Subito al voto?
L’8 agosto scorso il vice premier Salvini ha licenziato il
governo Lega-M5s ed ha chiesto che si vada subito alle urne.
Una prima semplice domanda: perché lo ha fatto, perché ha mandato a casa un
governo del quale faceva parte (la parte del padrone) e che in Parlamento era
fortissimo? Verrebbe da dire che Salvini sia uscito fuori di senno, ma non è
una buona risposta perché ce n’è un’altra,
molto assennata (dal suo punto di vista) e che tutti sanno: se si
votasse adesso potrebbe stravincere. (Stando a tutti i sondaggi) nella peggiore
delle ipotesi raddoppierebbe il suo attuale 17%, nella migliore potrebbe andare
oltre il 40%; in entrambi i casi diverrebbe l’arbitro assoluto della politica
italiana. Lo è già, ma in Parlamento ha pur sempre solo il 17% e, inoltre, il
governo di cui fa parte dovrà affrontare, nei prossimi mesi, una manovra
economica difficile, che costringerà a mettere le mani in tasca agli italiani e
non è detto che il consenso accumulato in questo primo anno della legislatura
si mantenga inalterato. Meglio capitalizzare subito. E poi c’è da considerare
l’ideologia che guida Salvini e che lui ha ben palesato dicendo che intende
andare al voto per chiedere agli italiani il conferimento di “pieni poteri”.
Insomma, quella di Salvini non è una decisione presa lì a caso. E può avere
conseguenze anche gravissime per la nostra democrazia.
Certo, coloro che hanno a cuore le sorti della democrazia rappresentativa devono
preoccuparsi e individuare i modi opportuni per affrontare questo possibile
attacco alle istituzioni democratiche, ovvero contrastare il disegno di
Salvini. Come?
Non ci sono molte risposte a questa domanda. Anzi ce n’è una sola: contrastando
l’idea di andare subito alle urne, e quindi cercando in questa legislatura, in
questo parlamento, di costruire una alternativa al cosiddetto “governo del
cambiamento”.
Chi può farlo?
I partiti dell’ex schieramento di centrodestra (FI e FdI) non solo condividono
l’ipotesi che si vada al voto al più presto ma fanno anche intendere come
possibile una alleanza con Salvini. La Meloni, in particolare, è entusiasta
dell’iniziativa di Salvini di ritornare alle urne perché da tempo propone la
formazione di un “vero” esecutivo “sovranista” ( termine che molto spesso viene
usato al posto di “fascista”, anche se in realtà i due termini non sono
perfetti sinonimi).
Non resta che l’ipotesi di una intesa tra gli altri partiti e gruppi presenti
in parlamento, che dovrà necessariamente avere come nucleo centrale un accordo
tra i due partiti maggiori: il M5s e il PD.
Qualcuno dirà che un tale accordo era stato ipotizzato già all’inizio della
legislatura ma poi l’ipotesi era stata accantonata perché i due partiti avevano
visione ideologica e programmi molto differenti. Allora il contesto era una
pesante sconfitta elettorale del PD, che aveva avuto come principale avversario
proprio il M5s, che ha puntato (e in buona parte ci è riuscito) a sottrargli
una grossa fetta di elettorato.
Oggi la situazione è radicalmente mutata: il M5s è reduce di una esperienza di
governo fallimentare insieme alla Lega di Salvini; le sue azioni politiche
inconcludenti lo hanno portato a perdere per strada più della metà dell’
elettorato che aveva guadagnato appena un anno fa (ma il suo peso a livello
parlamentare resta alto). Il Pd invece è un partito in ripresa, sia pur lieve,
e comunque più forte di un anno fa.
Certo, non è facile immaginare come un tradizionale partito socialdemocratico possa
concordare un programma di governo che abbia come prospettiva una intera
legislatura e si ponga l’obiettivo di condurre una azione di rinnovamento e di
sviluppo economico e sociale del Paese con un partito come il M5s; un partito
che, con molta approssimazione, ha fatto propri alcuni dei temi della vecchia
sinistra (assistenzialismo e giustizialismo) innestandoli su una ideologia passatista
e populista e che fa anche professione di scarso attaccamento alla democrazia
rappresentativa nonché di antieuropeismo. Più facile pensare invece a un accordo di governo che abbia
le caratteristiche della eccezionalità e della temporaneità. Per fare cosa?
Senza mezzi termini: impedire che si formi un governo come quello tanto
agognato dalla Meloni, un vero governo sovranista (quasi sinonimo di fascista),
con gli strumenti consentiti dalla nostra democrazia impedire che la si
snaturi. Confidando nella possibilità che lo stato di crisi che stanno vivendo
i pentastellati li induca a rivedere molte delle loro posizioni politiche.
Ma attenzione.
Prima di trarre conclusioni affrettate sul grido di Salvini al voto al voto, c’è una ultima incognita da considerare. In questo momento Salvini (naturalmente per sua scelta) è solo contro tutti ( il 13 agosto ha già dovuto incassare una prima sconfitta in Senato, dove la proposta della Lega di votare subito la sfiducia a Conte non è passata, il che è un segno che le altre forze politiche stanno preparando una controffensiva).
Non è da escludere che nei prossimi giorni, man mano che passa il tempo, Salvini si renda conto che non è detto che il consenso espresso dai sondaggi e dall’esito dei vari appuntamenti elettorali degli ultimi mesi (dalle europee alle varie tornate amministrative) si riversi tale e quale in una competizione politica per la guida del Paese (nella quale l’impegno di tutte le forze politiche si esprime al massimo). Non è da escludere che Salvini prenda in considerazione anche la possibilità di ricucire in qualche modo lo strappo con i suoi ex (ma formalmente ancora attuali) alleati, facendo intendere che la sua richiesta di mandare a casa l’esecutivo in carica era solo una forma di pressione per ottenere qualcosa in più. Insomma, non c’è ancora nulla di definitivo.
Dunque: subito al voto? Non è detto.
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