I nostalgici

Per lunghi anni molti, nella sinistra, hanno creduto che l’Unione Sovietica fosse il regno del bene (del progresso e della giustizia sociale) contrapposto all’America e alla Nato individuati come il regno del male (dell’ingiustizia, dello sfruttamento capitalistico, dell’imperialismo prepotente e sfrontato). Sbagliavano (ma questa è un’altra storia). Sta di fatto che quando il sistema sovietico è imploso (1991) una parte cospicua di filosovietici, invece di compiere uno sforzo intellettuale e cercare di comprendere (come già da tempo aveva indicato Enrico Berlinguer) quanto il fallimento del comunismo fosse dovuto a limiti interni, sono rimasti increduli ed hanno addossato la colpa di ciò che era avvenuto alle pressioni dell’Occidente, alle trame occulte degli Stati Uniti e della Nato.

Anziché una chiara e netta condanna di un sistema burocratico autoritario che nulla di nuovo e di positivo aveva da contrapporre al sistema delle democrazie parlamentari occidentali, si è sempre più andata affermando quella che Massimo Recalcati, su La Repubblica del 31 Maggio, ha definito “una idea nostalgica di un regime totalitario fiero della sua radicale opposizione alle democrazie occidentali”.

Questa nostalgia, figlia di “un lutto rimasto incompiuto per la fine di una stagione politica che vedeva nell’Unione Sovietica il faro della libertà dei popoli”, è alla base del sostegno alle ragioni russe che viene manifestato da una parte della sinistra da quando ha avuto inizio l’invasione dell’Ucraina.

Putin è pienamente consapevole dell’esistenza di tale sentimento nonché  della utilità che ne può derivare per la sua strategia espansionistica, per guadagnare consensi e per dividere/ indebolire il campo occidentale (che, come spesso ci ricorda Rampini sulle pagine del Corriere Della Sera, ha i principali nemici proprio al suo interno).

Al di la delle ideologie che possono ispirare le azioni di Putin, è chiaro che la guerra di conquista (perché di questo si tratta) mossa dalla Federazione Russa nei confronti di uno Stato democratico e sovrano è un evento non giustificabile e non tollerabile stando ai vari accordi, trattati e convenzioni  internazionali che regolano i rapporti tra i Paesi  del mondo. Perciò, fin dal primo momento, Putin ha assunto una strategia comunicativa che porta a realizzare, come hanno denunciato i membri della comunità ebraica di Kiev, “un alto grado di inversione della realtà”.

Il servizio che i nostalgici della  Russia sovietica offrono spontaneamente al dittatore Putin consiste proprio nell’affiancarlo in questa sistematica operazione di mistificazione che è necessaria al suo modo di agire.

Questo è avvenuto in varie occasioni. Ne ricordiamo due che sono tra le più emblematiche.

Quando alla fine di febbraio un esercito russo di oltre centoventimila soldati e migliaia di carri armati oltrepassava i confini del proprio Paese e invadeva l’Ucraina, a sentire Putin lui non stava dando inizio ad una guerra ma ad una operazione speciale, non per conquistare territori ma per denazificarli.
Sui profili social dei putiniani nostrani l’Ucraina veniva presentata come un regime para-nazista e gli inviti a denazificarla proliferavano. Si raccontavano storie totalmente inventate, come il presunto genocidio ai danni  dei russi nel Donbass. Narrazioni che facevano a pugni con la realtà e con la logica. Nel Donbass, in 8 anni di guerra tra governo centrale ucraino e separatisti appoggiati dalla Russia sono state registrate 14 mila vittime: 3 mila tra i civili e 9 mila tra i soldati di entrambe le parti: numeri – come ha commentato il giornale Italia Oggi del 21 04 2022 – che “si accordano con uno scenario di guerra, non con quello di uno sterminio sistematico e programmato quale è il genocidio”. Osservatori internazionali e Comunità ebraiche di lingua russa e di lingua ucraina hanno sempre smentito l’esistenza di diffusi episodi di nazismo. Cosa che sarebbe comunque alquanto strana per un Paese nel quale sia il presidente in carica sia quello precedente sono ebrei e il partito di estrema destra ha in parlamento 1 solo deputato su 450.

