Viaggio in Iraq. Il messaggio di Francesco

Non solo per l’Iraq, ma per le orecchie dei popoli e dei politici di ogni angolo del mondo dovranno risuonare i messaggi di Francesco, la cui sintesi indica una cornice di valori di riferimento validi ed applicabili ad ogni azione sociale che voglia far progredire l’umanità.

Dio ci conceda di camminare insieme, come fratelli e sorelle, “nella forte convinzione che i veri insegnamenti delle religioni invitano a restare ancorati ai valori della pace, […] della reciproca conoscenza, della fratellanza umana e della convivenza comune

Il 33.mo viaggio apostolico di Francesco all’insegna del motto evangelico “Siete tutti fratelli “, era iniziato venerdì 5 per concludersi il lunedì 8 marzo. Resterà fondamentale il primo intervento di Francesco, il suo intervento iniziale che indica sia lo scopo del viaggio che il futuro a cui il Papa tende e che vuole indicarci. Ai 150 rappresentanti delle autorità irachene, società civile, e corpo diplomatico, nel salone del palazzo presidenziale di Baghdad, Francesco ha offerto parole pesantissime per gli obiettivi che propongono, rifacendosi ai grandi temi del Documento sulla fratellanza umana di Abu Dhabi e della più recente enciclica Fratelli tutti, per “costruire il futuro” dopo guerre e pandemia, “più su quanto ci unisce che su quanto ci divide”.

Solo se riusciamo a guardarci tra noi, con le nostre differenze, come membri della stessa famiglia umana, possiamo avviare un effettivo processo di ricostruzione e lasciare alle future generazioni un mondo migliore, più giusto e più umano. A questo riguardo, la diversità religiosa, culturale ed etnica, che ha caratterizzato la società irachena per millenni, è una preziosa risorsa a cui attingere, non un ostacolo da eliminare…La coesistenza fraterna ha bisogno del dialogo paziente e sincero, tutelato dalla giustizia e dal rispetto del diritto. Non è un compito facile: richiede fatica e impegno da parte di tutti per superare rivalità e contrapposizioni, e parlarsi a partire dall’identità più profonda che abbiamo, quella di figli dell’unico Dio e Creatore…In quanto responsabili politici e diplomatici, siete chiamati a promuovere questo spirito di solidarietà fraterna. E’ necessario contrastare la piaga della corruzione, gli abusi di potere e l’illegalità, ma non è sufficiente. Occorre nello stesso tempo edificare la giustizia, far crescere l’onestà, la trasparenza e rafforzare le istituzioni a ciò preposte.

Ci sembra assurdo e fazioso rimproverare Francesco di “irenismo” (la ricerca di una conciliazione con l’altrui pensiero svendendo i propri principi) come ha già fatto qualche commentatore. Si tratta spesso della nostalgia per il discorso di parte (cioè “fazioso”), come quello famoso di Benedetto XVI a Ratisbona: dare lezione all’altro e confermare i valori della propria parrocchia. Quel discorso e lo spirito che lo animava hanno portato allora ulteriori divisioni e incomprensioni tra cristiani e musulmani eppure, per i fanatici religiosi di entrambe le parti, restano l’unico modello di dialogo, cioè lo scontro. Francesco ha in mente e nel cuore un’altra tipologia di relazione con il diverso, a costo di mettere da parte, in questa fase, ciò che contraddistingue la religione che rappresenta.

Basta violenze, basta estremismi, fazioni, intolleranze! Si dia spazio a tutti i cittadini che vogliono costruire insieme questo paese, nel dialogo, nel confronto franco e sincero, costruttivo; a chi si impegna per la riconciliazione e, per il bene comune, è disposto a mettere da parte i propri interessi. In questi anni l’Iraq ha cercato di porre le basi per una società democratica…La religione, per sua natura, dev’essere al servizio della pace e della fratellanza. Il nome di Dio non può essere usato per giustificare atti di omicidio, di esilio, di terrorismo e di oppressione. Al contrario Dio, che ha creato gli esseri umani uguali nella dignità e nei diritti, ci chiama a diffondere amore, benevolenza, concordia.

Vogliamo chiudere con uno spunto illuminante del discorso di Francesco, nel cortile della Cattedrale siro-cattolica di “Nostra Signora della Salvezza”, nel quartiere Karrada di Baghdad. Francesco ha infatti rivolto il suo primo pensiero a chi ha perso la vita 10 anni fa quando un commando del sedicente Stato Islamico, composto da 5 uomini, ha fatto irruzione nella chiesa mentre si celebrava la Messa. A morire furono i due sacerdoti presenti in quel momento, e altre 46 persone.

“…La loro morte ci ricorda con forza che l’incitamento alla guerra, gli atteggiamenti di odio, la violenza e lo spargimento di sangue sono incompatibili con gli insegnamenti religiosi. E voglio ricordare tutte le vittime di violenze e persecuzioni, appartenenti a qualsiasi comunità religiosa.”

I “martiri” dell’ingiustizia e del sopruso non hanno patria, ma appartengono a tutti color che vogliono la pace, indipendentemente dalla fede praticata. Monito per chi, sotto colori e bandiere diverse ed opposte, utilizza i propri morti per fomentare la discordia.

L’immagine in evidenza è tratta da: vaticannews.va
Le altre immagini sono tratte, nell’ordine, da: m.famigliacristiana.it

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