“Questo Papa è tutto moralismo, ideologismo e pauperismo” ? /3

Un’ultima nota di commento all’articolo apparso su Il Foglio del 10 c.m., a firma di Giuliano Ferrara, sulla figura di Papa Francesco. In quel testo si legge:
Nessuna vena allegorica, Dio nasce a natale e risorge a pasqua e per il resto e subito Onu, ong, ideologismo anti mercato, pauperismo generico…ora il Papa ce l’ha col fantasma della finanza e della globalizzazione sferica, due leve per la riduzione netta della estrema povertà, strumenti in un mondo liberale…”

A dire il vero, Papa Francesco, per quanto riguarda “ideologismo anti mercato e pauperismo”, è in ottima compagnia, pur limitandoci all’ultimo mezzo secolo e utilizzando solo qualche estratto perché la produzione su questi temi è sterminata:

 Paolo VI  Lett. ap. Octogesima adveniens e Discorso in occasione del 25° anniversario della Fao (1970 e 71):

Attraverso uno sfruttamento sconsiderato della natura, l’uomo rischia di distruggerla e di essere a sua volta vittima di siffatta degradazione…vi è la possibilità sotto l’effetto di contraccolpi della civiltà industriale, di una vera catastrofe ecologica…vi è l’urgenza e la necessità di un mutamento radicale nella condotta dell’umanità, perché i progressi scientifici più straordinari, le prodezze tecniche più strabilianti, la crescita economica più prodigiosa, se non sono congiunte ad un autentico progresso sociale e morale, si rivolgono, in definitiva, contro l’uomo.”

Giovanni Paolo II, dall’Enciclica Centesimus Annus 1991:

 ”E’ necessario cambiare profondamente gli stili di vita, i modelli di produzione e di consumo, le strutture consolidate di potere che oggi reggono le società… troppi uomini vivono non nel benessere del mondo occidentale, ma nella miseria dei Paesi in via di sviluppo, e subiscono una condizione che è ancora quella del «giogo quasi servile», la Chiesa ha sentito e sente l’obbligo di denunciare tale realtàIl principio della subordinazione della proprietà privata alla destinazione universale dei beni e, perciò, il diritto universale al loro uso, è una “regola d’oro” del comportamento sociale, e il primo principio di tutto l’ordinamento etico-sociale».

Fermiamoci perché la produzione di “ideologia terzo mondista e pauperismo” di papa Woytila è vastissima.

Per Benedetto XVI è già sufficiente l’enciclica Caritas in veritate (2009):

 “Bisogna eliminare le cause strutturali delle disfunzioni dell’economia mondiale e correggere i modelli di crescita che sembrano incapaci di garantire il rispetto dell’ambiente… il degrado della natura è strettamente connesso alla cultura che modella la convivenza umana» e i due ragionamenti successivi: Il mercato da solo però non garantisce lo sviluppo umano integrale e l’inclusione sociale… abbiamo una sorta di super sviluppo dissipatore e consumistico che contrasta in modo inaccettabile con perduranti situazioni di miseria disumanizzante”.

E infine, in merito alla necessità di governare un mondo globalizzato:

Per il governo dell’economia mondiale; per risanare le economie colpite dalla crisi; per realizzare un opportuno disarmo integrale, la sicurezza alimentare e la pace; per garantire la salvaguardia dell’ambiente e per regolamentare i flussi migratori, urge la presenza di una vera Autorità politica mondiale… Affinché sorgano nuovi modelli di progresso abbiamo bisogno di cambiare il modello di sviluppo globale”.

Papa Francesco, nei suoi scritti e discorsi, prende atto positivamente della “globalizzazione” e del “mercato” come inevitabili e necessari processi mondiali, pur indicandone i limiti, che riassume nello slogan “globalizzazione sferica”, intesa come appiattimento delle differenze culturali e omologazione delle identità economiche e sociali. La critica di Francesco, quindi, in linea con quella dei suoi predecessori, è indirizzata a distorsioni e deformità provocate da scelte politiche, economiche e finanziarie basate esclusivamente su profitti e rendite immediati, senza progettazione sul lungo periodo, senza valutazione dell’impatto ambientale, senza l’occhio di riguardo nei confronti dei bisogni delle future generazioni.

Specifico di Francesco è l’approfondimento dell’idea della globalizzazione come interrelazione necessaria degli organismi viventi tra di loro e con la Natura, delineata dalla nuova scienza dell’ecologia umana ed ambientale; per definirla meglio papa Francesco ha consultato scienziati e specialisti ma ha dovuto anche tener conto del parere dei Vescovi, il cui pensiero è fondamentale per un papa che fin dall’inizio del suo pontificato ha rilanciato la collegialità e i Sinodi.

