Anche attraverso il dialogo l’Europa può imparare a difendersi dal terrorismo
“Sono contento, perché in questi due viaggi negli Emirati Arabi Uniti e in Marocco ho potuto parlare di questa realtà che mi sta tanto a cuore, tanto, cioè la pace, l’unità, la fraternità. Con i fratelli e le sorelle musulmani abbiamo sigillato questa fraternità nel Documento di Abu Dhabi, e qui in Marocco con ciò che tutti abbiamo visto: una libertà, una fraternità, un’accoglienza; tutti fratelli con un rispetto tanto grande. E questo è un bel “fiore”, un bel fiore di convivenza che promette di dare frutti. Non dobbiamo mollare! È vero che ci saranno ancora difficoltà, ci saranno tante difficoltà perché purtroppo ci sono gruppi intransigenti. Anche questo vorrei ribadirlo chiaramente: in ogni religione c’è sempre un gruppo integralista che non vuole andare avanti e vive dei ricordi amari, delle lotte passate e cerca piuttosto la guerra e semina la paura. Noi abbiamo visto che è più bello seminare la speranza, seminare la speranza e camminare tenendosi per mano, sempre avanti. Abbiamo visto che nel dialogo con voi qui in Marocco ci vogliono dei ponti, e siamo addolorati quando vediamo le persone che preferiscono costruire dei muri. Perché siamo addolorati? Perché coloro che costruiscono i muri finiranno prigionieri dei muri che costruiscono. Invece quelli che costruiscono ponti andranno tanto avanti. Costruire ponti è per me una cosa che va quasi oltre l’umano, perché ci vuole uno sforzo molto grande… Il ponte è per la comunicazione umana. Questo è bellissimo e l’ho visto in Marocco. Invece i muri sono contro la comunicazione, sono per l’isolamento, e si diventa prigionieri di quei muri… Dunque, riassumendo: i frutti non si vedono ma si vedono tanti fiori che daranno dei frutti. Andiamo avanti così.”
Il 30 e 31 marzo papa Francesco ha visitato il Marocco, ha incontrato delegazioni popolari e i migranti nella sede della Caritas di Rabat; ha concordato con il sovrano Mohammed VI un comunicato su Gerusalemme, indicandola come città aperta alle tre religioni; ha visitato centri ed istituzioni religiose. Il commento al suo viaggio sta nelle sue stesse parole che abbiamo riportato all’inizio. Francesco evita le inutili discussioni sui rispettivi dogmi di fede del cristianesimo e dell’islamismo, non entra nel merito dell’eventuale supremazia della Chiesa Cattolica, meno che mai si permette di definire Maometto portatore di “cose cattive e ingiuste”. Questo è ciò che gli rimprovera la destra cattolica che ossessivamente ripete che l’Europa sta islamizzandosi, sta perdendo identità e valori, si sta corrompendo. Risponde Francesco dal Marocco “È vero che tanta gente di buona volontà, non solo cattolici, ma gente buona, di buona volontà è un po’ presa dalla paura, che è la “predica” usuale dei populismi: la paura. Si semina paura e poi si prendono delle decisioni. La paura è l’inizio delle dittature. Andiamo al secolo scorso, alla caduta della Repubblica di Weimar, questo lo ripeto spesso. La Germania aveva necessità di una via di uscita e, con promesse e paure, è andato avanti Hitler. Conosciamo il risultato. Impariamo dalla storia! Questa non è una novità: seminare paura è fare una raccolta di crudeltà…”
Il Papa vuole costruire assieme a noi un nuovo territorio del mondo in cui i fedeli di ogni fede, accanto agli stessi atei e agnostici possono marciare affiancati: è la terra della pace e della solidarietà, dove non esiste la bandiera di una unica fede, ma tutta l’umanità senza esclusioni può incontrarsi senza distintivi e ritrovarsi.
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