La strage di Christchurch, l’altra faccia
La carica di odio che si è scatenata in Nuova Zelanda si è espressa in maniera concreta con i 50 morti nelle due moschee. In questo caso, accanto alle parole che l’assassino ha lasciato nel suo “manifesto”, restano le loro conseguenze con cinquanta vite innocenti, ognuna con il proprio destino stroncato. Le parole, espressione del pensiero dell’omicida, hanno in ogni caso preceduto il suo gesto. Vogliamo partire dalle parole perché se non siamo responsabili e consapevoli delle loro conseguenze il risultato può essere un evento terribile, una azione violenta magari non prevista. Su internet, in siti e blog di ogni genere circola da tempo una quantità spropositata di parole cariche di fanatismo e di intolleranza, dietro le quali appare una umanità che sembra aver chiuso la porta al ragionamento e al dialogo. Noi vorremmo periodicamente contrapporre a questo fiume di violenze verbali, di rancori esplosivi e di odio, anche esempi in cui l’umanità si rivela profondamente diversa e in grado di andare oltre. Nel settimanale dell’Osservatore Romano del 21 marzo nell’articolo di Zouhir Louassini, giornalista Rai ed editorialista, “Il terrorismo non vincerà mai”, riporta altre parole cariche di altro contenuto. Si tratta del messaggio di Farid Ahmad, che nell’attentato di Christchurch ha perso la moglie. Farid Ahmad rivolgendosi all’assassino di suo moglie ha detto: “Gli direi che lo amo come persona, gli direi che ha un grande potenziale per poter essere una persona buona, generosa, capace di salvare le persone piuttosto che distruggerle.” Certe parole quando vengono pronunciate ed ascoltate ci inquinano il corpo, altre hanno la capacità di risanare.
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