Mille miliardi di alberi

Il 21 Novembre è stato dichiarato giornata mondiale degli alberi. Nella nostra tradizione c’è anche un altro giorno, il 21 marzo inizio della primavera, in cui si celebrano gli alberi e la loro importanza per la vita del pianeta e di tutti noi. Ma possiamo dire che la festa di oggi cade nel momento giusto, in un momento cioè in cui gli alberi sono tornati di grande attualità nel dibattito politico internazionale che, nelle assisi appena conclusesi del G20 a Roma e della COP26 a Glasgow, ha impegnato tutti gli stati del mondo sui temi del mutamento climatico e della necessità di ridurre il riscaldamento globale.

È stato calcolato che attualmente, nel nostro pianeta, ci sono 3000 miliardi di alberi. Sembra una cifra enorme, ma in realtà sono circa la metà di quelli che si ritiene esistessero prima dell’avvio dell’industrializzazione.

Quale sia l’importanza degli alberi – dice la giornalista Flaminia Bussotti sul quotidiano Il Foglio dell’8 11 2021- “lo si è visto al recente G20 a Roma con l’intesa raggiunta nella dichiarazione finale di piantare mille miliardi di alberi entro il 2030, e anche alla conferenza sul clima a Glasgow, con l’impegno di oltre cento stati di fermare la deforestazione e la distruzione e la distruzione di boschi e paesaggi entro il 2030.
L’intesa è stata sottoscritta da tutta l’Unione europea ma anche da paesi con immense risorse boschive come
il Brasile, la cui foresta amazzonica costituisce il principale polmone del mondo, il Canada , la Russia, la Cina, l’Indonesia, il Congo (secondo polmone del pianeta). Si tratta dell’85% della superficie boschiva complessiva della terra, circa 34 milioni di chilometri quadrati. Costi stimati entro il 2025, 10,3 miliardi di euro, più 7, 2 miliardi di dollari di investimenti privati”.

Le foreste – spiega ancora Flaminia Bussotti – “assorbono circa un terzo delle emissioni annuali emesse dall’uomo di CO2. La loro superficie però cala progressivamente: si calcola che ogni minuto si perdano aree di foreste pari a 27 campi di calcio. Il premier britannico Boris Johonson ha paragonato i boschi a ‘cattedrali della natura’: ‘sono indispensabili per la nostra sopravvivenza’ “.

Piantare alberi è  un’idea semplice e giusta. Più di quanto non lo sia l’idea di chiudere fin da subito tutte le centrali elettriche a Carbone e, di conseguenza, le industrie che utilizzano l’energia da esse prodotta, ovvero fare a meno della maggior parte delle risorse economiche del pianeta (cosa che si può pure agitare come slogan nelle manifestazioni ma che non è politicamente e umanamente possibile realizzare).
È di questo parere un altro giornalista del Foglio, Giuliano Ferrara, che vede nella proposta di piantare alberi: “una suggestione scientifica di quelle che non vengono dall’inclinazione all’insensatezza […] una proposta geniale, diretta, trasparente e originaria come l’acqua, quello che ci voleva, e con urgenza, per spegnere il bla bla dei giovanissimi salmisti della terra che brucia e il corrivo bla bla dei governativi giventisti e onusiani con le loro équipe di sapienti e futurologi. A Roma e a Glasgow hanno preso la palla al balzo”. 

Si tratta, tra l’altro, di una proposta già lanciata in Italia alcuni mesi fa da Stefano Mancuso, uno scrittore, botanico e docente di Arboricultura all’università di Firenze e fondatore del Laboratorio internazionale di neurologia vegetale per gli studi sul comportamento delle piante.
Il commento del prof. Mancuso alla decisione del G20 è stato pubblicato su La Repubblica del 2 Settembre scorso:

Invece delle solite liste di buone ma vaghe intenzioni, questa volta è riportata nero su bianco una soluzione fondamentale che darà risultati importanti nella lotta al riscaldamento globale: piantare mille miliardi di alberi entro il 2030”. […] Si tratta, senza ombra di dubbio — qualora fosse effettivamente realizzato — di un passaggio fondamentale per garantire alla nostra specie un futuro più sereno, il cui merito va riconosciuto al G20 a presidenza italiana. Questi mille miliardi di alberi, infatti, rappresentano un’arma efficientissima per abbassare il livello dell’anidride carbonica (CO2) atmosferica da cui dipende direttamente l’aumento della temperatura media del pianeta, ossia il famigerato riscaldamento globale”.

