NASCITA DEL GOVERNO DRAGHI
Benedetta crisi di governo

Crisi benedetta per almeno due ragioni.

La prima ragione

La prima ragione, la più evidente, è sotto gli occhi di tutti.
Questa crisi di governo ha messo in luce e posto all’attenzione dell’opinione pubblica quello che comunque molti sapevano già. Ovvero che nel nostro Paese si erano determinate tre gravi emergenze, che il Capo dello Stato ha così definito: emergenza sanitaria, emergenza economica, emergenza sociale.

Un’altra cosa che molti sapevano già, prima della non fiducia espressa dalla piccola componente di Italia Viva, è il fatto che il governo Conte 2 non era stato in grado di predisporre misure idonee per affrontare seriamente nessuna delle tre emergenze di cui sopra.

Sul piano sanitario, l’Italia registra uno dei più alti tassi di diffusione della pandemia e il più alto numero di decessi in Europa, pur avendo attuato i lockdown più duri e avendo chiuso le scuole per più tempo rispetto agli altri paesi europei.
Sul piano economico l’Italia ha, in previsione, sempre rispetto agli altri Paesi europei, la più alta percentuale di riduzione del prodotto interno lordo, ovvero una drastica riduzione della ricchezza nazionale.
Sul piano sociale ha già registrato un calo di 440 mila posti di lavoro, pur in presenza del divieto di licenziare, e si prevede che il calo possibile quando il divieto sarà tolto potrebbe superare i 2 milioni.

L’Europa generosa (non matrigna, come per anni hanno raccontato i seguaci del maggiore partito di governo)  ha messo a disposizione di tutti i Paesi membri alcune linee di finanziamento, per una quantità di denaro complessivo che supera i 1800 miliardi. Una di queste linee di finanziamento, il Next Generation Eu, di circa 750 miliardi, ha riservato per il nostro Paese più di 200 miliardi. Un’altra linea, il Mes Sanitario, di 240 miliardi, ce ne ha riservati 37.

Il governo Conte 2 non ha ritenuto opportuno utilizzare i 37 miliardi del Mes (disponibili già dal marzo 2020) per investire nella sanità. E così (per fare un esempio) non ha neppure pensato di programmare l’autonoma produzione di un vaccino, pur avendo l’Italia una tecnologia all’avanguardia nel campo e industrie che con opportuni investimenti sarebbero state in grado di fornire decine di milioni di dosi, che ora si sarebbero rivelate  utili per uscire al più presto dalla pandemia.

Il governo Conte 2 non si è impegnato a formulare in modo serio e in tempi rapidi un Piano di spesa dei 209 miliardi di euro del Next Generation Eu secondo le indicazioni previste dalla Commissione Europea, nonostante i vari richiami e solleciti da parte di quest’ultima.

Era divenuto necessario e urgente per il nostro Paese liberarsi da quello che sarà ricordato come uno dei più inefficienti governi della Repubblica, che cercava di mascherare  questa sua inefficienza dirigendo l’attenzione dei cittadini su falsi problemi. (Per averne un esempio basterebbe sfogliare i giornali dell’estate 2020:  per molte settimane uno dei temi principali posto all’attenzione dell’opinione pubblica è stato se e come fornire le scuole di tutta Italia di banchi a rotelle, in vista della riapertura autunnale. Non solo si trattava di un falso problema ma in più, all’apertura dell’anno scolastico, la maggior parte delle scuole non ha nemmeno ricevuto la prevista dotazione di quei banchi). 

La seconda ragione

Questa crisi di governo si è rivelata utile e salutare anche per un’altra ragione.

Oltre ad aver offerto l’occasione per liberarci, come dicevamo, di uno dei più inefficienti governi della storia repubblicana, il suo esito (ovvero l’incarico di formare un nuovo governo conferito al prof. Mario Draghi) sembra  favorire il processo di profonda trasformazione del quadro politico che in molti ritenevano assolutamente necessaria dopo il terremoto prodotto dalle elezioni del 2018. (Come si ricorderà, nelle elezioni del marzo 2018 il Pd era passato dal 48% delle precedenti elezioni europee al 19%; Forza Italia era diventata un partito del 14% ; la Lega di Salvini aveva quasi raggiunto il Pd. Il M5s aveva fatto un grosso exploit diventando il primo partito del Paese con oltre il 32%).

All’indomani di quelle elezioni, autorevoli commentatori pubblicavano, sulle pagine dei più importanti quotidiani italiani, analisi che mettevano in evidenza due cose: la “radicalizzazione” dell’elettorato e lo “svuotamento” del centro. E prefiguravano che questi fenomeni avrebbero prima o poi innescato un processo di scomposizione del quadro politico esistente ed una successiva ricomposizione sulla base di nuovi assetti. (Scomposizione vuol dire che qualche partito scompare o semplicemente assume un ruolo più marginale, nascono nuove formazioni politiche, avvengono fusioni tra partiti diversi, si ridefiniscono fisionomie che sembravano immutabili, e cose di questo tipo).
Naturalmente gli analisti non erano in grado di indicare tempi e modi di questo processo.

Ebbene, oggi sembra proprio che un processo di cambiamento –non possiamo dire se foriero o meno di una vera e propria scomposizione- dei partiti esistenti stia ricevendo impulso dall’irrompere sulla scena politica italiana della necessità/urgenza, indicata dal Presidente della Repubblica, di costituire un governo “istituzionale” intorno alla figura del prof Mario Draghi.

In questi giorni sta diventando sempre più chiaro a tutti che non si sta semplicemente cercando di dare una risposta tecnica alla impossibilità della maggioranza che stava governando il Paese di trovare i numeri per sopravvivere una volta venuto meno il sostegno di IV.

Sta diventando sempre più chiaro a tutti che l’Italia stava camminando sull’orlo dell’abisso e il governo faceva finta di niente, tirando a campare, incapace persino di cogliere seriamente l’occasione offerta dall’Unione Europea con le risorse del Recovery fund . E l’opposizione, da parte sua, si limitava a stare alla finestra aspettando di poter trarre profitto elettorale dai fallimenti del governo, come se i guai del paese non fossero tali per cui non sarebbe bastato un semplice cambio della guardia per risolverli. Alla maggioranza come all’opposizione è finora mancata la vera percezione delle condizioni in cui versa il nostro Paese.
Ecco perché la carta Draghi giocata dal presidente Mattarella è importante: obbliga tutti i partiti a guardare nel proprio interno, a ripensare le proprie politiche e le proprie identità.
Sarà proprio così?

Per ora registriamo che per le forze politiche esistenti e per i loro leader è bastata la necessità di doversi confrontare con una persona di grande prestigio e di grande competenza come il prof. Mario Draghi per incominciare a cambiare atteggiamento e linguaggio e cominciare a comportarsi da adulti (almeno apparentemente).

E così abbiamo visto esponenti della Lega passare da affermazioni del tipo “Per noi la cosa più seria è andare subito al voto” a dichiarazioni (dopo l’incontro con il presidente incaricato) del tipo “Diamo un appoggio incondizionato a Draghi perché questo è un momento in cui prevale l’interesse nazionale a quello personale e di partito” (Salvini). E il vice segretario Giorgetti ha affermato: “Stavolta ci stiamo davvero, perché grazie a Renzi ci sta riuscendo in tre settimane quel che speravo di riuscire a fare in tre anni”, ovvero scrollarsi di dosso lo stigma sovranista visto come la peste in Europa (cui ora anche la Lega guarda come ad una fonte di opportunità!).

E mentre Draghi non è riuscito ad infondere (almeno finora) neppure un briciolo di buon senso ai Fratelli d’Italia, che restano fermi su “subito al voto”, e ai tristi esponenti di Liberi e Uguali che hanno difficoltà ad abbandonare il vecchio slogan “Insieme a Salvini mai” (come se prima d’ora non avessero mai infranto tabù di questo calibro), assistiamo ad un altro, sia pur incerto e imbarazzato, avvio di cambiamento, quello del M5s.

A propiziarlo è arrivato a Roma da Genova il padre fondatore Beppe Grillo, con il seguente ammonimento: “non possiamo non essere della partita, che dobbiamo imporre i nostri temi”. E dopo aver partecipato alla consultazione con Mario Draghi, Grillo ha rassicurato i suoi: “È una brava persona. È proprio una bravissima persona”. E così, dall’iniziale pronunciamento del capo politico Vito Crimi (“non daremo il nostro appoggio a un governo Draghi”) si è passati a: serve una maggioranza parlamentare stabile, che condivida un percorso politico e sostenga quindi un governo di fine legislatura nell’interesse del paese”. A fare un passo avanti, sempre prudente ma un tantino più deciso, ci ha pensato un altro importante esponente del movimento, Carlo Sibilia: “Sono contento che si stiano creando le condizioni migliori per poter interloquire al meglio e senza pregiudizi con Draghi al fine di formare un governo politico,  nel solco della responsabilità indicata dal presidente della Repubblica”. Un giornalista del Foglio ha commentato: questi cominciano aparlare come Arnaldo Forlani.

Ma l’idea di somigliare ai politici della prima repubblica non piace a Di Battista e ad una cinquantina di parlamentari grillini che minacciano una possibile scissione e, comunque, dichiarano di non voler votare la fiducia al nuovo governo.

In Forza Italia, a scongiurare una minacciata scissione da parte dell’ala più riformista guidata da Mara Carfagna, favorevole ad appoggiare la nascita del nuovo governo, è intervenuto il Cav. in persona dando il suo Sì a Draghi per telefono, prima che la delegazione di FI andasse a incontrarlo.

Dubbi e perplessità, a dire il vero, sono presenti anche nel Pd. Fino a pochi giorni fa la linea di Zingaretti era “o  Conte ter o elezioni anticipate”. La mossa di Renzi e la scelta del Presidente Mattarella ha spiazzato questo partito e la prima reazione è stata “mai al governo insieme alla Lega”, tanto che quando Salvini ha espresso la sua totale disponibilità al nuovo governo è circolata voce che l’ala sinistra del Pd avrebbe preferito garantire solo un “appoggio esterno”. Questa voce però è stata poi ufficialmente smentita, ribadendo quanto dichiarato da Zingaretti dopo la consultazione con Draghi: “pieno appoggio”.

Insomma, con l’irrompere sulla scena politica italiana della necessità/urgenza di dare vita ad un governo “istituzionale” guidato dal prof Mario Draghi, quasi tutte le forze politiche sono state in qualche modo costrette a incominciare a fare i conti con le proprie contraddizioni.

Dagli eventi ai quali stiamo assistendo possiamo concludere che un processo di reale rinnovamento della politica si è avviato?
È troppo presto per dirlo. Perciò ci sembra saggio sposare la posizione prudente e pragmatica espressa dal leader di Italia Viva in una intervista rilasciata al Quotidiano Nazionale.net.
Alla domanda del giornalista “Che effetto le fa, adesso, vedere tanto consenso, tanto entusiasmo nei confronti di Draghi, quando fino a pochi giorni fa sembrava che cambiare guida al governo fosse ‘irresponsabile’?” Risposta: “… Niente di nuovo. L’importante è che il Paese sia in buone mani. (E senza le dimissioni di Teresa Bellanova, Elena Bonetti e Ivan Scalfarotto questo non sarebbe successo)“.

L’immagine in evidenza è tratta da: leggopassword.it
Le altre immagini sono tratte (nell’ordine) da: consumatrici.it; today.it; agenziaitalianews.it; thesocialpost.it

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