L'ENCICLICA "FRATELLI TUTTI" /1
Per salvare il mondo bisogna guardare gli altri come fratelli e sorelle.

Papa Francesco, con “Laudato sii” e attraverso l’attuale enciclica, ci sta proponendo una base di riflessione per collocare le politiche sociali ed economiche all’interno di un quadro di riferimento più vasto, indispensabile per poterle selezionare e determinarne i contorni. Soltanto la lettura miope e prevenuta dei tradizionalisti (compresi alcuni opinionisti apparentemente neutrali) può limitare la portata di questo documento ad un elenco di aspetti già noti, propagandistici ed ideologici. L’ignoranza da parte loro di come oggi – Terzo millennio – si possa declinare la proposta spirituale del Vangelo in un comportamento pratico, individuale e collettivo, spiega l’incapacità che dimostrano costoro nel cogliere la radicalità cristiana, l’originalità e infine l’importanza della proposta di Francesco come “idea pilota” da meditare, valutare, perseguire anche per i professionisti dei governi e della politica mondiale.

Questa terza enciclica di papa Francesco (cioè la lettera pastorale del Papa su materie dottrinali, pastorali o sociali, indirizzata in primis al clero e ai fedeli) può essere sintetizzata dal messaggio del 4 ottobre su Twitter dello stesso Papa:

Consegno questa Enciclica sociale come un umile apporto alla riflessione, affinchè, di fronte ai diversi modi attuali di eliminare o ignorare gli altri, siamo in grado di reagire con un nuovo sogno di fraternità e di amicizia sociale che non si limiti alle parole”.

In “Fratelli tutti” si apre davanti al lettore il “sogno” di Francesco – e di tanti esseri di buona volontà, indipendentemente dalle credenze che praticano-   cioè quella futura società di umani in cui si attualizzino i grandi principi di giustizia, carità, fratellanza, pace, principi che sono evangelici ma non solo.
Vengono contemporaneamente indicate nell’enciclica modalità di azione e percorsi generali e concreti per poter perseguire questa finalità sociale e globale, nel miglior spirito di un cattolicesimo che vuole essere tale, cioè “universale”, condiviso e arricchito da tanti rivoli diversi di culture e fedi. Le proposte di “Fratelli tutti” sono appunto rivolte a tutti gli uomini proprio a partire dalla comune appartenenza alla famiglia umana, dal riconoscerci fratelli, tutti figli di un unico Creatore, tutti sullo stesso pianeta e tutti nella necessità di ammettere che, in un mondo globalizzato e interconnesso, ci si può salvare solo insieme.
La stessa emergenza sanitaria è servita a dimostrare che “nessuno si salva da solo” e che è giunta davvero l’ora di “sognarci come un’unica umanità” in cui siamo “tutti fratelli”.

Questo punto centrale non è affatto scontato ed è negato (o minimizzato) dai tradizionalisti nella religione e dai sovranisti nella politica.

Ecco perché l’appello iniziale, anzi già il solo titolo “Fratelli tutti” ha suscitato, prima ancora della lettura stessa dell’enciclica, critiche totali e un’opposizione netta, ma ne riparleremo. Qui vi proponiamo alcuni temi trattati dall’enciclica, avendo come riferimento il commento di Vatican News.

I temi dell’enciclica

L’enciclica si apre con una breve introduzione e prosegue in otto capitoli, raccogliendo – come spiega lo stesso Francesco – le sue riflessioni sui temi proposti.

Primo capitolo: “Le ombre di un mondo chiuso

Nel primo capitolo il documento indica i molti aspetti negativi della modernità, tra cui l’egoismo e il disinteresse per il bene comune, la prevalenza di una logica di mercato fondata sul profitto e la cultura dello scarto, la disoccupazione, il razzismo, la povertà. Si tratta di problemi globali che esigono azioni globali, e che spesso si riassumono nella “cultura dei muri”. Una alternativa esiste: l’esempio straordinario e attualissimo del messaggio di Gesù, quello del Buon Samaritano, in cui tutti siamo chiamati – proprio come il buon samaritano – a farci prossimi all’altro, superando pregiudizi, interessi personali, barriere storiche o culturali. L’amore costruisce ponti e noi “siamo fatti per l’amore”; il Papa esorta in particolare i cristiani a riconoscere Cristo nel volto di ogni escluso.

