Non è il momento di perdere la calma
È facile e forse anche giusto dire, oggi, che il gioco di Renzi può oggettivamente favorire il M5s (che pure Renzi aborrisce). Bisogna però riconoscere che anche il gioco fin qui condotto da Zingaretti e dal Pd non ha fatto altro che favorire il M5s (del quale Zingaretti diceva di essere il vero e più sincero avversario, portando a dimostrazione il fatto che lui i grillini li aveva battuti due volte). Già all’inizio del 2019, elettoralmente, il M5s era evaporato (basta vedere i risultati delle elezioni regionali sarde). Se Franceschini e Zingaretti non avessero elaborato e poi fatto partire la strategia dell’accordo strategico (e in prospettiva della fusione) con il M5s il populismo grillino, dannoso per l’economia quanto per la democrazia di questo Paese, avrebbe smesso di avere voce in capitolo e di continuare a fare danni (si pensi ad esempio alla difesa di misure assistenzialistiche che a fronte di una spesa ingente hanno prodotto risultati di poco conto. E si pensi all’obbrobrio illiberale dell’abolizione della prescrizione prima e al di fuori di una riforma complessiva dei meccanismi del processo penale, nonché al taglio dei parlamentari prima e al di fuori di una riforma istituzionale complessiva su ruoli e funzioni delle due camere).
Certo, oggi, introdurre nel dibattito politico il tema del governo istituzionale e l’elezione diretta del capo dell’esecutivo (il cosiddetto sindaco d’Italia) da l’impressione di volere spostare la discussione sulla chiacchiera, perché non si ha la forza di imporre il confronto sui temi reali della crescita economica.
In realtà Renzi è uno dei pochi politici italiani che hanno ben
chiaro quanto la crescita sia il vero problema del Paese. È stato lui il primo
a dirlo e anche a proporre prime iniziative concrete (come lo sblocco dei
cantieri già programmati e finanziati per 120 miliardi e la necessità di
rivedere quelle misure assistenzialistiche di cui sopra che non hanno apportato
sostanziali miglioramenti alla situazione economica del Paese).
È da novembre che Renzi cerca di richiamare l’attenzione sulla centralità del
tema della crescita. In sintonia con quanto veniva detto e scritto da tanti
economisti ed esperti (si vadano a
rileggere le analisi pubblicate dal Sole 24 ore, gli inserti economia del Corriere Della Sera, gli
interventi su vari quotidiani di personaggi come Carlo Bonomi (presidente di
Assolombarda), il prof. Carlo Cottarelli, l’ex ministro Elsa Fornero. Renzi ha
partecipato a questo coro. E sembrava avesse anche capito un’altra cosa
fondamentale: il populismo salviniano può essere sgonfiato solo riportando il
Paese a crescere.
Ma Pd e Leu non hanno accettato il confronto sui temi economici ed hanno invece
assecondato i grillini nel dare priorità, per loro vitale, ad iniziative volte
a rassicurare il proprio elettorato sul fatto che la partecipazione al governo
giallorosso non impediva di portare avanti alcune storiche battaglie populiste
di bandiera: le misure varate quando erano al governo con Salvini (persino i
famigerati decreti sicurezza ), le battaglie giustizialiste (come l’abolizione
della prescrizione) e quelle anticasta (come la riduzione del numero dei
parlamentari). Nulla di vitale per il Paese. Tutto e solo funzionale alle logiche
politiche interne al principale partito della coalizione.
Renzi, invece di continuare ad agire mostrando la calma dei saggi, tenendo la barra a dritta sul tema della crescita, ha cominciato a sfoggiare posizioni eclatanti (per gettare scompiglio nella maggioranza di cui era ed è parte ma che non lo vuole più) come appunto la recente boutade sulla riforma istituzionale, che ha il suo fascino ma è oggi assolutamente irrealistica.
La strategia di Renzi di far uscire il governo dall’immobilismo si sta rivelando una strategia disperata. L’immobilismo è una tendenza naturale in una coalizione tra forze politiche che si sono presentate agli elettori con programmi del tutto opposti. E le ultime mosse di Renzi hanno l’indubbio difetto di offrire un alibi proprio all’immobilismo che vorrebbero combattere, offrendo una occasione in più ai due maggiori partiti politci della coalizione governativa per dire che loro vorrebbero occuparsi di cose serie ma sono costretti a perdere tempo per tenere a bada le intemperanze e le estrosità di un partner imprevedibile e bizzarro come Renzi.
Abbiamo un paese che deve affrontare una situazione molto difficile. Offrire alibi all’immobilismo di “una maggioranza che stenta a darsi una fisionomia” (copyright Massimo Franco) non è, al di la delle buone intenzioni, una buona strategia.
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