L’Europa è sempre più scristianizzata?

Un esempio di semplificazione deformante

“Può il Cristianesimo perdere l’Europa senza combattere?” Così comincia un editoriale di Galli della Loggia sul Corriere della Sera. E già questo inizio ci rende perplessi per l’uso di quel “combattere” che ricorda la retorica ottocentesca di Pio X più che il vocabolario della Chiesa post-conciliare. Il disaccordo diventa totale sul modo in cui è formulata la successiva domanda/affermazione.

Il Cristianesimo può accettare come fosse una cosa ininfluente per la propria identità che l’Europa estrometta dal proprio orizzonte quella fede facendone un semplice residuo archeologico, così come sta avvenendo?”. Questa frase presenta due parti diverse (da esaminare separatamente), in cui la prima indica l’esistenza di una entità – indifferenziata – chiamata “Cristianesimo” e la seconda invece una “Europa” – altrettanto indistinta – che starebbe cancellando progressivamente il “Cristianesimo” per consegnarlo al ricordo dei musei.

Invece, a nostro parere, bisognerebbe rovesciare il concetto e renderlo specifico: una forma particolare di Cristianesimo – quello della galassia tradizionalista cattolica, protestante e ortodossa – sta crescendo in molte parti dell’Europa, sta “combattendo” per condizionare le istituzioni pubbliche, sta impedendo la realizzazione della laicità dello Stato e “facendone un residuo archeologico”; in contemporanea alcune istituzioni statali (quelle francesi ad esempio) cercano di essere equidistanti da ogni forma religiosa, garantendo a tutti i credenti uguali diritti e doveri, senza estromettere alcuno.

Sulla prima parte (l’uso del termine “Cristianesimo”): numerosi intellettuali, che sostengono la tesi di un Cristianesimo estromesso dall’Europa, sottintendono – senza dichiararlo – che sia esistito un solo ed unico cristianesimo, come se esso fosse una formula chimica, immutabile nel tempo e nello spazio. Trascurano che è assolutamente necessario specificare cosa si intende per Cristianesimo perché nella storia, a partire dalle prime comunità giudaico cristiane (non “cattoliche”) fino al terzo millennio, le pratiche, le teorie e i rituali, a cui hanno fatto riferimento i discepoli di Gesù, sono stati spesso non solo molto diversi fra loro, ma addirittura perfino opposti (è sufficiente considerare come storicamente essi hanno definito il rapporto con lo Stato, passando attraverso il cesaropapismo, il papocesarismo, i Concordati e il loro superamento).

All’interno di un generico Cristianesimo che riguarda l’antichità, il Medioevo e la Modernità fino al XX secolo, esistono tanti diversi “cristianesimi”, alcuni organizzati in vere e proprie chiese separate. Inoltre, i ritmi di crescita/decrescita di questi “spezzoni” di Cristianesimo non sono assolutamente identici e alla perdita di fedeli e di potere da parte di una Chiesa può affiancarsi lo sviluppo numerico e di influenza di un’altra Chiesa.

Per limitarci all’Europa, di Cristianesimi ne esistono parecchi: accanto ai tanti cristiani senza chiese e bandiere, abbiamo la Chiesa cattolica, la Chiesa ortodossa, la Chiesa Anglicana, le Chiese luterane e riformate. All’interno poi di ognuna di queste istituzioni esistono profonde divisioni nell’interpretazione del Vangelo e nella sua applicazione. Basti pensare come intendono la “pace giusta” l’arcivescovo Kirill di Mosca e la Chiesa (sempre cristiana e ortodossa) di Kiev. Galli della Loggia infatti fa riferimento alla Chiesa di Roma come “la manifestazione prima” (non è esatto) e “la più rilevante” del Cristianesimo. È comunque una valutazione consentita, che avrebbe dovuto subito portare alla sostituzione del termine equivoco di “Cristianesimo”, ma non è sufficiente a rendere chiaro il suo pensiero.

