LA STRATEGIA DI MACRON
Contrastare il terrorismo evitando la trappola dell’amalgama

La Francia è stata oggetto, recentemente, di una ondata di attentati del terrorismo islamico e il presidente francese Macron è stato oggetto di duri attacchi da parte dei leader politici di alcuni importanti paesi musulmani per le sue prese di posizione in difesa della laicità dello stato.

La reazione di Macron

Non rinunceremo alle caricature su Maometto” ha detto Macron nel suo discorso durante l’omaggio solenne della Francia all’insegnate Samuel Paty ucciso e decapitato da un 18enne rifugiato ceceno  perché aveva mostrato in classe alcune vignette del giornale satirico Charlie Hebdo. Ed ha promesso un’azione dura, “senza precedenti”, contro quelle associazioni islamiche e moschee che diffondono l’ideologia alla base delle azioni terroristiche.

L’attacco di Erdogan

Il leader turco Erdogan ha colto questa occasione per ergersi ancora una volta a difensore dell’Islam e, tralasciando qualsiasi riferimento al barbaro omicidio, ha lanciato accuse e insulti nei riguardi di Macron arrivando a dire che “in Europa è in corso una campagna di linciaggio contro i musulmani simile a quella condotta contro gli ebrei europei prima della seconda guerra mondiale” e addirittura ha lanciato un appello per boicottare i prodotti francesi.

È vero che alcuni Paesi musulmani (come il Pakistan e il Marocco) hanno accolto l’appello di Erdogan, ma è anche vero che il presidente del Consiglio francese del culto musulmano, Mohammed Moussaoui, ha risposto a Erdogan negandogli il diritto di parlare a nome dei musulmani francesi e affermando che “la Francia è un grande Paese e i cittadini musulmani non sono perseguitati”.

Tra le ragioni dello scontro

Il dissidio tra la Turchia e la Francia non nasce oggi e risale a questioni di politica internazionale di tutt’altra natura: per Erdogan la Francia è un avversario strategico perché nel Mediterraneo orientale, dove molti stati si contendono il controllo di enormi risorse energetiche, la Francia siè schierata con  la Grecia contro la Turchia.
Inoltre, come è noto, all’interno del mondo islamico sunnita Erdogan mira a rafforzare la propria posizione e un conflitto con un importante paese europeo  come la Francia può tornare utile allo scopo.

Terrorismo islamico e Francia laica

Entro una cornice fatta di complessi rapporti tra paesi di religione musulmana e tra questi e il resto del mondo si muove una miriade di gruppi terroristici (e anche di individui che isolatamente compiono azioni terroristiche) che nel loro insieme esprimono comunque una tendenza, nel modo di vivere la religione e la politica (presente nell’islam come in altre religioni), di tipo fondamentalista, radicale, che propone uno stretto legame tra precetti religiosi (specie quelli considerati più “tradizionali” ed “autentici”) e ordinamento della società.
Quando Macron  parla di terrorismo islamico si riferisce ad una realtà (fatta di individui e di gruppi) che trova motivazioni proprio nell’Islam fondamentalista. Si tratta di minoranze (con le quali purtroppo i paesi musulmani hanno spesso rapporti poco chiari) che operano anche in Francia, proprio sulla base di una visione della politica, della convivenza civile, che contrasta nettamente con la visione liberale della separazione tra stato e religione, tra politica e fede, per mettere quest’ultima in discussione. Cioè per mettere in discussione la laicità dello stato.

Dice Macron: “La laicità nella Repubblica francese è la libertà di credere o di non credere, è la possibilità di esercitare il proprio culto a partire dal momento in cui l’ordine pubblico è garantito. La laicità è la neutralità dello stato e in nessun caso è sinonimo di cancellazione delle religioni nello spazio pubblico. La laicità è il collante della Francia. Se la spiritualità appartiene alla sfera privata di ognuno di noi, la laicità invece riguarda tutti. E dunque, i repubblicani sinceri non devono mai cedere a quelli che, in nome della laicità, tentano di suscitare divisioni, scontri”.

