Una visione aperta sul mondo

Palazzo Reale di Milano ospita, fino al 2 giugno, una grande retrospettiva dedicata ad Antonello da Messina (1430 – 1479). Delle trentacinque opere attualmente attribuite ad Antonello, venti sono presenti nella mostra.
Dopo l’apprendistato iniziale in Sicilia, Antonello si trasferisce, per imparare il mestiere, a Napoli, nella bottega di Colantonio (grande pittore da recuperare) dove entra in contatto con la pittura fiamminga. Successivamente si sposta in Calabria, poi Roma, attraversa la Toscana e le Marche, soggiorna a Venezia, sempre documentandosi e aggiornando la sua tecnica pittorica.  Trascorre gli ultimi anni in Sicilia dove muore. Oggi potremmo dire che i suoi capolavori sono frutto di una visione aperta sul mondo – tale da consentirgli di impadronirsi di tecniche e stili – e sulla cultura: la sua arte nasce dall’incontro di stimoli e suggestioni che provengono da lontano e attraversano i confini territoriali. Antonello rappresenta, come ogni vero artista, l’uomo apolide, che partendo pure da radici locali, si rivolge a tutti e parla in tutte le lingue. Nel sorprendente “Ritratto di ignoto”, che è stato dato in prestito dal Museo di Arte Antica ubicato in Palazzo Madama, a Torino, abbiamo la riprova di come la sua capacità di realizzare i più minuti particolari non sia fine a se stessa ma consenta di definire una psicologia umana attraverso la riproduzione del volto. Le più belle sopracciglia della pittura italiana presentano una leggera asimmetria dovuta all’appena accennato rialzo di quella destra; poco più in basso è raffigurato uno straordinario accenno di sorriso, per ambiguità pari a quello della Gioconda. L’elegante abito d’epoca, a canne d’organo, e l’incredibile copricapo nero – che tuttavia non si fonde e non si confonde col piano scuro da cui emerge – completano il ritratto, anche se andrebbero sottolineati altri aspetti: l’unico orecchio visibile – perfetto malgrado l’esecuzione venga considerata altrettanto difficile per un pittore quanto quella della mano – le guance non rasate, le venuzze degli occhi…. Alterigia, sicurezza di sé, manifestazione di un potere che può giungere fino alla prepotenza: non a caso nella mostra «Il male. Esercizi di pittura crudele» tenutasi a Stupinigi nel 2005, il “Ritratto di ignoto” è stato proposto come prefigurazione del mafioso.

 L’opera ha attraversato i secoli fino al terzo millennio ed Antonello riesce ancora ad interloquire con noi, comunicandoci tratti caratteristici dell’“anima” umana.

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