IL GOVERNO E IL PRINCIPIO DI REALTÀ /2
I soldi alla Guardia costiera libica

In un articolo apparso sul Corriere Della Sera del 9 luglio, Paolo Mieli, stigmatizzando il modo in cui l’attuale governo gestisce la cosa pubblica, ha parlato di “principio di realtà rifiutato”, precisando che a suo modo di vedere “non esiste ormai più un solo punto su cui qualcuno nella maggioranza si attenga al principio di realtà”.

Un esempio è il caso del finanziamento della  Guardia costiera libica, che qui raccontiamo sulla base di quanto è stato scritto sul quotidiano online LINKIESTA e sul giornale LA STAMPA di Torino:

Il 16 luglio il Parlamento ha approvato in via definitiva il rifinanziamento (quarta volta) della missione italiana in Libia, che include fondi per la Guardia costiera di quel Paese. L’approvazione ha registrato il voto favorevole dell’opposizione di centrodestra  ma anche alcuni voti contrari di esponenti della stessa maggioranza, mentre Italia Viva ha abbandonato l’aula.

Tutti sono a conoscenza (anche il governo italiano) delle atrocità di cui si è finora macchiata la Guardia costiera libica e del fatto che i campi libici sono in realtà dei lager, anche se di quanto accade, come ha detto Papa Francesco, a noi arriva solo una versione “distillata”.

Annunciando il suo voto contrario, il deputato dem Matteo Orfini ha detto: “Qualche anno fa avremmo potuto fare finta di non sapere. Oggi no, oggi sappiamo che dire Guardia costiera libica vuol dire traffico di esseri umani, stupri, torture, omicidi. Finanziarla vuol dire finanziare chi uccide, chi stupra, chi tortura”.

Durante un flash mob che si è tenuto a  Roma il 27 luglio, per chiedere al governo italiano di interrompere i finanziamenti alla Guardia costiera libica, il senatore Luigi Manconi ha dichiarato: “La Guardia costiera libica è un corpo paramilitare e paracriminale che fa parte della complessiva organizzazione di trafficanti di esseri umani che gestiscono i flussi di migranti nel Mediterraneo”.

Ma il governo non ha voluto tenere conto di questo dato di realtà.

Non solo si fa finta di ignorare la drammatica realtà dei campi libici. Il governo Conte due sembra abbia messo nel dimenticatoio anche tutti gli obiettivi che tanto aveva sbandierato un anno fa quando si è insediato: accogliere i migranti che sbarcano sulle nostre coste e, grazie ad accordi stipulati a livello europeo, smistarli nei vari Paesi dell’Unione. Nonché superare(cancellandoli o modificandoli) i decreti sicurezza voluti da Salvini. Invece quello che ha fatto il governo Conte 1 (M5s-Lega) in materia di immigrazione sembra si stia ripetendo anche ora con il governo Conte due (M5s-Pd). Ad esempio, quando le imbarcazioni dei soccorritori giungono nei pressi delle nostre coste, restano tuttora al largo per una decina di giorni tra l’indifferenza delle autorità competenti. E si ripete anche – racconta su La Stampa  del 26 luglio Giorgia Linardi, portavoce della Dea-Watch –  il teatrino dei rimpalli tra Italia e Malta su chi dovrebbe soccorrere le persone che si trovano in area di competenza maltese ma di fatto fisicamente più vicine a Lampedusa, e quindi all’Italia, come primo approdo vicino più sicuro. Questo è contro la convenzione di Amburgo sul soccorso in mare, che prevede che gli stati cooperino al fine di ottimizzare i soccorsi.“In alcuni casi –dice ancora Giorgia Linardi- le persone riescono ad avanzare fino ad arrivare entro le acque italiane, dove vengono recuperate dalle autorità, riuscendo a passare attraverso le maglie del pettine che le vorrebbe tutte rastrellate e (facendo intervenire le autorità libiche) riportate indietro, in Libia, attraverso un’operazione di respingimento, un crimine internazionale che consiste nel rimandare persone in fuga in un luogo dove la loro vita è a rischio, ma ‘per procura’, ovvero fatto fare ad altri, in questo caso i libici stessi, in modo che le nostre mani restino pulite”.

Linkiesta (nell’edizione del 9 luglio) mette anche in risalto il fatto che nel mese di febbraio l’Assemblea nazionale del Pd aveva votato all’unanimità un ordine del giorno che impegnava il partito a fare l’esatto contrario di ciò che poi ha fatto: riscrivere i termini dell’accordo Italia-Libia, svuotare i lager e troncare i rapporti con la cosiddetta Guardia costiera.

Come è stato possibile questo capovolgimento di posizioni? 
All’indomani del voto parlamentare, su Linkiesta del 16 luglio, il giornalista Pietro Mecarozzi rivolge il quesito all’onorevole Orfini, in questi termini: si tratta semplicemente  del fatto che il Pd è diventato un partito ombra del suo alleato di maggioranza o,  forse, è il segno di un cambio irrimediabile dei valori interni di questo partito?
Risposta di Orfini: “Lo schiacciamento (del Pd sul M5s) non c’entra, ieri c’è stata la totale sottovalutazione di una questione enorme. Si è assistito alla rottura con la tradizione riformista della sinistra italiana. Per intenderci: noi siamo quelli che negli anni Novanta hanno addirittura ipotizzato che di fronte alla violazione dei diritti umani si può concepire l’intervento militare. Gli stessi dell’ingerenza umanitaria.  … Ieri rompendo completamente con quella tradizione di politica estera del nostro Paese decidiamo non solo che i diritti umani non sono più al centro del nostro programma politico, ma decidiamo che si può perfino sostenere e finanziare chi non sottoscrive la convenzione di Ginevra affinché faccia il lavoro sporco per noi. Ovvero, i respingimenti illegali di migranti”.

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