Обійми (Abbraccio)


il cortile di un palazzo barocco, tra l’ocra e il bruno, devastato; macerie, fili che pendono, sbarre d’acciaio, fori di pallottole; al secondo piano – omaggio allo spirito delle città che hanno reso eterna l’Europa – un cancello di ferro battuto con curvature delicate; ripreso dal basso verso l’alto, un cielo dal quale non si sa che cosa affiorino, se nuvole o fiamme di un incendio; e, in questo scenario da fine del mondo, un pianista, un quartetto d’archi che fremono e la voce di Vakarchuk che s’innalza – “Obiymi mene… abbracciami… abbracciami ancora… non lasciare le mie braccia, abbracciami…”; che cosa si può cantare di meglio quando si appartiene a un popolo che tenta di restare umano sotto le folgori della disumanità? Che cosa, se non una ballata che ruota senza fine attorno al suo refrain, mentre si cerca un riparo contro l’odio, il missile che cadrà, il caos?

Vakarchuk canta Обійми (Abbraccio) nel cortile di un palazzo devastato a Kharkiv

Per tutti costoro, Vakarchuk non somiglia a nessuno. È se stesso, Slava (come viene chiamato in Ucraina – ndr -), uno dei nostri ultimi rocker e uno degli ultimi poeti epici del nostro tempo. Perché esistono, in fin dei conti, due tipi di poesia. L’orfica e la lirica. L’orfica si regge da sé, superba, tesa al vertice del suo dire – in francese, Mallarmé. La lirica vuole invece l’accordo con l’altro, grande o piccolo che sia, il cuore nudo come il cuore del poeta, sentimenti semplici e profondi: Notte renana, poesia di guerra di Apollinaire, e La ballata degli impiccati di Villon.

E poi c’è, tra i cantori di questa specie, quell’animale ancora più raro che è il poeta lirico ed epico – quello che i greci chiamavano l’aedo; nella Francia delle origini, il trovatore; colui che, espiatorio senza capro e messaggero senza mandato, si fa carico, in virtù del mistero di quanto possiede – parole, voce, corpo e presenza – del destino di un popolo.

Be’, Vakarchuk si fa carico di questo compito per il popolo ucraino. Come Armstrong con il suo timbro spezzato, in cui trovavano una sintesi nostalgica il martirio e la resurrezione dei neri americani. Come Bono, che stringe, una volta per tutte, nelle sue dissonanze più rauche, il corpo insanguinato della sua amata Irlanda. Come loro, sì, Vakarchuk compie il miracolo di quella semplificazione senza perdita che è il segreto dell’aedo. Come loro, con lo sfarzo delle strutture specifiche del rock, Vakarchuk padroneggia la tecnica di quell’essenzializzazione geniale, di quella lacerazione impietosa nella materia della musica, di quell’ascesi che è la creazione di un refrain perfetto, vertice del canto e del testo, arte totale e minimale che ritorna su se stessa come un ossimoro, e a cui si abbarbica lo spirito di un tempo, di una giovinezza, di un popolo.
(Da Bernard-Henri Lèvy “Dunque la guerra” Ed. La Nave di Teseo)

QUI per guardare il video messo online dalla Biennale di Venezia su YouTube

QUI per guardare il video della versione cantata con Coldplay

Qui di seguito una traduzione dall’Ucraino del testo di Обійми:

Коли настане день
Закінчиться війна
Там загубив себе
Побачив аж до дна

Обійми мене, обійми мене, обійми

Так лагідно і не пускай
Обійми мене, обійми мене, обійми
Твоя весна прийде нехай

І от моя душа

Складає зброю вниз
Невже таки вона
Так хоче теплих сліз?

Обійми мене, обійми мене, обійми

Так лагідно і не пускай
Обійми мене, обійми мене, обійми
Твоя весна прийде нехай

Обійми, обійми, обійми, Обійми мене

Обійми мене, обійми мене, обійми
І більше так не відпускай
Обійми мене, обійми мене, обійми
Твоя весна прийде нехай

Quando arriva il giorno
E la guerra sarà finita
Dove mi sono perso
Tutti hanno sofferto fino in fondo

Abbracciami, abbracciami, abbracciami

È così dolce, non lasciare le mie braccia
Abbracciami, abbracciami, abbracciami
La tua primavera verrà come il paradiso.

Ecco la mia anima

Decollerà nella nebbia dei sogni
Sicuramente anche lei
Vuole lacrime calde

Abbracciami, abbracciami, abbracciami

È così dolce, non lasciare le mie braccia
Abbracciami, abbracciami, abbracciami
La tua primavera verrà come il paradiso

Abbracciami, abbracciami, abbracciami

Abbracciami, abbracciami, abbracciami
È così dolce, non lasciare le mie braccia
Abbracciami, abbracciami, abbracciami
La tua primavera verrà come il paradiso.

L’immagine in evidenza è tratta da avvenire.it
Le altre immagini sono tratte da: youtube.com e da google.com
Per la citazione di Bernard-Henry Lévy abbiamo utilizzato la presentazione del libro Dunque la guerra (al momento non disponibile in libreria) contenuta in Linkiesta del 21 03 23.

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