Terzo capitolo:“Pensare e generare un mondo aperto”

Il terzo capitolo propone di “uscire da noi stessi” per trovare negli altri “un accrescimento di essere”, aprendoci al prossimo secondo il dinamismo della carità che ci fa tendere verso la “comunione universale”.  Una società fraterna, dunque, sarà quella che promuove l’educazione al dialogo per sconfiggere “il virus dell’individualismo radicale” e per permettere a tutti di dare il meglio di sé. Due, in particolare, gli ‘strumenti per realizzare questo tipo di società: la benevolenza, ossia il volere concretamente il bene dell’altro, e la solidarietà che ha cura delle fragilità e si esprime nel servizio alle persone. In quest’ottica, Francesco richiama anche a pensare ad “un’etica delle relazioni internazionali”, perché ogni Paese appartiene anche allo straniero ed i beni del territorio non si possono negare a chi ha bisogno e proviene da un altro luogo.

Secondo e Quarto capitolo:“Un cuore aperto al mondo intero”

Il secondo (parzialmente) e il quarto capitolo riguardano le migrazioni in generale e gli immigrati. I migranti vanno accolti, protetti, promossi ed integrati. Bisogna evitare le migrazioni non necessarie, sostiene Francesco, creando nei Paesi di origine possibilità concrete di vivere con dignità. Al tempo stesso bisogna rispettare il diritto a cercare altrove una vita migliore. Nei Paesi destinatari, il giusto equilibrio sarà quello tra la tutela dei diritti dei cittadini e la garanzia di accoglienza e assistenza per i migranti Nello specifico, il Papa indica alcune “risposte indispensabili”, tutte concrete, pratiche e necessarie a rendere umana e civile l’accoglienza dei profughi. Importante risulta anche l’invito a stabilire, nella società, il concetto di “piena cittadinanza”. Ciò che occorre soprattutto è una governance globale, una collaborazione internazionale per le migrazioni che avvii progetti a lungo termine, andando oltre le singole emergenze, in nome di uno sviluppo solidale di tutti i popoli. In tal modo, i Paesi potranno pensare come “una famiglia umana”.

Quinto capitolo: “La migliore politica”

Il quinto capitolo affronta quella che rappresenta una delle forme più preziose della carità perché si pone al servizio del bene comune. La migliore politica è quella che tutela il lavoro, “dimensione irrinunciabile della vita sociale” e cerca di assicurare a tutti la possibilità di sviluppare le proprie capacità. L’aiuto migliore per un povero non è solo il denaro, che è un rimedio provvisorio, bensì il consentirgli una vita degna mediante l’attività lavorativa. La vera strategia anti-povertà non mira semplicemente a contenere o a rendere inoffensivi gli indigenti, bensì a promuoverli nell’ottica della solidarietà e della sussidiarietà. Compito della politica, inoltre, è trovare una soluzione a tutto ciò che attenta contro i diritti umani fondamentali, come per esempio l’esclusione sociale. È una politica incentrata sulla dignità umana e non sottomessa alla finanza perché “il mercato da solo non risolve tutto”: le “stragi” provocate dalle speculazioni finanziarie lo hanno dimostrato. Deve poi essere una politica condivisa dai poveri, quindi non più “per” ma “con” essi.

