Ecclesia sempre reformanda

Le conclusioni della ricerca – voluta da papa Bergoglio – sul rapporto tra la Chiesa e la Dittatura militare nell’Argentina degli anni 80

Con un articolo apparso il 16 giugno scorso, il quotidiano “Avvenire” ha commentato l’opera in tre volumi “La verità vi farà liberi”, riguardante l’atteggiamento dei vescovi argentini tra il 1976 e il 1983, anni della dittatura militare del general Videla e dei suoi complici.

L’esame accurato delle responsabilità e delle eventuali azioni riprovevoli commesse dal clero cattolico, in uno dei periodi più tragici della storia dell’Argentina, è stato fortemente voluto sia dalla Cea (Conferenza Episcopale Argentina) sia da papa Francesco, di cui viene ricordato e sottolineato il concetto – presente nella “Fratelli tutti” – che l’evoluzione e il progresso dell’uomo è possibile soltanto se si mantiene viva la memoria del passato, soprattutto degli errori commessi.

Venti ricercatori – sotto la guida del noto sacerdote teologo Carlos Galli – sono stati impegnati per cinque anni ad esaminare una massa enorme di documenti in gran parte inediti, in particolare quelli contenuti negli archivi della Cea e della Segreteria di Stato (il dicastero della Curia Romana che più da vicino coadiuva il Papa nell’esercizio della sua missione, in particolare nei rapporti con gli Stati). La fine dei lavori è stata così commentata da padre Galli: «Del passato possiamo sapere qualcosa, non tutto. Abbiamo cercato di trovare e raccontare la verità storica, evitando narrative parziali o apologie corporative».

La valutazione dell’azione della Chiesa durante la dittatura inizia col 1976, all’indomani del golpe, quando i vescovi hanno sperato che i militari avrebbero ricreato una situazione di ordine e meno conflittuale. Prosegue padre Galli: “Ben presto, però, i vescovi hanno dovuto fare i conti con la repressione sempre più feroce. Già nel maggio 1976, si sono resi conto delle sparizioni forzate, anche se pensavano si trattasse di casi isolati. Per aprire un canale con la giunta militare al governo, intanto, hanno creato la “Commissione di collegamento” attraverso la quale hanno interceduto per migliaia di prigionieri e scomparsi: 3.115, in base ai nomi contenuti nelle liste compilate dalla Cea e dalla nunziatura. I militari hanno sempre glissato. Tra la fine del 1976 e il 1977 ormai risultava chiaro che la “desaparición” era una politica sistematica. Da qui il dilemma: denunciare pubblicamente o intercedere dietro le quinte? Alla fine, la Cea – come corpo collegiale, singoli vescovi parlarono apertamente – ha optato per la seconda strategia. E ha sbagliato, nonostante abbia salvato molte vite. Non ci sono state parole e gesti profetici di condanna come le circostanze avrebbero richiesto. Oltretutto le trattative riservate hanno dato meno risultati del previsto per la durezza dei generali.”

Alla domanda successiva riguardante il perché i vescovi avessero preferito intervenire in via riservata, padre Galli risponde che temevano innanzitutto che l’eventuale caduta del governo militare avrebbe potuto dare spazio ad uno ancora più repressivo; in secondo luogo, essi contavano di poter ottenere risultati migliori senza fare pressioni pubbliche. “Non è stato così. E l’azione della Cea è risultata debole, ambigua e poco profetica non, però, complice”: le sue conclusioni.

Il nostro commento attraverso un appunto di padre Ernesto Balducci: “La Chiesa è lacerata da una duplice polarità: quella della profezia, che la rende partecipe della Croce e il cui domicilio naturale sono i poveri in senso complesso, cioè i non integrati nella cultura del potere; quella della cultura del potere che tende a farne un apparato ideologico dell’ordine esistente, una religio societatis, quando viene accolta nei quadri della cultura costantiniana e ne accetta le regole fondamentali, avendo in cambio un posto accanto a Cesare (la cattività della profezia dentro le forme della cultura dominante)”. In questo modo si riduce il vangelo a narrazione di un passato lontano, e lo si svuota del suo valore di norma profetica, permanentemente valida per ogni cristiano coerente.

PS: l’indagine ha risposto anche alla campagna mediatica che, all’inizio del 2000, attribuiva la detenzione di due gesuiti all’allora provinciale Jorge Mario Bergoglio, oggi papa Francesco. I documenti confermano quanto affermato da numerosi testimoni: Jorge Mario Bergoglio è stato totalmente estraneo alla loro cattura, al contrario si è preoccupato di cercarli e farli rilasciare, come in effetti è avvenuto.

Immagine in evidenza: foto di Ben White su Unsplash

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