Ddl Zan e dintorni

In merito al decreto Zan, ci sono alcuni scenari che andrebbero distinti nettamente e trattati separatamente, prima di emettere un giudizio sulla bontà/correttezza del decreto stesso. Ci limitiamo qui ad indicarli brevemente.

Il primo scenario riguarda la diffusione del razzismo e delle altre ideologie vergognose di discriminazione della persona.

Una volta garantita la stigmatizzazione anche penale da parte dello Stato (cosa già possibile con le norme vigenti) insistere sul terreno legislativo, fonte inevitabile di divisione, era proprio necessario?

A nostro parere, sarebbe stato più opportuno concentrare le energie nel realizzare il massimo di unità sul terreno educativo e culturale per garantire una seria prevenzione di ogni offesa alla persona.
Pensiamo ad esempio alla diffusione della bestemmia, in particolare tra veneti e toscani: pensiamo che sia necessaria una sanzione ancora più seria per i trasgressori in modo che evitino questa evidente volgarità ed offesa alle altrui fedi?
Utilizzare la scorciatoia della legge ricorda i tentativi fatti dall’Urss per estirpare la religione e diffondere l’ateismo, con norme e punizioni dettagliate, ed una conclusione fallimentare.

Un secondo scenario riguarda le priorità della nostra assemblea legislativa.

 Non solo il nostro codice penale non era così sguarnito da giustificare una correzione coi temi del decreto, ma bisogna inoltre considerare che le scelte politiche responsabili devono tener presente anche i fattori di opportunità, legati alle situazioni storiche che si stanno vivendo, e la nostra epoca è caratterizzata da una contrapposizione, spesso senza possibilità di mediazioni, tra una destra con derive sovraniste ed una sinistra divisa e senza un programma vincente.

È allora il caso di rendere più debole l’attività di mediazione mettendo in difficoltà il mondo cattolico e papa Francesco, i quali sono stati fino ad oggi una componente essenziale per la costruzione di “ponti” europei?

 Il terzo scenario, il più specifico e strettamente religioso, riguarda l’attuale posizione della Chiesa Cattolica sul tema dell’omosessualità.

Il Catechismo Cattolico voluto da Ratzinger, al paragrafo 2358, recita: “Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali innate. Costoro non scelgono la loro condizione omosessuale; essa costituisce per la maggior parte di loro una prova. Perciò devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione…le persone omosessuali sono chiamate alla castità.”

Solo di passaggio facciamo notare, senza approfondire l’argomento, l’ipocrisia evidente di dover riconoscere l’omosessualità come elemento costitutivo della personalità, fisica e psicologica della persona, presente nella sua “natura” (secondo la terminologia ecclesiastica) e poi chiedere a questa persona la castità forzata, quasi che la sua “natura” (voluta anch’essa dal Dio creatore) fosse meno degna di quella eterosessuale. Rimandiamo all’articolo “La Chiesa cattolica e gli omosessuali” su questo Blog.
Vogliamo però qui sottolineare come si siano aperti non solo con questa norma del catechismo, ma soprattutto con le azioni di Francesco e i ripensamenti della teologia ultima, larghi spazi per una condivisione di obiettivi (Il cardinale Carlo Maria Martini, rispondendo a una domanda sulle coppie omosessuali in Conversazioni notturne su Gerusalemme ha dichiarato: “Non mi sarebbe mai venuto in mente di giudicare le coppie omosessuali. L’omosessualità condannata dalla Bibbia era motivata dalla prassi problematica dell’antichità, quando gli uomini avevano, accanto alla famiglia, amanti di sesso maschile, a volte anche ragazzi. Nel rapporto con l’omosessualità, tuttavia, nella chiesa dobbiamo rimproverarci di essere spesso stati insensibili”).

Sarebbe utopistico pensare di impedire ad un cattolico, prete o laico, di individuare e biasimare pubblicamente comportamenti sessuali (attenzione: comportamenti ma non le persone che li compiono), etero/ed omo, derivanti – a suo parere – dalla ricerca di un piacere  immaturo, disordinato, non meditato perché solo passionalmente infantile. 
IL decreto Zan non è purtroppo chiaro sufficientemente su questo punto (garantire la libertà di espressione) e rischia di rappresentare un passo indietro rispetto alla possibilità che si costituisca una grande maggioranza di forze (comprese quelle cattoliche) a sostegno proprio delle persone che si vuole tutelare.

Per favorire la riflessione su questi argomenti riportiamo anche la voce dei valdesi e delle chiese evangeliche italiane.
Per Luca Maria Negro, presidente Fcei, «il Ddl Zan non limita in alcun modo la possibilità della Chiesa cattolica o di altri soggetti di impartire liberamente il proprio insegnamento morale ma si limita a punire chi propaganda ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità. La norma, difatti, non limita né sanziona un insegnamento, un precetto o un’idea ma la propaganda o l’istigazione di un atto di discriminazione. Si tratta di una distinzione essenziale e per questo, con la massima fraternità ecumenica, ci permettiamo di invitare i vertici vaticani a considerare questa norma con uno spirito protettivo e amorevole nei confronti delle vittime di discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale o sulle disabilità».

«Per parte nostra sentiamo di dover esprimere il nostro pieno sostegno pastorale e umano a quanti, per il loro orientamento sessuale o per le loro disabilità, ogni giorno subiscono attacchi, derisioni e violenze. Auspichiamo che il Parlamento, nello spirito laico che deve orientarlo – conclude il presidente Negro – valuti con senso di responsabilità e discernimento il testo in discussione e deliberi con l’urgenza imposta dalla gravità del tema».

Il quarto scenario, quello più politico, riguarda i rapporti tra stato e chiesa. La Nota inoltrata dal Vaticano all’ambasciata d’Italia il 17 giugno dichiara che” alcuni contenuti” particolarmente dove si stabilisce la criminalizzazione delle condotte discriminatorie per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale “avrebbero l’effetto di incidere negativamente sulle libertà assicurate alla Chiesa cattolica e ai suoi fedeli dal vigente regime concordatario”.

La richiesta legittima di rispetto della libertà di espressione, prima ancora che dal Concordato con il Vaticano, è garantita dalla Costituzione. Draghi giustamente ha segnalato in parlamento che lo Stato italiano, “laico e non confessionale” si impegna a garantire il pluralismo e le diversità culturali e religiose.

A questo punto si riprenda il decreto Zan è si scriva questo impegno in maniera chiara, compreso il diritto di pubblicizzare i propri testi religiosi e le concezioni di famiglia (vedi la Bibbia e i diversi orientamenti religiosi sull’organizzazione famigliare, alcuni esclusivamente eterosessuali) come ognuno crede, pur di non incorrere in discriminazioni nei confronti di chi pensa diversamente.

L’immagine in evidenza è tratta da: corriere.it
Le altre immagini sono tratte, nell’ordine, da: tempostretto.it; repubblica.ir; documentazione.info; santrencescopatronoditalia.it

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