Il separatismo islamista

Macron chiarisce: “Ciò che dobbiamo combattere è il separatismo islamista. È un progetto consapevole, teorizzato, politico-religioso, che si concretizza attraverso ripetute deviazioni dai valori della Repubblica, che si traduce spesso nella costituzione di una controsocietà e che si manifesta nell’abbandono della scuola e nello sviluppo di pratiche sportive e culturali comunitarie che sono il pretesto per l’insegnamento di principi non conformi alle leggi della Repubblica. È l’indottrinamento, attraverso il quale passa la negazione dei nostri principi, l’uguaglianza tra donne e uomini, la dignità umana.
Il problema è questa ideologia, che afferma che le sue leggi sono superiori a quelle della Repubblica. E l’ho detto a più riprese, non chiedo a nessuno dei nostri cittadini di credere o di non credere, di credere un po’ o moderatamente, non è compito della Repubblica. Ma chiedo a ogni cittadino, a prescindere dalla sua religione, di rispettare in modo assoluto tutte le leggi della Repubblica.
In questo islamismo radicale … c’è una volontà rivendicata, ostentata, un’organizzazione metodica per violare le leggi della Repubblica e creare un ordine parallelo, stabilire altri valori, sviluppare un’altra organizzazione della società, separatista in un primo momento, ma il cui obiettivo finale è assumere il controllo completo di essa. È ciò che porta progressivamente a rigettare la libertà d’espressione, la libertà di coscienza, la libertà di blasfemia
”.

La strategia di Macron

La posizione di Macron è chiara: sarà messa in piedi una strategia di contrasto al separatismo e alla radicalizzazione ma niente guerra di religione: “Abbiamo delle regole, e dobbiamo farle rispettare con rigore e giustezza. Ovunque, senza concessioni. Allo stesso modo non dobbiamo lasciarci trascinare nella trappola dell’amalgama tesa dai polemisti e dagli estremisti che consiste nella stigmatizzazione di tutti i musulmani”.

Il presidente francese è, da un lato, convinto del fatto che “la sfida è lottare contro la deriva di alcuni in nome della religione, vigilando affinché non siano colpiti coloro che vogliono credere nell’islam e sono cittadini a tutti gli effetti della Repubblica”,  e dall’altro, è consapevole di trovarsi “di fronte a una minaccia che ha impiegato decenni per costituirsi e che non potrà essere sconfitta in un giorno solo”. Perciò (sulla base di “un lavoro metodico condotto da tre anni a questa parte”)si è impegnato a presentare al Consiglio dei ministri, entro il 9 dicembre prossimo, un disegno di legge molto articolato “per rafforzare la laicitàe che ha l’ambizione di suscitare un “sussulto repubblicano” per “riconquistare tutto ciò che la Repubblica ha abbandonato e che ha condotto una parte dei nostri giovani o dei nostri concittadini a essere attratti da questo islam radicale”.

Un piano di intervento

Macron ha anticipato le linee generali del suo piano d’intervento nel discorso fatto in occasione dell’inizio del processo per la strage del 2015 a Charlie Hebdo [dal quel discorso sono state tratte tutte le citazioni di Macron presenti in questo testo].
Innanzitutto il Presidente riconosce alcune responsabilità dello stato.
È a questo che si riferisce quando parla di riconquista di tutto ciò che la Repubblica ha abbandonato:

Noi stessi abbiamo costruito il nostro separatismo. È quello dei nostri quartieri, è la ghettizzazione che la nostra Repubblica, inizialmente con le migliori intenzioni del mondo, ha lasciato che si formasse. Abbiamo portato avanti una politica, che talvolta abbiamo chiamato politica di popolamento, ma abbiamo costruito una concentrazione di miseria e di difficoltà … Abbiamo creato in questo modo dei quartieri dove la promessa della Repubblica non è stata mantenuta e dunque dei quartieri dove certi messaggi erano attrattivi, dove le forme più radicali erano fonti di speranza che fornivano e che forniscono, siamo lucidi, soluzioni per educare i bambini, insegnare la lingua d’origine, occuparsi degli anziani, fornire dei servizi, permettere di fare sport. In fondo, ciò che la Repubblica non ha più garantito … è stato assicurato da queste organizzazioni, portatrici di un islam radicale, che si sono sostituite a essa in maniera metodica”…. “A tutto questo, si aggiunge il fatto che siamo un Paese che ha un passato coloniale e ha traumatismi che non ha ancora risolto …”.

Nel piano di lotta contro la radicalizzazione, che coinvolgerà “l’insieme dei servizi dello stato con l’obiettivo di fornire una soluzione concreta a ogni problema constatato sul campo”,  un posto di rilievo sarà affidato alla scuola, che dovrà affrontare problemi  come l’esistenza di molti bambini totalmente fuori dal sistema scolastico e che ricevono un insegnamento a domicilio, l’esistenza di scuole illegali “spesso amministrate da estremisti religiosi e la conseguente esclusione di migliaia di bambini dall’educazione alla cittadinanza, alla cultura e ai valori della Repubblica”.
Un altro settore nel quale il piano di Macron si propone obiettivi molto ambiziosi riguarda la religione e l’esercizio del culto: “Non spetta naturalmente allo stato strutturare l’islam, ma dobbiamo permettere che accada, accompagnare questo processo”. Per questo Macron conta sulla collaborazione dei rappresentanti dell’Islam, con i quali ha dialogato molto e condivide alcune “constatazioni e proposte comuni: la necessità di liberare l’Islam in Francia dalle influenze straniere; porre fine al sistema degli imam distaccati; proteggere i responsabili delle moschee dalle acquisizioni di controllo ostili da parte degli estremisti; … l’ambizione di formare e promuovere in Francia una generazione di imam e intellettuali che difendono un islam pienamente compatibile con i valori della Repubblica”.

