ELEZIONI POLITICHE 2022
Ma sa di cosa parla? /1

Per rassicurare gli ambienti internazionali occidentali, la leader di Fdi Giorgia Meloni ha cercato in tutti i modi di mascherare il suo tradizionale putinismo: schierandosi ripetutamente dalla parte dell’Ucraina  ecc. Non siamo sicuri che la sua operazione sia realmente riuscita.
Una cosa invece che sicuramente non le riesce è quella di mascherare il suo altrettanto tradizionale antieuropeismo. Basta ascoltare qualcuno dei suoi comizi o dei suoi interventi televisivi per rendersene conto. La sua avversione per l’Europa è tale che a volte viene da chiedersi: ma lei sa di cosa parla?

Ad esempio durante il faccia a faccia con Letta sul canale tv del Corriere Della Sera, parlando dei rapporti con l’Europa, il suo mal celato antieuropeismo si è esibito in una affermazione di questo tipo:
si parla tanto del Pnrr e dei soldi che l’Europa ci da per aiutarci a fare le riforme. E guai a parlare di modifiche al PNRR, come se fosse una cosa sacra. Ma, lascia intendere la Meloni, è tutta retorica. In fondo l’Europa ci da ben poco. Dei circa 200 miliardi, la maggior parte,122 miliardi, sono dati in prestito e dovremo restituirli con interessi, senza neanche sapere quale sia il tasso di interesse: “Ancora oggi non sappiamo quanto pagheremo questi soldi”.  Altri 68 miliardi sono a fondo perduto in 7 anni ma, tiene a sottolineare, in questi 7 anni l’Italia verserà all’Europa per il Next Generation EU circa 36 miliardi. Quindi, conclude, dei 200 miliardi dei fondi europei i soldi che noi abbiamo del Pnrr sono solo 30 miliardi.

Incredibile ma ha proprio detto così, la leader di Fdi, (qui il video del faccia a faccia Letta – Meloni sul Pnrr) dando prova di non possedere una chiara idea della strategia economico-finanziaria che ha consentito all’Unione Europea di mettere in piedi un progetto da 750 miliardi (quello che viene chiamato Next Generation EU, al cui interno è stato formulato il Pnrr: Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) per dare la possibilità a molti Paesi dell’Unione di affrontare le proprie difficoltà economiche, resesi particolarmente complicate a causa della pandemia. Strategia che sta permettendo all’Italia di realizzare il più grande piano di investimenti e di ammodernamento del Paese dal dopoguerra ad oggi e che Meloni pensa di mettere in discussione, facendo intendere che siamo sostanzialmente vittime di un raggiro dell’Europa.

Infatti dopo aver negato la rilevanza economica del Pnrr passa al dunque ovvero a ribadire la sua idea che il Pnrr vada rivisto, rinegoziato. E fa l’esempio dei prezzi dei bandi, che vanno aggiornati altrimenti le gare andranno deserte e i soldi non arrivano. Ma non sono questi aggiornamenti di poco conto (del resto già previsti da chi ha steso il Piano) che interessano realmente alla Meloni. A lei interessa annullare del tutto il Piano di investimenti già formulato e già approvato dalla Commissione europea e in via di realizzazione. Probabilmente pensa di utilizzare i fondi per finalità diverse da quelle previste per il Pnrr. E fa un esempio. Dice: per fare l’approvvigionamento energetico, per trasformare l’Italia in un hub di approvvigionamento energetico dell’intera Europa.

Naturalmente è legittimo criticare qualsiasi cosa. Ed è ovviamente legittimo non condividere la politica economica dell’Unione Europea. Non è invece accettabile che un’aspirante premier dica fregnacce a ruota libera su temi cosi rilevanti per il futuro del proprio Paese.

A partire dal meccanismo di erogazione dei fondi del Pnrr.  Meloni sembra ignorare che i soldi del Pnrr, come tutti i fondi del NGeu, sono un debito che ha fatto la banca centrale europea sui mercati, col quale vengono finanziati i Pnrr nazionali.

Spieghiamo meglio:
I 750 miliardi che costituiscono il fondo del NGeu sono un debito dell’Europa e non dei singoli stati; sono la somma di vari prestiti contratti sui mercati dalla Bce. Questo è il motivo per cui quando Fdi ha chiesto al commissario europeo all’economia Gentiloni qual è il tasso di interesse il commissario ha detto che non è semplice dare una risposta, perché appunto non si tratta di un solo singolo prestito. Questo dato tecnico viene trasformato, nella retorica antieuropeista della Meloni, nell’affermazione: ancora oggi non sappiamo quanto ci costa questo debito.

In realtà sappiamo benissimo (e certamente Gentiloni lo avrà spiegato a Fdi) che il NGeu è frutto di un lavoro alquanto complesso condotto sui mercati internazionali che ha portato ad avere a disposizione una grossa quantità di denaro a tassi bassissimi, molto più bassi di quelli che avrebbero potuto ottenere i singoli stati se, appunto, si fossero presentati sui mercati singolarmente. È stato calcolato quanto risparmierà l’Italia per aver preso a prestito dall’Unione Europea i fondi messi a disposizione dal NGeu, rispetto a un prestito analogo ai tassi di mercato: 20,3 miliardi (ed è una sottostima). Questo naturalmente Meloni non lo dice, perché sarebbe come ammettere che l’Europa è un vantaggio, non una disgrazia come lei cerca di far credere. Un altro dato che nella sua retorica antieuropeista Meloni tralascia di considerare è che la restituzione dei fondi presi in prestito avverrà in tempi molto lunghi e a partire dal 2028. Inoltre quando, dal 2008 in avanti, l’Italia dovrà restituire i prestiti ottenuti sarà libera di decidere come pagarli, se riducendo le spese, aumentando le entrate o emettendo debito proprio.

