L’enigma Francesco

L’ENIGMA BERGOGLIO. La parabola di un papato”, è il titolo del libro, scritto dal giornalista Massimo Franco (edito da Solferino) per esaminare le tappe fondamentali e le prospettive della Chiesa dopo sette anni di pontificato di papa Francesco.

La ricostruzione inizia fin dal momento della elezione del cardinal Bergoglio, che scelse non a caso il nome di “Francesco”, segnando così una profonda discontinuità con i precedenti pontificati, in primo luogo nei termini di vita personale.

Francesco non ha mai vissuto nell’appartamento pontificio del Palazzo Apostolico (” Qui potrebbero abitare 300 persone” ha osservato) e si è trasferito in 90 metri quadri, assegnatigli nella Casa Santa Marta, l’edificio alberghiero per i prelati residenti o di passaggio a Roma. Mangia alla mensa della residenza, ha rinunciato all’auto blindata ed all’abbigliamento vistoso e variegato per limitarsi a un semplice abito bianco e conduce quotidianamente una esistenza frugale.

Che i primi debbano dare l’esempio e praticare la virtù principale, l’umiltà, è un detto del Vangelo e papa Francesco, nelle scelte della sua vita privata, lo applica con estrema naturalezza.  L’immediata adesione popolare alla sua figura non ha trovato riscontro in una altrettanto autentica accoglienza da parte della gerarchia cattolica, soprattutto perché Francesco ha cercato di porre mano ad una doppia iniziativa riformatrice, all’esterno e all’interno della Chiesa.

All’esterno della Chiesa papa Francesco si è rivolto al mondo intero ponendo al centro il messaggio di Gesù sui poveri e sui forestieri, il Discorso della Montagna e la parabola del Samaritano, traducendoli e attualizzandoli efficacemente con le parole d’ordine dei “ponti e non muri” e della “Chiesa come ospedale da campo”.

La radicalità, con cui Francesco ha segnalato la crescita delle disuguaglianze sociali e la necessità di rispettare le future generazioni consegnando loro un pianeta Terra abitabile, ha fatto emergere la formazione di un largo schieramento di opposizione che va dai sovranisti europei all’amministrazione Trump e ai regimi oligarchici sud americani quali quello del Brasile di Bolsonaro.  

Questo fatto vuol significare che si è costituito un potente apparato mondiale in grado di finanziare i movimenti di contestazione al papa, iniziative propagandistiche, informazione pilotata. Lo stesso mondo cattolico è fortemente influenzato dalla propaganda ostile a Francesco, mancando degli anticorpi morali per rifiutarla: ciò a causa dell’inadempienza prolungata dei pontificati precedenti, che su questi temi non erano altrettanto precisi e concreti.

All’interno della Chiesa papa Francesco ha voluto perseguire “trasparenza e rigore morale” identificando dentro il clero i pericoli della corruzione, del carrierismo, della sete di potere e degli abusi sessuali. Il rinnovamento della Curia romana (“un caos di soldi non resocontati, fondi neri, immobili non censiti, investimenti avventurosi, depositi nei paradisi fiscali “scrive Massimo Franco) è stato portato avanti ma non è stato sufficiente perché in questa Chiesa cattolica non vi è ancora una classe dirigente in grado di far proprio il progetto di Francesco.

Il papa sta quindi seminando ma non raccogliendo i frutti (un dato preoccupante: circa la metà dei vescovi italiani guarda con cautela, se non con diffidenza, il pontificato di Francesco).  La teologia di Francesco (a cui si rimprovera una scarsa preparazione mentre per lui eliminare il superfluo dottrinale è una scelta consapevole) è giustamente ridotta all’essenziale e soprattutto tende a non creare divisioni, mentre tutto lo schieramento tradizionalista cattolico desidera l’identità forte dei dogmi e dei principi, a costo di interrompere il rapporto con il prossimo. Un esempio: la ripresa del terrorismo a Parigi ha visto da parte dei tradizionalisti il rilancio mediatico del “Discorso di Ratisbona”, quasi fosse l’argine e la risposta all’evento criminale (sul disastro, non solo diplomatico, creato dal “Discorso” di Benedetto XVI vedi gli articoli “Realizzare l’incontro tra le diverse culture”).

Un dato resta inequivocabile: indietro non si torna, il passato tanto amato dai conservatori è la causa non la soluzione dei problemi. Problemi simili in termini di scandali e di divisioni interne si sono avuti (“ben peggiori” sostiene MassimoFranco, che aggiunge: “in quegli anni – di Ratzinger e di Woytila n.d.r- si sono aggravate e sedimentate le storture che Francesco cerca di raddrizzare”) durante i pontificati di Benedetto XVI e Giovanni Paolo II.

In particolare la Curia romana è oggi un sistema talmente articolato e compatto che una sua riforma resta difficilissima e soprattutto non immediata. A questo problema si aggiunge il peso e il ruolo di opposizione svolto dalla componente tradizionalista per indebolire l’azione di Francesco. Sostiene infatti Massimo Franco che la rinuncia di Benedetto XVI (non c’è stato alcun complotto per destituirlo, ma semplicemente “le mie forze non sono più adatte ad esercitare il ministero petrino”) è stata provocata dall’incapacità/irrealizzabilità di “governare una realtà in cui i conflitti fra interessi e culture sono arrivati a rendere impossibile una sintesi”. In altre parole la contrapposizione tra questa Curia e la Chiesa dei tradizionalisti da una parte e Francesco dall’altra non appare ricomponibile.

Le conclusioni, pessimisticamente e razionalmente motivate, si trovano nel sottotitolo “La parabola di un papato”: dopo aver esaminato nei diversi capitoli del libro lo stato di difficoltà in cui si trova il progetto ecumenico e pastorale di Francesco, per Massimo Franco la cosiddetta “spinta propulsiva” dell’azione del Papa è giunta ad un punto morto.
Non è questa, invece, la nostra valutazione sul futuro e avremo occasione di approfondirla.

L’immagine in evidenza è tratta da caritas.it

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