La minaccia della sinistra illiberale /1

DAI MEDIA: THE ECONOMIST LINKIESTA IL FOGLIO CORRIERE DELLA SERA

Il settimanale inglese The Economist, nell’edizione del 4 Settembre 2021,  ha pubblicato un articolo che il direttore del quotidiano online Linkiesta, Christian Rocca, ha definito “straordinario”, perché “mette in guardia il mondo occidentale dalla minaccia costituita dalla politica identitaria, altrettanto grave quanto quella dei Salvini, dei Trump e dei Putin” e aiuta a capire che “è arrivato davvero il momento per i liberali di destra di smetterla di giocare col fuoco nazional populista e per i progressisti di sinistra di cominciare a domare l’incendio appiccato dai compagni illiberali”.
Ma andiamo con ordine.


Cosa dice precisamente The Economist?

Il liberalismo classico è sotto attacco
Il liberalismo classico crede che il progresso umano sia determinato dal dibattito e dalle riforme. Il modo migliore per navigare in un cambiamento dirompente in un mondo diviso è attraverso un impegno universale per la dignità individuale, mercati aperti e governo limitato”.
Eppure “i populisti di destra e di sinistra si infuriano contro il liberalismo per il suo presunto elitarismo e i suoi presunti privilegi”.
“Negli ultimi 250 anni il liberalismo classico ha contribuito a realizzare progressi senza precedenti. Non svanirà in uno sbuffo di fumo. Ma sta subendo una dura prova, proprio come un secolo fa, quando i cancri del bolscevismo e del fascismo cominciarono a divorare dall’interno l’Europa liberale. 

La battaglia infuria soprattutto negli Stati Uniti d’America
“La minaccia più pericolosa nella patria spirituale del liberalismo viene dalla destra trumpiana. I populisti denigrano gli edifici liberali come la scienza e lo stato di diritto come facciate per un complotto dello stato profondo contro il popolo”
.
C’è anche un attacco da sinistra, più difficile da afferrare e include quella che l’Economist chiama “sinistra illiberale”, ovvero “un nuovo stile di politica recentemente diffuso dai dipartimenti universitari d’élite” per opera di giovani laureati che hanno trovato lavoro nei media, nella politica, negli affari e nell’istruzione portando con sé “l’orrore di sentirsi insicuri e un’agenda ossessionata da una visione liberal ristretta” volta ad “ottenere giustizia per i gruppi di identità oppressi”. Ma hanno anche portato con sé “tattiche per imporre la purezza ideologica, eliminando le piattaforme dei loro nemici e cancellando gli alleati che hanno trasgredito”. (il fenomeno è stato attentamente analizzato dallo storico Mark Lilla, in un saggio dal titolo “L’identità non è di sinistra”. Una presentazione del saggio è su questo blog).


Cosa accomuna e cosa distingue la sinistra illiberale dai liberali classici?
“ Superficialmente, la sinistra illiberale e i liberali classici come The Economist vogliono molte delle stesse cose. Entrambi credono che le persone dovrebbero essere in grado di prosperare qualunque sia la loro sessualità o razza. Condividono il sospetto di autorità e interessi radicati. Credono nella desiderabilità del cambiamento.
Tuttavia, i liberali classici e i progressisti illiberali difficilmente potrebbero essere più in disaccordo su come realizzare queste cose. 
Per i liberali classici, la direzione precisa del progresso è inconoscibile. Deve essere spontaneo e dal basso verso l’alto, e dipende dalla separazione dei poteri, in modo che nessuno e nessun gruppo sia in grado di esercitare un controllo duraturo. Al contrario, la sinistra illiberale mette il proprio potere al centro delle cose, perché è certa che il vero progresso sia possibile solo dopo aver prima provveduto allo smantellamento delle gerarchie razziali, sessuali e di altro tipo”.


Una differenza di metodo che ha profonde implicazioni: 
I liberali classici credono nella creazione di condizioni iniziali eque e nel lasciare che gli eventi si svolgano attraverso la concorrenza, ad esempio eliminando i monopoli aziendali, aprendo le corporazioni, riformando radicalmente la tassazione e rendendo l’istruzione accessibile con i voucher. I progressisti vedono il laissez-faire come un pretesto che potenti interessi acquisiti usano per preservare lo status quo. Invece, credono nell’imporre ‘equità’, i risultati che ritengono giusti. I liberali classici usano il dibattito per stabilire priorità e compromessi in una società pluralista e poi usano le elezioni per stabilire una rotta. La sinistra illiberale crede che il mercato delle idee sia truccato come tutti gli altri. Ciò che si maschera da prova e argomento, dicono, è in realtà un’altra affermazione di potere grezzo da parte delle élite. Ciò porta a limitare loro la libertà di parola, al boicottaggio e alla cancellazione (delle idee dei propri avversari). Mentre il principio liberale è “risolvere i problemi della società senza che nessuno ricorra alla coercizione”.

L’immagine in evidenza è tratta da firstonline.it
Le altre immagini sono tratte, nell’ordine, da: linkiesta.it; economist.com; repubblica.it

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