Contrapposizione all’interno del mondo cattolico polacco

Un interessante articolo di Vatican News racconta la manifestazione che si è tenuta sabato 21 Novembre, nel centro di Varsavia, quando migliaia di polacchi hanno marciato in solidarietà con le persone che scappano dalla Belarus.

È stato commovente sapere che lo slogan “Date da mangiare agli affamati, vestite gli ignudi!” veniva gridato dai manifestanti durante il percorso mentre, contemporaneamente, per sottolineare l’unità di tutti, i partecipanti non hanno portato con sé bandiere e striscioni che mostrassero il loro orientamento politico o l’appartenenza religiosa, ma le coperte termiche usate dai profughi per scaldarsi, coperte che sventolavano accanto alle bandiere dei rifugiati.

L’iniziativa è stata promossa dalle Organizzazioni Non Governative che cercano di soccorrere le persone migranti, tra le quali il Centro sociale dei Gesuiti, affiliato al Jesuit Refugee Service. La prima delle richieste è stata quella di far tornare i medici alla frontiera mentre al confine proseguono arresti e respingimenti. Possiamo quindi affermare che non tutta la Polonia è schierata con il governo contro i migranti.

Vogliamo poi riprendere alcuni passaggi dell’intervista a uno dei partecipanti alla marcia di Varsavia, padre Zmudzinski, che è portavoce e assistente del provinciale della Compagnia di Gesù in Polonia. L’intervista inizia con un titolo significativo: “Non sono aggressori, ma disperati ingannati e bisognosi”.

Dopo aver descritto la pesante situazione che stanno vivendo i profughi, padre Zmudzinski sottolinea il secondo dato rilevante: la contrapposizione, all’interno del mondo cattolico polacco, tra coloro che osteggiano dichiaratamente ogni soccorso e i partecipanti alla manifestazione. “Però il nostro compito più difficile è cercare di arginare la mentalità dei circoli nazionalisti che si identificano con la Chiesa cattolica nonostante il loro atteggiamento non evangelico. Non vedono nei profughi delle persone che hanno bisogno d’aiuto. Per loro, questi disperati profughi, ingannati dal regime di Lukashenko, i giovani, le donne, i bambini, sono solamente degli aggressori. È molto triste.”
Padre Zmudzinski aggiunge ancora un elemento alla drammaticità della divisione: “La Polonia è talmente divisa che qualsiasi proposta di aiutare i profughi rivolta ai nostri studenti sarebbe percepita da alcuni di loro come un tradimento della patria”.

Sull’azione difficile condotta dai volontari, emerge il ruolo delle istituzioni dello Stato polacco: “E’ incomprensibile che, respingendo questi migranti, lasciandoli nella foresta in un freddo tremendo, osiamo chiedere all’Unione Europea solidarietà per impedire il loro ingresso. Che solidarietà è questa? Solidarietà per costruire un muro, per bloccare persone, che sono venute a cercare pace e tranquillità, è un atto senza compassione. Un giudice del Tribunale costituzionale ha detto che quelli che aiutano i migranti e danno loro da mangiare sono dei traditori della patria e devono andarsene dalla Polonia. C’è molta paura tra i volontari, che non vogliono parlare neanche con i giornalisti.”

Il messaggio di Gesù (che papa Francesco riprende senza incertezze) non può conciliarsi con la visione dei sovranisti polacchi, da cui è inevitabile, per i veri cristiani, prendere le distanze. Lo stesso messaggio resta incompatibile con la politica dei nostri leder populisti e con il sostegno loro dato da vescovi come Ruini.

Chiudiamo con una ultima osservazione di padre  Zmudzinski sul comportamento dei profughi e le difficoltà della relazione:
Non può meravigliare il fatto che i migranti diventino sempre più aggressivi. Sono disperati. Alcuni fanno davvero paura. È vero quello che ho sentito da un mio amico, che gli immigrati si comportano così come vengono trattati. Questo vale anche per altre situazioni e per altre persone. Se qualcuno ci nega il diritto di essere trattati come esseri umani, ci sentiamo come le bestie ferite. Tante volte c’è anche odio verso i profughi. Forse perché le ferite dell’ultima guerra mondiale e della lunga lotta per l’indipendenza sono sempre aperte. Dobbiamo finalmente iniziare un processo di guarigione, di conversione, per essere più aperti. E forse in questo possono giocare un grande ruolo i sacerdoti e i religiosi come i gesuiti.”

 L’opera di soccorso non è “un pranzo di gala”, parafrasando un detto orientale, ma una complicata operazione dove non sempre e non subito la riconoscenza e la gratitudine, da parte dell’“altro”, appaiono in primo piano.

L’immagine in evidenza è tratta da vaticannews.va
Le altre immagini soni tratte, nell’ordine, da: vaticannews.va; europa.today.it

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