Il rilievo politico delle elezioni regionali

Proviamo a dire due cose a caldo sui risultati delle elezioni regionali in Sardegna.
I dati da considerare sono a tutti noti: il Centrodestra ha vinto largamente, ma il principale partito della coalizione (la Lega) non ha sfondato; il Centrosinistra ha perso la guida della regione ma, rispetto alla debacle subita nelle politiche dello scorso anno, il principale partito della coalizione (il PD) non solo ha tenuto ma ha mostrato evidenti segni di recupero ed ora è il primo partito della Sardegna; il M5s si è dovuto accontentare di un magro terzo posto con solo l’11% dei voti, rispetto al grande successo di un anno fa (circa il 42%) ha perso per strada tre elettori su quattro (in voti assoluti è passato da 370 mila voti a soli 70 mila).

In sintesi ci sono, quindi, tre fatti rilevanti:

  • La debacle del M5s è tale per cui non è fuori luogo pensare che questo movimento si stia incamminando verso quello che è il destino storico di ogni movimento protestatario, ovvero la sua progressiva estinzione (a meno che non intervenga una qualche trasformazione radicale).
  • Il risultato della Lega indica che la sua crescita esponenziale si va arrestando (ma ha ancora un possibile bacino cui attingere, costituito dagli elettori che via via stanno abbandonando, e abbandoneranno sempre più, il M5s.
  • Il PD incomincia a riconquistare peso nel panorama politico del paese, incamerando i frutti della saggia decisione di non rincorrere i populisti e i sovranisti nei loro fantasiosi e pericolosi programmi di smantellamento del sistema economico e sociale del paese.

Ma c’è ancora da considerare un quarto aspetto rilevante, frutto del riflesso sul piano nazionale dei risultati delle regionali sarde: è vero quanto vanno continuamente ripetendo Salvini e Di Maio (e a seguire il presidente Conte) cioè che la tenuta della coalizione di governo non è messa in discussione da questi risultati elettorali. C’è di più: ora quella tenuta è più certa.
Ci spieghiamo. Se prima Di Maio non aveva alcuna voglia di correre il rischio di elezioni anticipate (ove per esempio avesse puntato i piedi su qualcuno dei suoi temi considerati prioritari), ora allontanare il più possibile quel rischio è diventato una assoluta necessità. E probabilmente avremo, nei prossimi mesi, un M5s molto più accondiscendente alle scelte politiche della Lega.
Salvini, a sua volta, non troverà conveniente rispondere ai ripetuti appelli di Berlusconi di scaricare i Cinqustelle per rientrare nel Centrodestra e, magari, andare ad elezioni politiche anticipate per incassare la crescita di consensi che indubbiamente ha saputo realizzare in questi mesi di “governo del cambiamento”. Salvini avverte che non è automatico che in eventuali elezioni politiche prenderebbe una marea di voti. Stare al governo con i Cinquestelle è un lido più sicuro per la sua politica sovranista, anche perché ora è il capitano indiscusso della compagine governativa.

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