Nel corso degli ultimi anni papa Francesco ha ricevuto rapporti e relazioni estremamente preoccupanti sui temi dell’economia mondiale dai cinquemila vescovi sparsi per il mondo. Già soltanto per stendere l’enciclica “Laudato sii” Francesco ha dovuto utilizzare le comunicazioni provenienti dalla Conferenza dei Vescovi dell’Africa del Sud, la Commissione Episcopale di Pastorale Sociale dell’Argentina, la Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi (in particolare la V del 2007), la Conferenza dei Vescovi delle Filippine, la Conferenza Episcopale Boliviana, la Conferenza Episcopale Tedesca, la Conferenza dei Vescovi della Regine Patagonia-Comahue

(«Constatiamo che spesso le imprese che operano così sono multinazionali, che fanno qui quello che non è loro permesso nei Paesi sviluppati o del cosiddetto primo mondo. Generalmente, quando cessano le loro attività e si ritirano, lasciano grandi danni umani e ambientali, come la disoccupazione, villaggi senza vita, esaurimento di alcune riserve naturali, deforestazione, impoverimento dell’agricoltura e dell’allevamento locale, crateri, colline devastate, fiumi inquinati e qualche opera sociale che non si può più sostenere”),

la Conferenza dei Vescovi degli Stati Uniti, la Conferenza dei Vescovi del Canada, la Conferenza dei Vescovi del Giappone, la Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile, la Conferenza dell’Episcopato Dominicano, la Conferenza Episcopale Paraguayana, la Conferenza Episcopale della Nuova Zelanda

(“Che cosa significa il comandamento “non uccidere” quando un venti per cento della popolazione mondiale consuma risorse in misura tale da rubare alle nazioni povere e alle future generazioni ciò di cui hanno bisogno per sopravvivere”),

la Conferenza Episcopale Portoghese. Questo straordinariamente vasto e qualificato “osservatorio” di papa Francesco gli ha permesso di avere una visione in diretta, in tempo reale e in maniera approfondita del funzionamento dell’economia mondiale e, quindi, di poter scrivere – da Roma – parole caricate di una dimensione extranazionale e globale. Papa Francesco lo sottolinea quando rivolge queste considerazioni particolarmente appropriate a chi, adagiato sul benessere e sulle comodità dell’Occidente in cui risiede, parla degli altri popoli:

Vorrei osservare che spesso non si ha chiara consapevolezza dei problemi che colpiscono particolarmente gli esclusi. Essi sono la maggior parte del pianeta, miliardi di persone…Di fatto, al momento dell’attuazione concreta, rimangono frequentemente all’ultimo posto. Questo si deve in parte al fatto che tanti professionisti, opinionisti, mezzi di comunicazione e centri di potere sono ubicati lontani da loro, in aree urbane isolate, senza contatto diretto con i loro problemi.” E conclude: “Questa mancanza di contatto fisico e di incontro, a volte favorita dalla frammentazione delle nostre città, aiuta a cauterizzare la coscienza e a ignorare parte della realtà in analisi parziali.” da “Laudato sii” da cui anche le altre seguenti citazioni di Francesco.

Che cosa Francesco vuole ottenere, quale obiettivo si propone col richiedere il confronto sui temi dell’ecologia e sui limiti dei sistemi economico-sociali?

Intanto, ancora prima del cambiamento, la riflessione sul fatto che il paradigma tecnico scientifico su cui si fonda lo sviluppo attuale deve essere guidato da un’etica e da valori condivisi, superiori alla ricerca dell’efficienza e del profitto perché i problemi sociali e ambientali non si risolveranno con la crescita del mercato. Francesco non chiede il “comunismo” né l’abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione ma “una migliore distribuzione della ricchezza, una cura responsabile dell’ambiente e il rispetto dei diritti delle generazioni future”.

È l’invito all’umanità tutta, ai politici, agli scienziati, alla gente comune ed a quella potente, ad essere responsabili del proprio destino con la consapevolezza che il fine ultimo non può essere la crescita del Pil mondiale ma i nuovi valori dell’ecologia, della solidarietà, della pace. Questi valori devono guidare il “rimedio tecnico” e diventare

uno sguardo diverso, un pensiero, una politica, un programma educativo, uno stile di vita e una spiritualità che diano forma ad una resistenza di fronte all’avanzare del paradigma tecnocratico”. E quale sarà il ruolo della Chiesa? “Su molte questioni concrete la Chiesa non ha motivo di proporre una parola definitiva e capisce che deve ascoltare e promuovere il dibattito onesto fra gli scienziati, rispettando le diversità di opinione. Basta però guardare la realtà con sincerità per vedere che c’è un grande deterioramento della nostra casa comune.”

“Non ci sono frontiere e barriere politiche o sociali che ci permettano di isolarci, e per ciò stesso non c’è nemmeno spazio per la globalizzazione dell’indifferenzaNon ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale”.

La riflessione che Francesco ci propone non è astratto ideologismo perché osserva i problemi nella loro gravità e li presenta senza veli, disponibile a concordare le soluzioni; non è “pauperismo” perché il suo spirito di carità non gli impedisce di indicare rimedi difficili e cambiamenti impervi, ma reali gli uni e gli altri, praticabili da soggetti che si rendano conto della gravità della situazione. Tutto questo è contenuto nella enciclica “Laudato sii” dove vengono esemplificati e chiariti i passaggi intermedi di questa visione complessiva, la globalizzazione secondo papa Francesco.

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