Difendere la famiglia: quale?

La tutela della famiglia, rivendicata da Salvini e da Meloni, è l’argomento di un articolo di Luca Lotti sul Foglio di mercoledì 5 c.m.
Lotti correttamente identifica come opportunistica e strumentale l’utilizzazione, da parte dell’opposizione, di un aspetto sociale importante di cui ogni governo dovrebbe farsi carico. Mentre poi Lotti mette in evidenza l’azione dell’esecutivo di Conte ed i provvedimenti presi a favore dei gruppi famigliari, a noi interessa invece rimarcare quanto il messaggio della Lega e di Fratelli d’Italia sia una distorsione totale di quel Vangelo e dei valori cristiani che costoro dicono di voler rappresentare.

L’analfabetismo religioso di chi, ancora fino all’altro ieri, faceva proprio un cristianesimo semi pagano e superstizioso, totalmente superato dallo sviluppo della storia della Chiesa (“…è soprattutto nella creazione del nostro immaginario collettivo più profondo e radicato che dobbiamo molto ai Celti. La religione che professa oggi la maggioranza dei Padani è in larga parte il risultato della cristianizzazione di antiche credenze celtiche (dalla Trinità al culto della Vergine, al rapporto col mondo dell’Al di là alle più famigliari iconografie dei santi) quasi tutte le ricorrenze e le feste sono di origine celtica, i luoghi di culto più popolari, la struttura iconografica più radicata…” da “Quaderni padani” di Gualtiero Ciola) spiega almeno in parte l’approssimazione con cui vengono usati termini religioso dal contenuto profondo. Uno di questi è la “cattolicità”.

Il vocabolo si riferisce alla portata del messaggio di Gesù, messaggio che deve essere trasmesso a tutte le nazioni della Terra, ed indica appunto l’“universalità” in contrapposizione al particolarismo locale ed alle identità etniche. Ai giorni nostri, impropriamente, si usa il termine per indicare esclusivamente la Chiesa di Roma, tuttavia alle origini, fin dal primi secoli e col credo niceno-costantinopolitano del 381, “cattolica” era l’assemblea complessiva dei fedeli in Cristo, appunto “universale”. Quindi come tale, la “cattolicità” è rivendicata non solo dalla chiesa dei Papi ma anche dalle chiese protestanti e, per poter esserne degni, bisogna che la Buona Novella sia rivolta a tutti, indistintamente, perché la cattolicità non prevede barriere di razza, di censo, di nazionalità o di cultura. Non ci sono frontiere anagrafiche di nessun tipo di fronte alla “cattolicità”.

Essere coerentemente “cattolico” per un uomo politico diventa quindi particolarmente impegnativo in quanto lo costringe a progettare e realizzare iniziative di indirizzo generale, rivolte non solo al gruppo di riferimento principale dei suoi elettori ma all’insieme indistinto e variegato della società in cui vive.

Ora chiediamoci: quale è stato il contributo dei “cattolici” Salvini e Meloni al ricongiungimento delle famiglie straniere separate? Alla cittadinanza per i bimbi stranieri nati e cresciuti in Italia? All’accoglienza dei gruppi famigliari in cerca di una nuova società che possa accoglierli e consenta loro di inserirsi positivamente?

Prima di proporsi come difensori della “famiglia”, costoro dovrebbero chiarire se intendono la famiglia in una ottica “cattolica” come dichiarano a parole oppure in senso riduttivo, anti evangelico, “sovranista”, come finora hanno dimostrato di fare.

Un’ ultima considerazione, ricordando che  sovente la singola parola, scritta o detta con spontaneità, diventa – come il lapsus – più rivelatrice delle reali intenzioni di una persona che non i lunghi e argomentati discorsi della stessa. Quando la ”cattolica” Meloni chiede il voto per il suo partito (guarda caso si chiama “Fratelli d’Italia”) provi ad interrogarsi se il termine ”fratello”, da lei utilizzato accanto ad un altro vocabolo che ne delimita la portata in funzione nazionalistica,  corrisponda pienamente al senso che dava alla parola “fratello” l’uomo di Nazaret, quando, senza preclusioni, pensava e agiva per tutti i popoli del mondo.

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