CRIMINI DI GUERRA

Forse l’orrendo spettacolo di distruzione e di morte cui ha dovuto assistere, perlustrando i territori abbandonati dall’esercito russo in ritirata nei pressi di Kiev, ha evocato alla mente del presidente Zelensky la terribile tragedia vissuta dal popolo ucraino novant’anni prima: l’Holodomor, la carestia che si abattè sul territorio dell’Ucraina dal 1932 al 1933 causando diversi milioni di morti (si calcola siano stati più di 4 milioni, di cui almeno 2 milioni bambini). Il termine holodomor – si legge su Wikipedia – deriva dalle parole ucraine holod (fame) e moryty (uccidere) e vuole mettere in rilievo l’intenzionalità di procurar la morte per fame.

Anche quella tragedia fu inflitta agli ucraini dalla Russia, dall’allora regime comunista che voleva a tutti i costi  realizzare la collettivizzazione delle terre. I contadini ucraini si opposero e furono sistematicamente sterminati, lasciandoli morire di fame o internandoli in campi di concentramento che si rivelarono essere campi di sterminio.
Gli storici hanno classificato quella tragedia come “genocidio” (è stato un avvocato ucraino di Leopoli ad inventare questo termine nel 1944) ed ora questo termine viene usato dal presidente Zelensky a proposito di quanto sta accadendo in Ucraina dopo l’invasione russa iniziata il 24 febbraio scorso.

Forse, come scrive Paolo Mieli sul Corriere Della Sera, il termine genocidio per classificare la tragedia attuale è “improprio”. Ma è certamente improprio anche il modo in cui Putin sta conducendo la sua “operazione speciale”. Perché sono cose improprie in una guerra (stando alle Convenzioni di Ginevra che la stessa Russia ha firmato) “l’omicidio volontario, il causare intenzionalmente grandi sofferenze, prendere di mira deliberatamente i civili e distruggere o appropriarsi di beni privati”. Tutte cose che vengono definite “crimini di guerra”. Le esecuzioni sommarie a Bucha sono crimini di guerra; come pure il bombardamento del teatro di Mariupol (il principale rifugio antiaereo della città che aveva la parola “deti”, che in russo significa bambini, scritta a grandi lettere di gesso visibili dall’alto); i bombardamenti degli ospedali (anche pediatrici); i civili inermi uccisi per strada, mentre tentavano di fuggire dalle bombe o, come è successo a Chernihiv  (una cittadina a nord est di Kiev) mentre erano in fila in attesa di ricevere il pane.

Purtroppo, di episodi simili le cronache di questo conflitto sono piene. E nonostante la macchina di propaganda messa in piedi da Putin e dai suoi fan si dia un gran da fare per far intendere che non c’è nulla di vero, in realtà si tratta di episodi documentati da molti testimoni  oculari e da decine di inviati di guerra provenienti da diversi paesi del mondo.

Poiché non è tollerabile che tutte le volte che i loro crimini di guerra vengono alla luce le autorità russe pensino di potersela cavare, di fronte alla comunità internazionale, affermando che si tratta di accuse infondate, è maturata l’idea che questi crimini devono essere puniti.
L’ex procuratore capo delle Nazioni Unite per i crimini di guerra in Jugoslavia e Ruanda ha chiesto che fosse emesso un mandato d’arresto internazionale contro Putin; Joe Biden, ha detto che per quello che è successo a Bucha Vladimir Putin, il presidente della Russia, dovrebbe affrontare un tribunale internazionale.

Succederà realmente?

Il settimanale inglese Economist informa che “sono stati avviati procedimenti dinanzi a diversi tribunali internazionali per assicurare gli autori alla giustizia.
il 16 marzo, la Corte internazionale di giustizia ( icj ), che si pronuncia sulle controversie interstatali, ha sentenziato che la Russia deve “sospendere immediatamente le operazioni militari iniziate  il 24 febbraio”. “Un’altra sentenza è arrivata dalla Corte europea dei diritti umani, che fa parte del Consiglio d’Europa: il 1° aprile ha confermato una precedente sentenza secondo cui la Russia deve ‘astenersi da attacchi militari contro civili e oggetti civili, comprese scuole e ospedali’ ( era stata l’Ucraina a sottoporre il caso alle leggi europee sui diritti umani). “La corte ha aggiunto che la Russia ha agito in modo sbagliato quando ha costretto i rifugiati di Mariupol a fuggire in Russia, piuttosto che in un luogo di loro scelta”.

L’Economist però è scettico sull’efficacia di tali pronunciamenti.

Una cosa è pronunciarsi – scrive –  un’altra è portare davanti a una corte internazionale qualsiasi russo, per non parlare del suo capo di stato. La Russia è stata espulsa dal Consiglio d’Europa il 16 marzo a causa dell’invasione e ha smesso di rispondere alle richieste della Corte europea. Dal 2016, il Paese non riconosce l’autorità della Corte penale internazionale . 

Ciò non esclude che il pubblico ministero della cpi emetta mandati di arresto contro singoli russi. 
Ma se la Russia ignora il mandato, il passo successivo sarebbe deferire il caso al consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite – e la Russia potrebbe quindi usare il suo veto. La Russia accetta l’autorità dell’altro tribunale internazionale, l’ icj, almeno in teoria. In pratica, però, non si è presentata alle udienze del tribunale e (ovviamente) ha ignorato la sua sentenza. Come per la Corte penale internazionale, l’unico modo per far rispettare le sentenze è attraverso il consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. 
Se Putin rimane al potere, quindi, o anche se si dimette ma continua a essere protetto dai successori, la giustizia internazionale non sarà fatta”.

Tuttavia, conclude l’Economist, anche se è probabile che il successo di queste iniziative sarà limitato (e comunque le cause legali andranno avanti per le lunghe) vale la pena provare.

Ciò però vuol dire che “nel frattempo, gli alleati dell’Ucraina dovranno trovare altri mezzi per aumentare la pressione su Putin. Questi includono più sanzioni e armi più potenti per l’Ucraina”.

L’immagine relativa all’Holodomor è tratta da: sardiniapost.it

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