Il caso Becciu e i tradizionalisti

Il gesuita e biblista Martini disse una cosa enorme e grottesca quando accusò la Chiesa di essere in ritardo di duecento anni sulla modernità. Il Papa non è un qualunque Robespierre per non dire Saint Just, e il dovere della Chiesa è di essere in ritardo di duemila anni non di duecento anni sugli affari generali del suo tempo.”

Cosi termina l’articolo di G. Ferrara sul Foglio del 27 settembre chiedendo a Francesco di applicare nei confronti dell’ex cardinale Becciu “la carità che è una tecnica di governo”.

Partiamo dalla cronaca dell’Avvenire del 26 settembre:

Il cardinal Becciu ha anche ricostruito i suoi rapporti con il cardinal Pell…Sull’ex presidente del dicastero dell’Economia, poi dimessosi per difendersi dalle accuse di pedofilia, Becciu ha detto: “Abbiamo avuto contrasti professionali perché voleva applicare leggi che non erano ancora state promulgate. Una volta durante una riunione in cui era presente anche il Papa mi diede del “disonesto” e li ho perso la pazienza e gli ho detto che non doveva permettersi…” Anche Libero Milone, revisore dei conti poi dimessosi, secondo Becciu “voleva andare oltre le regole”.

Il cardinal Pell, dal canto suo, ha emesso una dichiarazione, inviata alla CNA il 25 settembre, nella quale l’ex prefetto del Segretariato Vaticano per l’Economia ha scritto: “Il Santo Padre è stato eletto per far pulizia nelle finanze del Vaticano. Egli gioca una lunga partita ed è da ringraziare e congratularsi con lui per i recenti sviluppi”. Ricordiamo che il cardinal Pell attualmente vive a Sydney dopo la sua assoluzione emessa dall’Alta Corte australiana in aprile per l’accusa di abuso sessuale. Ha trascorso 13 mesi in carcere dopo che gli è stata inflitta una condanna a sei anni a seguito di un processo a Melbourne, Victoria. “Spero che la pulizia delle stalle continui sia in Vaticano che nello stato di Victoria”, ha concluso Pell.

Non possiamo pronunciarci sugli addebiti ma una certezza la possiamo avere: Becciu e Pell non possono avere entrambi ragione. L’altra certezza che abbiamo riguarda i tradizionalisti: se papa Francesco avesse atteso il pronunciamento del tribunale per prendere posizione sarebbe stato accusato di connivenza con chi si muove “opacamente” (il cardinal Parolin ha così definito le operazioni finanziarie di Becciu) e di smentire concretamente il suo desiderio di riformare le finanze vaticane.

Il pensiero di Ferrara merita un approfondimento nel punto in cui sostituisce la ricostruzione storica e il rigore logico con una affermazione infondata e inappropriata al tema, ma di effetto plateale e propagandistico. Per imputare a papa Francesco la rapidità di una decisione “senza carità” (ricordiamo che il papa non ha condannato Becciu ma gli ha ritirato la fiducia in attesa di un chiarimento giuridico), Ferrara parte dal paragone col cardinal Martini, di cui rimarca la stessa provenienza dai gesuiti, a sottolineare implicitamente le stimmate di “modernismo” di certi prelati appartenenti all’ordine. Il cardinal Martini aveva evidenziato, a suo tempo, una serie di ritardi nella riflessione e nell’operato della sua Chiesa, per esempio sui temi del diaconato alle donne e della scelta del celibato sacerdotale, e aveva verificato la forte opposizione all’attuazione dell’insegnamento pastorale emerso dal Vaticano II, anche a livelli dei vertici ecclesiastici. Tanto per fare un esempio: siamo nel 2020, a 55 anni dalla fine dell’ultimo concilio, e oggi i cattolici tradizionalisti chiedono pubblicamente – attraverso le voci di vescovi, sacerdoti, associazioni varie, organi di informazioni, convegni e manifestazioni pubbliche soprattutto in Europa e negli Usa – di “rivedere” criticamente i testi del Vaticano II (se non l’intero concilio) a partire dalla “Dignitatis Humanae” sulla libertà religiosa. Appunto una componente laica e clericale della Chiesa, secondo il cardinal Martini, aveva preso le distanze dal Vaticano II e indugiava allora (come ancora adesso) attorno ad un altro Concilio, più lontano nel tempo, il Vaticano I (quello del 1800) e al Sillabo di Pio IX, entrambi protagonisti dello stato confessionale e della subordinazione della legge alla morale vigente della Chiesa. Ora, cosa ci sia di “grottesco ed enorme” nella richiesta di miglioramenti e di adeguamento a recepire le nuove domande della modernità, anche per opera del Vaticano II, è impossibile dimostrare tranne decontestualizzando il suo pensiero. Infatti esso diventa, per Ferrara, di tutt’altro contenuto: non più il richiamo alla fonte sorgiva della Chiesa, tra l’altro quella proprio di duemila anni fa, quando nell’ecclesia c’erano le diaconesse e le profetesse ed episcopi e presbiteri con famiglia e figli, senza scandalo per alcuno. Il pensiero di Martini si tramuta incomprensibilmente nell’adesione alle accelerazioni di condanne che, nell’epoca dell’informazione globale, saltano velocemente ogni ipotesi garantista e mettono immediatamente alla “gogna mediatica” un indiziato in attesa. Che Martini non intendesse riferirsi alla necessità di emettere giudizi sommari sulle persone e non pensasse minimamente di chiedere alla Chiesa di adeguarsi ai tempi dell’informazione sciacalla, alle campagne di linciaggio e di pregiudiziale valutazione sul sospettato è chiaro ed evidente a un qualsiasi lettore dei suoi libri ed interviste…a meno che non si faccia prendere la mano dal gusto di una battuta, questa senz’altro diffamatoria del pensiero altrui. Perché, quindi, certi giornalisti non aspettano – non diciamo “duemila anni” ma solo qualche ora – per documentarsi meglio prima di emettere sentenze lapidarie su persone innocenti, delle quali frettolosamente travisano il pensiero?

La foto in evidenza è tratta da catholicnews.com

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