Sesto capitolo: “Dialogo e amicizia sociale”

Il sesto capitolo propone il concetto di vita come “arte dell’incontro” con tutti, anche con le periferie del mondo e con i popoli originari, perché “da tutti si può imparare qualcosa e nessuno è inutile”. Il vero dialogo, infatti, è quello che permette di rispettare il punto di vista dell’altro, i suoi interessi legittimi e, soprattutto, la verità della dignità umana. Particolare, poi, il richiamo del Papa al “miracolo della gentilezza”, un’attitudine da recuperare perché è “una stella nell’oscurità” e una “liberazione dalla crudeltà, dall’ansietà e dall’urgenza distratta” che prevalgono in epoca contemporanea. Una persona gentile, secondo Francesco, crea una sana convivenza ed apre le strade là dove l’esasperazione distrugge i ponti.

Settimo capitolo: “Percorsi di un nuovo incontro”

Il settimo capitolo insiste sulla pace che è legata alla verità, alla giustizia ed alla misericordia. In una società, ognuno deve sentirsi “a casa” e, per questo, la pace è un “artigianato” che coinvolge e riguarda tutti e in cui ciascuno deve fare la sua parte. Il compito della pace non dà tregua e non ha mai fine, commenta Francesco, ed occorre quindi porre al centro di ogni azione la persona umana, la sua dignità ed il bene comune. Legato alla pace c’è il perdono: bisogna amare tutti, senza eccezioni, ma amare un oppressore significa aiutarlo a cambiare e non permettergli di continuare ad opprimere il prossimo. Perdono non vuol dire impunità, bensì giustizia e memoria, perché perdonare non significa dimenticare, ma rinunciare alla forza distruttiva del male ed al desiderio di vendetta. Mai dimenticare “orrori” come la Shoah, i bombardamenti atomici a Hiroshima e Nagasaki, le persecuzioni ed i massacri etnici. Essi vanno ricordati sempre, nuovamente, per non anestetizzarci e mantenere viva la fiamma della coscienza collettiva. 

Ottavo capitolo: “Le religioni al servizio della fraternità nel mondo”

L’ottavo e ultimo capitolo ribadisce che la violenza non trova base alcuna nelle convinzioni religiose, bensì nelle loro deformazioni. Atti “esecrabili” come quelli terroristici, dunque, non sono dovuti alla religione, ma ad interpretazioni errate dei testi religiosi, nonché a politiche di fame, povertà, ingiustizia, oppressione. Il terrorismo non va sostenuto né con il denaro, né con le armi, né tantomeno con la copertura mediatica perché è un crimine internazionale contro la sicurezza e la pace mondiale e come tale va condannato. Al contempo, va sempre ricordato che un cammino di pace tra le religioni è possibile e che è, dunque, necessario garantire la libertà religiosa, diritto umano fondamentale per tutti i credenti. Una riflessione, in particolare, sul ruolo della Chiesa: essa non relega la propria missione nel privato, non sta ai margini della società e, pur non facendo politica, tuttavia non rinuncia alla dimensione politica dell’esistenza. L’attenzione al bene comune e la preoccupazione allo sviluppo umano integrale, infatti, riguardano l’umanità e tutto ciò che è umano riguarda la Chiesa, secondo i principî evangelici. Infine, richiamando i leader religiosi al loro ruolo di “mediatori autentici” che si spendono per costruire la pace, Francesco cita il “Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza”, da lui stesso firmato il 4 febbraio 2019 ad Abu Dhabi, insieme al Grande Imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyib: da tale pietra miliare del dialogo interreligioso, il Pontefice riprende l’appello affinché, in nome della fratellanza umana, si adotti il dialogo come via, la collaborazione comune come condotta e la conoscenza reciproca come metodo e criterio.

L’Enciclica si conclude con il ricordo di Martin Luther King, Desmond Tutu, il Mahatma Gandhi e soprattutto il Beato Charles de Foucauld, un modello per tutti di cosa significhi identificarsi con gli ultimi per divenire “il fratello universale”. Le ultime righe del documento sono affidate a due preghiere: una “al Creatore” e l’altra “cristiana ecumenica”, affinché nel cuore degli uomini alberghi “uno spirito di fratelli”. 

L’immagine in evidenza è tratta da vaticannews.va

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