Subito al voto? -2-
Dopo l’annuncio di Salvini dell’8 agosto scorso si è venuta a creare una situazione a dir poco bizzarra, segno della incapacità dei populisti di governare, dell’improvvisazione e del pressapochismo che li contraddistingue. Come molti ricorderanno, Salvini ha dichiarato chiusa l’esperienza del governo del cambiamento, ha chiesto le dimissioni del primo ministro e comunque ha presentato una mozione di sfiducia nei suoi confronti (senza però lasciare la carica di ministro di quel governo). Non si era mai vista tanta determinazione nel liquidare un governo che godeva di una ampia maggioranza parlamentare. Da parte sua Di Maio, che da mesi non faceva altro che litigare con il collega Salvini, ora che questi lo stava scaricando si è accorto di non avere alcuna carta da giocare. In realtà anche la carta giocata da Salvini non era un gran che (come vedremo tra poco) avendo dato per scontato che la sua mossa avrebbe determinato la fine prematura della legislatura (per cui, andando subito alle urne, avrebbe potuto capitalizzare l’enorme consenso attribuitogli dai sondaggi). Tronfio di questa sicurezza aveva persino detto che si sarebbe rivolto agli italiani per chiedere i pieni poteri, determinando la percezione di una situazione di grave pericolo per la nostra democrazia.
Come si erano messe le cose, sembrava che ormai il ritorno alle urne fosse inevitabile.
Ma quella di Salvini era una sicurezza realmente fondata? Evidentemente no. È bastato un intervento deciso e ben calibrato dell’ex premier Renzi per rimettere tutto in discussione, far vedere che i giochi non erano ormai fatti e che il populismo italiano è più mal messo di quanto la gente (con l’aiuto dei media e dei social) non creda: il 13 agosto Renzi, a sorpresa, in una conferenza stampa, presentandosi come ex premier e uomo delle istituzioni che conosce la situazione economica del Paese, ha detto che la mossa di Salvini era sconsiderata perché la fine della legislatura nei tempi in cui veniva prospettata avrebbe portato a far scattare l’aumento dell’iva e avviato il Paese ad una recessione economica; per evitare questo ha proposto che si costituisca un “governo istituzionale”1in genere: governo di larghe intese con caratteristiche di eccezionaltà e transitorietà sostenuto, in questo parlamento, da una maggioranza diversa da quella attuale, tecnicamente e politicamente possibile.
Sono passati pochi giorni dalla iniziativa di Renzi e ormai appare a tutti chiaro che la mossa di Salvini è stata un autogol e il Capitano ha imboccato un vicolo cieco dal quale non sa come uscire (sta persino tentando in modo maldestro, e rendendosi quasi ridicolo, di ricucire lo strappo con i 5 stelle). Di Maio ha riconquistato libertà di manovra, ma non più di tanto: non deve più sottostare ai dictat di Salvini, ma deve suo malgrado costruire alleanze con chi fino a poco tempo prima aveva vituperato e trattato con sufficienza (una bella lezione di cosa vuol dire fare realmente politica).
Ora in tutti i partiti fervono discussioni, confronti e scontri. La personalità che ha il compito di avanzare ipotesi concrete, il presidente Mattarella, per ora tace. Giustamente: aspetta che la crisi abbia una ratifica formale in parlamento ( e questo avverrà il 20 agosto).
Naturalmente, nessuno è in grado di prevedere come andrà a finire.
Per ora, l’unico prodotto di questa situazione è, come abbiamo rilevato, aver rimesso in gioco Renzi, cui bisogna dare atto che ha saputo cogliere la palla al balzo per fare una mossa che ha assestato il colpo (forse) finale al moribondo populismo italiano.
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