La retorica meloniana, volta a sminuire la portata dell’impegno dell’Unione a sostegno degli stati membri,  non risparmia neppure la parte di finanziamenti del Pnrr che riceviamo a fondo perduto. Nel dibattito televisivo, come abbiamo detto, ha cercato di far credere che si tratta di poca cosa: sono 68 miliardi in teoria, in realtà sono solo 30.
Non è così, sono proprio 68 miliardi ed è una cifra molto consistente (equivale ad un paio di finanziarie), la copertura della quale è realizzata con i contributi che tutti gli stati membri (compresa l’Italia) versano nelle casse dell’Unione. E  in questo caso sfugge al ragionamento della Meloni il fatto che il contributo di 36 miliardi in 7 anni l’Italia lo avrebbe dovuto versare comunque, anche se non avesse attinto al Next Generation EU (circa 5 miliardi è il contributo che l’Italia versa regolarmente ogni anno nelle casse dell’Unione). In questo caso ciò che si può dire, invece, è che l’Italia riceverà molto più di quanto avrà versato.
Inoltre,  proprio a proposito del Next Generation EU, la Commissione europea è impegnata a trovare nuove fonti di finanziamento per il bilancio dell’Unione, diverse dalle attuali erogazioni dei singoli stati membri, e quindi sarà in grado di offrire condizioni ancora più vantaggiose.

Un’altra cosa che sfugge alla Meloni, quando poi avanza, in modo del tutto superficiale, l’idea che il Pnrr possa essere rivisto e profondamente modificato, è che il piano alla cui realizzazione ha lavorato e sta lavorando l’attuale governo è frutto di accordi con la Commissione europea che prevedono tempi e modi di procedere ben definiti al cui rispetto è condizionata l’erogazione dei fondi stessi. Metterlo in discussione richiederebbe avviare un nuovo lungo processo di negoziazione. E il rischio di far fallire il tutto non è da escludere, anche in considerazione del fatto che i Regolamenti europei prevedono eventuali cambiamenti solo in presenza di “condizioni impeditive”.

La realtà che a Giorgia Meloni non è ben chiara (o lo è ma non vuole riconoscerla) è che fuori dall’intervento deciso dalla Unione Europea, il nostro Paese non avrebbe potuto ottenere un prestito cosi ingente e così conveniente e, in una parte non piccola, addirittura a fondo perduto.

Il lavoro di attuazione del Pnrr avviato dal governo Draghi, con la competenza da tutti riconosciutagli, anche a livello internazionale, non deve essere interrotto. Soprattutto in assenza di una sia pur minima analisi che individui cosa non va in tale Piano. Nessuno dei programmi elettorali presentati dalle varie coalizioni e dai vari partiti contiene una tale analisi. Neppure il programma del Centrodestra e quello di Fdi.  

Mettere in campo, come fa Giorgia Meloni, l’idea di fare  dell’Italia un hub di approvvigionamento energetico dell’intera Europa, come se questa idea potesse rappresentare una alternativa al modo attuale di spendere i soldi del Pnrr, è solo fuorviante, è come parlare di altro. Perché il Pnrr ha voci e finalità specifiche che non c’entrano nulla con la costruzione di un hub di approvvigionamento energetico dell’intera Europa. Cosa, questa, interessante e probabilmente utile, di cui si parla da tempo e forse la crisi energetica che stiamo attraversando la renderà attuale. È una cosa che richiederà investimenti giganteschi e specifici accordi internazionali, che non sono ancora neppure avviati. Insomma è un’idea, di cui forse si parlerà molto nei prossimi anni, ma ora è solo un’idea. Mentre il Pnrr è un fatto, è un piano in fase di realizzazione, fondamentale per la ripresa economica e lo sviluppo sociale di molti paesi europei tra cui l’Italia. E bisogna che ne venga completata la realizzazione. Qualsiasi cosa ne pensi Giorgia Meloni. Lei è contraria e vorrebbe cancellarlo (perché è contraria a qualsiasi forte legame con l’Europa) ma non lo vuole dire in modo chiaro e tondo, perché in questo momento preferisce passare per europeista. Ma, ci sembra, la cosa le riesce male.

Al di là dello specifico atteggiamento della Meloni, a nostro avviso, la proposta presente nel programma del Centrodestra di rivedere il Pnrr si pone nell’ottica della più vecchia e insensata tendenza della politica italiana. Quella per cui ogni nuovo governo smonta quello che ha fatto il governo precedente. Non tanto perché ha una nuova e pregnante idea di Paese da portare avanti ma semplicemente per affermare nuovi equilibri di potere.

L’immagine in evidenza è tratta da: youtube.it

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