I critici del piano di Macron

La direzione presa da Macron può lasciare alcuni (forse anche molti) insoddisfatti. Perché vi trovano elementi di eccessivo moderatismo o perché, al contrario, vi vedono una altrettanto eccessiva durezza.

Nella prima categoria di critici si trovano certamente quelli che sostengono che i terroristi esprimono i sentimenti della comunità islamica in generale, quindi una guerra di religione è già in corso, si tratta di riconoscerlo e parteciparvi cercando di vincerla. In prima battuta, viene da dire: Erdogan non aspetta altro. Tra quelli che giudicano blanda e inefficace la risposta di Macron c’è anche il giornalista Giuliano Ferrara che su Il Foglio del 30 ottobre scorso ha scritto: ”L’idea che la risposta a una guerra carica di cultura, di risentimento e fede aspramente mescolati, si possa condurre nel segno della legge, e dunque nel rispetto dei criteri di valore che difendono la nostra libertà e al tempo stesso la indicano come una libertà senza spada, è pura vanità. Resta solo la forza”.
Tutti coloro che esprimono giudizi di questo tipo, probabilmente considerano di poco conto il fatto che la comunità islamica francese, attraverso i suoi rappresentanti ufficiali, non solo ha condannato gli atti terroristici e gli attacchi di Erdogan al Presidente francese, ma ha anche deciso di collaborare al programma di Macron volto a combattere il separatismo.
Il grosso della prima categoria è certamente costituito dai tradizionalisti cristiani, che quanto a negazione della laicità dello stato non hanno nulla da invidiare all’Islam radicale. E non hanno molto da invidiare all’islam radicale neanche in tema di uso della violenza. Insomma i fondamentalismi, quello islamico e quello cristiano, si somigliano molto: negano entrambi società e costumi pluralisti, praticano la violenza estrema per imporre la propria visione (vedi i casi della Svezia e della Nuova Zelanda con gli assassini cristiani), puntano alla creazione di uno stato integralista/religioso che elimini una serie di libertà (a seconda delle idiosincrasie personali possono arrivare all’imposizione del burka).

Nella seconda categoria di critici vi è in primo luogo il leader islamico che di più, in questo momento, soffia sul fuoco: il presidente turco Erdogan, per i motivi che abbiamo già esposto ed anche perché si rende conto che le misure decise da Macron potrebbero vanificare tutto il lavoro da lui svolto negli ultimi anni per favorire la costruzione del separatismo di cui parla il presidente francese (la maggior parte degli Imam radicali sono stati inviati in Francia dalla Turchia).
Erdogan è certo riuscito a portare su una posizione di critica all’operato di Macron un buon numero di leader dei Paesi islamici. Le piazze di questi Paesi si sono riempite di gente che bruciava l’effigie del presidente francese. Il caso più estremo è rappresentato dall’ex presidente della Malaysia, Mahathir Mohamad, che ha scritto su twitter “i musulmani hanno diritto di uccidere milioni di francesi per colpa del passato coloniale”.
Ma è presto per dire quanti siano i Paesi islamici realmente disposti a seguire Erdogan nella sua posizione attuale improntata al radicalismo. E poi, quello islamico va visto come un mondo in movimento. È di buon auspicio, in tal senso, quanto sta accadendo in Sudan: Paese musulmano che ha deciso qualche giorno fa di riconoscere lo stato di Israele e sta procedendo alla cancellazione dalla propria legislazione, dal diritto positivo, del le norme derivanti dalla sharia.
Comunque, la risentita reazione di una parte del mondo islamico alle affermazioni di Macron dovrebbe far riflettere quanti hanno giudicato la sua linea troppo morbida.

In conclusione

Dopo tutto quello che è successo in Francia in qust’ultimo periodo (compresa la particolare efferatezza dei crimini commessi dai terroristi islamici), non era facile non lasciarsi trascinare nella “ trappola dell’amalgama”. Possiamo dire che per ora, con una linea improntata alla fermezza e insieme al buon senso, sfuggendo ai richiami e alle insidie di polemisti ed estremisti, Macron vi è riuscito.

La foto in evidenza è tratta dait.businessinsider.com

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