E sempre all’inizio della guerra, quando Putin dichiarava che era sbagliato parlare di invasione da parte della Russia la quale – a suo dire – si stava legittimamente difendendo dalle minacce dell’Occidente fomentate dagli Stati Uniti e dalla Nato, il controcanto dei nostalgici era un invito ad andare cauti con l’addossare tutte le colpe alla Russia, perché era intellettualmente doveroso riflettere e indagare, compiere una analisi profonda su quello che stava succedendo prima di emettere un giudizio di condanna (mentre le città dell’Ucraina subivano continui durissimi bombardamenti e i missili russi si abbattevano indiscriminatamente su abitazioni civili, scuole, ospedali e morivano migliaia di persone innocenti).

L’altra occasione emblematica nella quale i nostalgici hanno dato prova di avere in grande spregio il buon senso riguarda il tema degli aiuti militari. Quando si è capito realmente quale fosse la natura della cosiddetta operazione speciale, i paesi Nato hanno deciso di inviare aiuti militari all’Ucraina. Putin naturalmente ha condannato quegli aiuti, minacciando una possibile l’escalation del conflitto, fino al rischio di una guerra nucleare. I nostalgici (che fino a qualche giorno prima avevano sostenuto le “buone ragioni” dell’operazione speciale russa, cioè di una guerra che stava causando migliaia di morti) sono diventati tutti pacifisti intransigenti: la guerra va condannata sempre e comunque, a prescindere dal fatto che sia una guerra di offesa o di difesa.
Gli studi televisivi si riempivano di intellettuali e analisti che spiegavano come alla pace si arriva solo attraverso la mediazione, la quale ovviamente avrebbe comportato che l’Ucraina rinunciasse ad una parte non irrilevante del suo territorio. Su questo punto (le rinunce dell’Ucraina) i neo pacifisti si sono spinti anche oltre, sono arrivati a teorizzare che il cessate il fuoco (necessario e urgente per fermare gli orrori della guerra) può essere raggiunto solo se si tolgono i sostegni militari all’Ucraina e che la resistenza degli ucraini può portare solo a prolungare la loro agonia. Esattamente le cose contenute nei proclami di Putin. Non è un caso, del resto, che i discorsi dei neo pacifisti non si sono mai soffermati con altrettanto ardore e precisione ad elencare le cose alle quali dovrebbero rinunciare gli invasori (al di là di un generico intento a non proseguire nell’aggressione).
Le teorizzazioni del neo pacifismo intransigente (ma sarebbe più giusto parlare di finto pacifismo) portava alla proliferazione di dichiarazioni di equidistanza tra Putin e Zelensky, tra invasori ed aggrediti.
Persino l’Anpi ha dimenticato che resistenza all’invasore vuol dire anche lotta armata e che le armi qualcuno deve pur darle ai resistenti (come appunto era successo tra il 1943 e il 1945 nel nostro Paese).

Questo servilismo dei putiniani di sinistra, fondato sulla negazione dell’evidenza, ha una spiegazione psicologica ed è quella  fornita da Massimo Recalcati (nell’articolo già citato). Per un giudizio su di esso sul piano politico e storico, non si può non concordare, in prima battuta, con quello espresso dai membri della comunità ebraica di Kiev: disonestà intellettuale.
Che fare?

Forse ha ragione Fulvio Giuliani quando dice, in un elogio dell’Occidente (il mondo che i putiniani hanno in grande odio) apparso sul quotidiano La Ragione: “I volenterosi propagandisti delle idee putiniane di casa nostra ci fanno girare le scatole, ma non li zittiremo. Troviamo più utile ridicolizzarli”.

Giusto. Ma questo non dovrà però portarci a sottovalutare la pericolosità insita nel loro sostegno, diretto e/o indiretto, alla guerra scatenata da Putin. Questa infatti non è una guerra che si risolverà concedendo alla Russia il controllo di qualche pezzo di territorio ucraino (come sostengono i finti pacifisti). Man mano che andrà avanti (e andrà avanti, perché Putin è determinato a farlo) rivelerà sempre più il suo carattere di guerra ideologica alle democrazie occidentali, come ormai da mesi va ripetendo il presidente ucraino Zelensky e come mostrano in tutta evidenza le recenti  agghiaccianti dichiarazioni dell’ex presidente russo Dimitri Medvedev, ora vice capo del Consiglio di Sicurezza della Federazione (“Mi viene spesso chiesto perché i miei post su Telegram sono così duri” verso gli occidentali. La risposta – ha scritto – “è che li odio. Sono dei bastardi e degenerati … Finché sono vivo, farò di tutto per farli sparire” ). In questo caso, purtroppo, avere dei nemici in casa non ci sarà certo di aiuto.

Le immagini nel testo sono tratte, nell’ordine, da: rainews.it; skuola.net; rainews.it; rainews.it; boncultura.it; libertas.sm

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