Benedetto XVI e il ’68 -1

Il testo di Benedetto XVI in merito alla crisi della Chiesa per gli abusi sessuali del suo clero è stato segnalato dal quotidiano “Avvenire” con un minuscolo titolo e otto righe di una stretta colonna in prima pagina, e poi con l’articolo a pagina 23 (su 25 pagine del giornale).

Il testo originale di papa Ratzinger è diviso in tre parti: 1) il contesto sociale della crisi “sessuale”, 2) le conseguenze per la formazione dei sacerdoti; 3) la prospettiva per una giusta risposta.  
Benedetto XVI parte da una tesi che già da alcuni anni circola tra coloro che, affrontando il tema della pedofilia nella Chiesa Cattolica, intendono attribuirne la causa ad un fattore esterno alla Chiesa stessa. Per tutti costoro, col problema della pedofilia non c’entra il millenario celibato del clero, non c’entrano le modalità di cooptazione dei futuri sacerdoti, non c’entra l’organizzazione dei seminari, non c’entra la morale ufficiale cattolica. La responsabilità di questo evento drammatico è del movimento del ’68!

 Oggi vogliamo affrontare solo il primo punto, il contesto sociale, per poi in seguito riprendere gli altri.

La ministra della Salute e Famiglia in Germania, Käte Strobel, appartenente al primo governo Brandt, 1969, rese ufficiale e pubblica la “degenerazione morale”. Come? “La situazione (ndr di crisi morale”) ebbe inizio con l’introduzione, decretata e sostenuta dallo Stato, dei bambini e della gioventù alla natura della sessualità”, sostiene Benedetto XVI: in altre parole è stata l’educazione sessuale introdotta nelle scuole uno dei primi anelli della lunga catena che ci ha consegnato oggi la pedofilia nella Chiesa. La scelta educativa della ministra si collocava all’interno di quel grande movimento chiamato “il 68” che, secondo il papa emerito, “tra le libertà che voleva conquistare c’era anche la completa libertà sessuale, che non tollerava più alcuna norma”.

Coloro che hanno vissuto l’’esperienza sessantottina possono già segnalare la semplificazione e banalizzazione di questi concetti. Per limitarci all’Italia, all’interno del movimento del 68 erano presenti posizioni totalmente distanti, che evidenziavano un ventaglio diversificato di vissuti.  Da una parte, il rito monogamico di sposalizio da parte di una corrente maoista “certificata” e la morale comunista tradizionale (da chiesa vera), con i suoi vincoli, tabù, divieti, fatta propria dalla componente marxista leninista. All’altro estremo, la proposta di libertà radicale nel vivere la propria sessualità dei gruppi libertari e di “Re Nudo”. Eppure, anche in questo ultimo caso mai è stata teorizzata “l’assenza di norme”, soprattutto morali, di cui scrive Benedetto XVI. Partirà infatti proprio da questi gruppi spontaneisti e anarcoidi la prima formulazione di una critica al femminile della sessualità e di una maggior attenzione alla donna perchè considerata oggetto e proprietà, troppo spesso, anche nel mondo apparentemente “libertario” del ’68. Eppure qualcosa univa queste posizioni così lontane tra loro, cioè il rifiuto della sessualità concessa e praticata dal mondo che stava alle loro spalle. Di questo mondo Benedetto XVi non scrive una parola critica, anche perché non ne vede il motivo. Eppure alcuni elementi di quel mondo arcaico e represso sono ancora oggi patrimonio di una religione deformante: per esempio la masturbazione come “atto intrinsecamente e gravemente disordinato”, oppure come l’amore fuori dal matrimonio (definito dal catechismo “la fornicazione, gravemente contraria alla dignità delle persone e della sessualità umana naturalmente ordinata…”).  Inoltre il papa avrebbe potuto darsi una spiegazione diversa della degenerazione sessuale, a partire proprio dalla sua esperienza reale, non libresca. Benedetto XVI infatti scrive: “Film a sfondo sessuale e pornografici divennero una realtà (negli anni ’60 ndr), sino al punto da essere proiettati anche nei cinema delle stazioni. Ricordo ancora come, un giorno, andando per Ratisbona, vidi che attendeva di fronte a un grande cinema una massa di persone come sino ad allora si era vista solo in tempo di guerra quando si sperava in qualche distribuzione straordinaria.” Proprio così li descrive il papa emerito, individui affamati di sesso visivo come prima erano affamati di pane materiale. Benedetto XVI non si rende conto che stava vedendo una folla di persone represse (“fameliche” come lo erano i sopravvissuti della guerra) perchè tenuta imbrigliata fin dall’infanzia dai racconti religiosi e dalla morale sessuofobica (“i bambini devono abituarsi a dormire sempre con le braccia fuori dalle coperte” da un testo dell’epoca), perché mortificata nei suoi istinti naturali e diseducata totalmente a gestirli in quanto essi vanno solo repressi. Nessun individuo normalmente sano e appagato sessualmente avrebbe fatto la coda per vedere il film, ma questo fatto il papa emerito non lo sospetta lontanamente.

PS: vorremmo suggerire ai tradizionalisti che accanto al ’68 pongano un altro e forse ancor più decisivo protagonista, per quanto riguarda la degenerazione del vissuto sessuale “senza norme” e il degrado della morale della relazione.  In Occidente, prima ancora del ’68, la critica più attiva e di massa ai comportamenti sessuali tradizionali è scaturita non da un movimento politico ma dalla musica. Quel demone del “rock and roll”, col dimenarsi dei fianchi di Elvis Presley e le intemperanze di Jerry Lee Lewis, ha commesso tanti di quei “danni e scelleratezze” che si potrebbe imputargli, accanto a questi, già accertati storicamente, anche la pedofilia del clero cattolico.

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