posizioni lontane, fino alla contrapposizione con le nostre. E tanto più riteniamo utile il confronto quando ciò serve ad evidenziare aspetti sottintesi che il calore dello scontro politico spesso nasconde. Quindi ci interessa approfondire alcune affermazioni che Lei ripetutamente ha fatto, ma, secondo noi, senza il necessario chiarimento che andasse oltre l’appello emotivo.

Crediamo che, per qualche tempo ancora, ascolteremo, qui in Italia, lo slogan che il suo modello di destra, Trump, ha tanto spesso agitato nei comizi americani, “Dio, Patria, Famiglia”. Ci pare opportuno chiarire meglio quanto queste tre parole possano essere un momento di divisione oppure di incontro tra i cittadini italiani. La prima, “Dio”, per noi resta un fatto privato, da evitare assolutamente nel dibattito della politica: gli italiani dovrebbero essere uniti nel trattare questo nome, sacro per molti di loro, con rispetto, e non “nominarlo invano”.

Riprendiamo i concetti espressi dal cardinal Zuppi, presidente della Cei, nell’intervista a “L’Osservatore Romano” (vedi articolo nel blog): le religioni oggi, per la loro capacità di smuovere grandi passioni, sono un pericoloso strumento di divisione che il cristiano deve evitare di agitare (la croce come arma con cui far “crociate” e spaccare teste), sostituendo la strumentalizzazione religiosa da parte della politica con il messaggio di accoglienza ed ascolto di “Fratelli Tutti”.

Lei, onorevole Meloni, continua, in numerose occasioni, a ricordare il pericolo del fondamentalismo islamico, che anche per noi rappresenta un serio e gravissimo problema, ma non menziona mai un altrettanto micidiale fondamentalismo, quello cristiano, il quale intende conformare le leggi dello Stato al Decalogo Mosaico da esso interpretato. Eppure, esiste un uso della fede cristiana irrazionale e violento, esso è pericoloso come quello dei talebani, ed arriva fino al razzismo dichiarato, in nome anche del Cristianesimo, da parte dei Suprematisti Bianchi.

Lei ha parlato della laicità come una sua bandiera e noi siamo d’accordo perché laicità significa innanzitutto equidistanza, da parte dello Stato e delle sue istituzioni, nei confronti di ogni forma religiosa. Per essere conseguenti bisogna smettere quindi di usare il nome di “Dio”, tranne che nei luoghi di culto e nel privato, bisogna evitare di agitare rosari e santini nei comizi, e invece  confrontarsi con gli argomenti  di ogni cittadino, prescindendo dalla fede di appartenenza; non è necessario negare i principi etici personali, ma esprimerli con il linguaggio della ragione, non nasconderli dietro la Teologia e dietro un Dio che ne è garante.

Il secondo termine, “Patria”, è stato fatto proprio molto più da coloro che non L’hanno votata, onorevole Meloni, che non dai suoi alleati della Lega. Vogliamo ricordare che il tricolore, in Italia negli ultimi anni e nel centocinquantesimo Anniversario dell’Unità, è stato sventolato da moltissimi suoi oppositori, ma da nessun leghista? Amiamo la nostra terra, la cultura che ha espresso, l’arte, la cucina, la lingua nazionale e i dialetti, amiamo queste radici che intendiamo conservare nella “famiglia allargata” dell’Europa, di cui ci sentiamo parte. Assieme a ciò, oramai, il nostro orizzonte tiene conto del pianeta Terra, nostra grande “patria”, della quale salvare letteralmente “le radici” sta diventando sempre più urgente.

In questo senso anche noi siamo conservatori, eccome, per noi conservare quanto è possibile il patrimonio artistico e naturale che ereditiamo dalle generazioni precedenti è un dovere fondamentale. Un uomo saggio sosteneva però che bisogna assolutamente custodire le braci, ma la cenere deve essere spazzata via: della nostra storia non intendiamo ripristinare le divisioni cittadine, le lotte fratricide, che hanno per secoli separato gli italiani con campanilismi assurdi, e la diffidenza che giungeva fino alla avversione nei confronti degli abitanti delle regioni del Sud: fanno parte di un passato che non intendiamo mantenere in vita. E, infine, usi e costumi di un’epoca patriarcale non ci appartengono, ma con ciò passiamo al terzo vocabolo.

Famiglia”: quale, onorevole Meloni? Quella “naturale”, in cui ci sia un padre maschio e una madre femmina, potrebbe sostenere Lei. Ancora fino agli anni Cinquanta del secolo scorso avevamo famiglie come questa: “Diciassette figli aveva fatto mio nonno, ed altri diciassette ne aveva fatti suo fratello…a tavola stavano seduti soltanto i maschi e a capotavola stava sempre mio nonno. A lui mia nonna porgeva il primo piatto e suo era il primo boccone. E subito a ruota sua i fratelli più grandi…e in fine anche i piccoli, mischiati maschi e femmine, e i lattanti per terra, a ginocchioni, a rincorrersi sotto i tavoli…Solo alla fine si sedevano le femmine, quando avevano finito i maschi e mio nonno si era acceso il sigaro…” (tratto da “Canale Mussolini” di A. Pennacchi). Questa è una famiglia apparentemente “naturale”, in cui non sono ancora comparsi i metodi contraccettivi, l’educazione alla paternità/maternità responsabile, il diritto di famiglia.

Se osserviamo la famiglia nella storia vedremmo che dietro l’unione di un maschio e di una femmina vi sono state tante possibili combinazioni e variabili, dalla poligamia alla poliandria al libertinaggio reciproco, alle famiglie con matrimoni tra fratelli/sorelle di madri diverse, ecc. Perché, onorevole Meloni, non possiamo riconoscere una pari dignità alle nuove famiglie del terzo Millennio? Perché lo dice la Bibbia? La stessa Bibbia che garantisce la poligamia di Abramo? Mentre cerchiamo di far dialogare persone di religione diversa, di usi e costumi differenti, nella nostra società – villaggio globale, così sarà necessaria la convivenza tra persone che esprimono il proprio amore per l’umanità con modalità dissimili. L’amore, quando è autenticamente rivolto al benessere dell’altro, si esprime in molte forme e l’amore omosessuale non toglie niente a chi lo pratica in forma eterosessuale, e viceversa.

Sviluppiamo un vero dialogo, senza paraventi religiosi o preconcetti ideologici, discutiamo come far potenziare il rispetto per ogni fede, come sviluppare la nostra patria, come fare crescere le nostre famiglie. Sarà senz’altro possibile trovare punti di intesa se almeno si riconosca che le società umane hanno conosciuto la fine delle guerre di religione con le “Libere Chiese in Liberi Stati”, hanno dovuto praticare forme di convivenza in continua evoluzione e cambiamento e che un modello definitivo e intoccabile di patria o di famiglia, rintracciabile nel nostro passato, è senza prove storiche e dimostrazioni razionali, è solo un atto di fede o di ideologia astratta.

L’immagine in evidenza è tratta da: ilfoglio.it

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