Cercare insieme

Mentre i tradizionalisti continuano ad attaccare papa Francesco per il suo ecumenismo e per l’apertura alle altre religioni, a Roma parte una straordinaria iniziativa. Come scrive Avvenire di venerdì 16 giugno:

 “La teologia può essere interconfessionale? Nella Facoltà teologica della Pontificia Università Lateranense ne sono talmente convinti da lanciare – a partire dall’anno accademico 2020-21– un percorso biennale di licenza (equivalente alla laurea magistrale) in ‘Teologia interconfessionale’, la cui programmazione è stata messa a punto da un comitato scientifico formato da rappresentanti delle diverse confessioni cristiane.”

L’articolo spiega come sarà organizzato il piano di studi, gli obiettivi, i criteri di iscrizione e partecipazione. In particolare “ciascun corso sarà tenuto da tre docenti, uno cattolico, uno evangelico e uno ortodosso. Fulvio Ferrario, decano della Facoltà teologica valdese, si occuperà di escatologia.

«È un’iniziativa nuova … I tradizionali dialoghi rimangono, ma parlare di teologia in prospettiva ecumenica significherà cercare insieme in un campo in cui, finora, non c’era un dialogo strutturato come questo, anche se le nostre convinzioni non sono conflittuali».

Ferrario ha poi concluso invitando ad allargare gli orizzonti e a non porre steccati soprattutto in una situazione come quella italiana.

Ciò significa uscire da schemi precostituiti e arrivare a un rapporto ‘spregiudicato’ con la teologia cattolica, per gli evangelici. Mentre per la Chiesa cattolica prendere atto che esiste una riflessione teologica esterna alla sua tradizione». In un’epoca di identità divisive, questa apertura di porte e finestre può diventare una bella testimonianza» unitaria”.

Papa Francesco ha dato la sua piena approvazione terminando il suo intervento lo scorso ottobre, all’interno dell’ateneo con la frase rivelatrice nella sua sinteticità “Andate avanti, con coraggio.”

A commento finale, proponiamo questo breve testo di Aldo Nove, scrittore e poeta, apparso sabato su Avvenire. Lo vorremmo dedicare a chi ancora crede ad un “dio cattolico” e a chi invece sa che “su ciò di cui non si può parlare, bisogna solo tacere”.

Fino a qualche decennio fa viveva, in una casa poverissima di Bombay, un omino piccolo piccolo, un venditore di sigarette, di carnagione scura e occhi di brace, che un giorno abbandonò la famiglia e tornando dopo qualche anno. Parlava pochissimo, si vestiva solo di bianco. Rispondeva solo alle domande. Nel giro di qualche mese, il mezzanino dove la gente andava sempre più a cercarlo era strapieno. E iniziarono a arrivare teologi e filosofi da tutto il mondo. Quel piccolo uomo, Sri Nisargadatta Maharaji, ascoltava nel corso degli anni le domande che gli ponevano religiosi indù, buddisti, cristiani, musulmani. Non sapendo altro che un dialetto indiano, aveva due traduttori: uno che traduceva dal suo dialetto all’hindi e poi dall’hindi all’inglese. Letteralmente analfabeta, a chi gli chiedeva di Cristo, rispondeva con commozione di Cristo, e a chi chiedeva di Buddha faceva lo stesso. E l’atteggiamento non cambiava con gli atei e tutti gli altri interlocutori. In realtà dava, alla fine, sempre la stessa risposta: «Tu sei quello». In te c’è una briciola del tuo Dio, che è assoluto, e che non ha nome ed è solo consapevolezza e amore. Non accettò mai nessuna offerta che non fosse frutta fresca. Morì poverissimo. Morì amato in tutto il mondo da ammiratori di ogni religione. O di nessuna.”

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