Per comprendere come mai gli alberi possono davvero fare la differenza nella lotta all’emergenza climatica il prof Mancuso da, tra le altre, le seguenti spiegazioni:

A partire dall’inizio della civilizzazione umana ad oggi, l’uomo ha tagliato all’incirca la metà di tutti gli alberi presenti sul pianeta. Erano 6.000 miliardi prima dell’invenzione dell’agricoltura, oggi ne sono rimasti 3.000 miliardi. Ne abbiamo tagliati, quindi, 3.000 miliardi nel corso degli ultimi 12.000 anni, con un’accelerazione straordinaria dal 1700 a oggi. Ora, queste migliaia di miliardi di alberi che abbiamo rimosso dalla superficie del pianeta svolgevano un ruolo fondamentale assorbendo dall’atmosfera — grazie al fenomeno della fotosintesi — enormi quantità di C2. In altre parole, gli alberi sono in grado di fare ciò che la nostra tecnologia è, per ora, in grado soltanto di sognare, ossia rimuovere CO2 dall’atmosfera a bassi costi ed alta efficienza”.
E conclude:
Insistere soltanto sulle riduzioni delle emissioni non avrebbe portato a nessun risultato concreto (su questo sono ancora pronto a scommettere). Prima che i grandi produttori di CO2 comprendano l’assoluta necessità di ridurne le emissioni saranno, infatti, necessari molti anni di “conversione” ecologica. Nel frattempo, guadagniamo i decenni che ci servono piantando 1.000 miliardi di alberi”.

Naturalmente non sono mancate le critiche alla proposta. Nella maggior parte dei casi si tratta di obiezioni sulle quali non val la pena soffermarsi. Ma ce n’è una, che lo stesso prof. Mancuso ritiene essere la critica principale, sulla quale riportimo la sua replica:

Sul pianeta non c’è spazio per altri mille miliardi di alberi. Questa è la critica principale. Dove mettiamo questo iperbolico numero di alberi? C’è o non c’è lo spazio necessario? È difficile rispondere in maniera secca. A seconda di come si voglia definire lo spazio disponibile, la risposta può variare da “ce n’è ben oltre il necessario” a “neanche per idea”. Io sono convinto che, qualora volessimo farlo, sul pianeta ci sarebbe spazio per piantare ben oltre 1000 miliardi di alberi. Negli ultimi due secoli, dopotutto, ne abbiamo tagliati 2000 miliardi. Reintegrarne la metà non dovrebbe essere impossibile.

E, comunque, se anche le superfici libere non fossero sufficienti, potremmo sempre utilizzare, pur di raggiungere il nostro risultato, una piccola frazione dell’enorme estensione di terra utilizzata, direttamente o indirettamente, per l’allevamento animale. Oggi il 77% delle terre agricole è impiegata per l’allevamento del bestiame – si tratta di una superficie di circa 40 milioni di chilometri quadrati, quattro volte l’area degli Usa – mentre soltanto il 23% è destinato alla produzione di alimenti vegetali. Una gestione insensata, se si considera che gli allevamenti animali producono soltanto il 18% delle calorie e il 37% delle proteine totali consumate dall’umanità.

Ridurre, anche di poco, questa pantagruelica e ingiustificabile superficie a favore della messa a dimora di 1000 miliardi di alberi non farebbe altro che bene. Tale soluzione oltre a permetterci di disporre di superfici in eccesso per piantare i nostri alberi, avrebbe, inoltre, l’indubbio vantaggio di limitare le emissioni di CO2 prodotte dagli allevamenti animali, che al momento – lo ricorda la Fao – ammontano al 14,5 % di tutte le emissioni antropogeniche. Riassumendo, lo spazio c’è”.

L’immagine in evidenza è tratta da: vastoweb.com
Le altre immagini sono tratte, nell’ordine, da: facebook.com; sintiny.it; facebook.com; ilfoglio.it; lifegate.it

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento