L’aborto, le donne e Francesco

Questa che segue è una importante e significativa voce che fa chiarezza sui limiti del discorso tradizionalista rispetto all’aborto. Si tratta del testo elaborato dall’Osservatorio Interreligioso sulle violenze contro le donne, fondato nel marzo 2019 da donne di diverse confessioni religiose, e dall’Associazione Donne per la Chiesa. La dichiarazione, uscita il 25 settembre di quest’anno in reazione alle affermazioni in merito all’aborto che Papa Francesco ha rilasciato durante il viaggio di ritorno dall’ Ungheria, puntualizza in maniera inequivocabile la duplice necessità di limitare sempre più la tragedia dell’aborto (anche con la pillola o gli anticoncezionali in genere) e la tutela rispettosa della donna, nei casi in cui esso si verifica. Nel testo si entra subito in argomento, senza preamboli inutili:

«Abbiamo letto le dichiarazioni di Papa Francesco durante il viaggio di ritorno da Bratislava e ci sentiamo chiamate come donne di fede a un pronunciamento pubblico. Nel suo discorso sull’aborto – definito come assassinio: «L’aborto è un omicidio […] è giusto affittare un sicario per risolvere un problema?» – la parola donne non è stata pronunciata e anche in occasioni analoghe egli non ha nominato le donne. Questa omissione rappresenta una reticenza densa di significati dal momento che non si può negare che proprio le “innominate” donne siano le destinatarie privilegiate di tale “allocuzione”, visto che sono loro che – ahimè – ricorrono all’interruzione volontaria di gravidanza.

Eccoci, dunque, a prendere parola pubblica sull’intervento del Papa, quella parola pubblica che non trova cittadinanza nei sinodi e concili di Santa Madre Chiesa, perché non possiamo ammettere che, su una materia così importante, la sovranità assoluta e il giudizio morale inappellabile spetti a chi – maschio – per millenni si è arrogato il potere di controllare gli ambiti della generatività e riproduzione, territori prettamente femminili. Il Papa ha dimostrato in tante materie di saper bene intrecciare argomentazioni basate su un metodo olistico (si pensi all’ecologia integrale dell’Enciclica Laudato si e all’insistenza sul discernimento caso per caso che emerge nell’Amoris Laetitia). Ma se il tema è l’aborto, le parole diventano pietre lanciate contro le donne ed è assente – colpevolmente assente – un ragionare complesso, che tenga conto dei molteplici fattori implicati e che ospiti il punto di vista dell’altra/o.

Perché tanta durezza di cuore? Perché qui il ragionamento si fa asfittico e monolitico? Perché non si tiene conto che l’embrione, da solo, non potrebbe esistere e si cancellano, si fa terra bruciata delle esigenze della donna e delle responsabilità dell’uomo? Eppure, l’embrione necessita dell’utero della madre per avere condizioni di crescita vitale e la madre non è riducibile a un contenitore. La donna è una vita, una persona. Perché annullarla o subordinarla, cosa che avviene quando si dice che “il feto è sacro” senza ricordare anche la sacralità di lei?

La complessità della materia dovrebbe tener conto del fatto che sono soprattutto le donne in condizione di povertà e/o dei paesi poveri le più costrette a ricorrere all’interruzione di gravidanza.  E che spesso ne muoiono o ne rimangono menomate. Come può la Chiesa non ricordare le difficoltà di accesso per le donne africane alla contraccezione orale – perché altri metodi contraccettivi sono loro impediti dai partner – anche a causa della contrarietà che incontrano nelle strutture sanitarie cattoliche, spesso le più raggiungibili nel loro contesto? E come non parlare del fatto che la sfera della sessualità tout-court è dominata dai desideri e dalle esigenze maschili? E che la Chiesa cattolica con i suoi insegnamenti sul “debito matrimoniale” è parte integrante di questo modello di prevaricazione sessuale del maschio sulla femmina? In quale sfida educativa si impegna la Chiesa cattolica per superare la cultura patriarcale, che dà una rappresentazione del desiderio maschile come di un impulso “giusto”, segno di “naturale e sana” virilità, trascurando le conseguenze a cui il comportamento maschile può portare, sia nei confronti del desiderio femminile, sia nei confronti di un’eventuale gravidanza?

E infine la questione principale: perché la Chiesa non si impegna esemplarmente in una sistematica analisi dei fenomeni connessi a una sessualità maschile predatoria? Femminicidi (solo negli ultimi dieci giorni le donne uccise sono state 8; 86 dall’inizio dell’anno, di cui 72 da mariti, compagni, etc.), stupri, turismo sessuale, pornografia, prostituzione, pubblicità offensiva… E da tali aspetti non è esente una parte del clero cattolico, come sappiamo. In conclusione, auspichiamo un approccio integrale quando si parla di aborto; un impegno attivo per promuovere un radicale cambiamento nella mentalità maschile e una promozione fattuale delle donne, del loro lavoro e della loro sicurezza personale; infine, non da ultimo, il veder riconosciuta e guardata con infinito rispetto la coscienza delle donne, anche quando scelgono o sono costrette ad interrompere la gravidanza.

Trasformare la vittima in accusata è un rovesciamento che si compie da millenni, ma che non fa onore al Papa, perché le sapienze in cui è racchiuso il deposito d’oro che è il divino non parlano questa lingua! Ognuna di noi, infatti, ha il proprio dialogo – un dialogo libero – con Dio o il divino che l’accompagna. Noi lo sappiamo e continuiamo ad annunciarlo».

La cecità dell’istituzione Chiesa non è dovuta a Francesco, il quale ne è soltanto espressione attuale. Si tratterà di procedere, direbbe Hans Kung, ad un “cambiamento di paradigma” sia teologico che organizzativo e non sarà sufficiente cambiare un papa. Bisognerà, da una parte, rivedere dottrine ancorate al periodo medioevale, in cui problemi e soluzioni erano ben lontani da quelli dei nostri giorni, e quindi di ripensare ai temi legati alla sessualità e alla famiglia, al celibato sacerdotale, al sacerdozio femminile (e non meno importante, al problema del fine vita, ignoto alle generazioni precedenti la contemporaneità). Dall’altra parte occorrerà ridiscutere una struttura gerarchica ancora oggi, almeno sulla carta, maggiormente fondata sulla autorità infallibile (non da parte di Francesco, certo) che sulla pastoralità, per consentire una apertura più grande al confronto interno alla Chiesa ed un ecumenismo più concreto e sincero.  

L’immagine in evidenza è tratta da: donneperlachiesa.it
Le altre immagini sono tratte, nell’ordine, da: cdbitalia.it

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