Quando si parla di Chiesa cattolica ci si riferisce a quella rappresentata dai tradizionalisti di Radio Maria e amici (presi da un delirio apocalittico e dai misteri che la Madonna rivelerà a breve) oppure a quella delle comunità di base impegnate sui temi della facoltà di sacerdozio per i viri probati, dell’ordinamento anche per le donne, della rivisitazione critica della sessualità, e che sono aperte all’ecumenismo? Entrambe le organizzazioni fanno riferimento alla Chiesa di Roma, ma sono agli antipodi. Agli antipodi anche rispetto alla “denuncia di emarginazione” di cui si fa portavoce il giornalista. Per esempio, i cattolici alla Salvini vedono l’”emarginazione del Cristianesimo” nell’abolizione del crocifisso a scuola, quelli alla Gozzini ci vedono una doverosa azione di rispetto verso il fedele, perfino evangelica. E nella stessa Curia romana e tra gli stessi papi ci sono sia i “profeti di sventura” che combattono il Mondo che li vuole emarginare sia quelli aperti all’ascolto delle nuove domande poste dal Mondo.

Sulla seconda parte della frase, riguardante l’Europa sempre più “scristianizzata”: innanzitutto di quale “Europa” si sta parlando? Quella degli stati, dei governi, dei ceti intellettuali, dei potentati economici e finanziari, dei popoli? Di tutti costoro o di qualcuno soltanto? Come nell’esempio precedente, l’opinionista usa il procedimento della “generalizzazione” attribuibile ad un fenomeno vero – cioè sicuramente da qualche parte e in qualche luogo in Europa la presenza del “cristianesimo” sta diminuendo – per evitare le necessarie distinzioni che rendono quel fenomeno più articolato di quanto la semplificazione deformante tenda a presentare.

Per esempio, è inesatto parlare di “scristianizzazione” delle masse popolari. Come diceva un acuto osservatore cattolico: “Se alcune chiese devono chiudere per mancanza di fedeli, in cambio si riempiono i santuari”. Il fenomeno di Medjugorje e dei pellegrinaggi, la crescita del Tradizionalismo sia cattolico che protestante, la diffusione di movimenti sovranisti e demagogici che dichiarano di fondarsi sulla riproposizione della “società cristiana”, quella di Dio – Patria – Famiglia, sono invece una manifestazione impressionante di come si stia diffondendo e radicando, dai paesi dell’Est alla Spagna, una tipologia (sempre presente, anche nel passato più lontano) di “Cristianesimo” superstizioso, spesso intollerante e fanatico. Questo “Cristianesimo”, di cui in Italia è espressione il partito della Meloni, non è affatto messo ai margini da parte di gruppi di potere politico, economico, culturale, che anzi vogliono servirsene per aumentare il proprio peso e presenza sociale.

Torniamo alla seconda parte della frase: esiste un’Europa che tende a relegare il “Cristianesimo” negli spazi inutilizzati dell’”archeologia storica”? Esiste sicuramente, ma non è rappresentabile attraverso la definizione linguistica – non neutrale, ma già valutativa – con cui ne parla l’opinionista. È presente un’Europa, di cui la Francia è l’espressione statale più coerente, che cerca di applicare nei confronti delle religioni un rapporto all’altezza dei tempi, fondato sulla laicità dello Stato. Galli della Loggia occulta l’equidistanza necessaria nei confronti di tutte le fedi e lo sforzo di limitare la presenza della religione agli spazi privati e pubblici autorizzati e li trasforma nell’obbiettivo di “estromettere dal proprio orizzonte” la fede.

Intendiamoci: se ciò significa che, nel campo dei diritti civili, lo Stato laico non riconosce a priori nessuna norma/comandamento religioso, ma solo quella legge che nella negoziazione razionale e collettiva – prescindendo dalla presenza di un dio e da qualsiasi fede – viene elaborata dalla società, allora è sacrosanto e corretto “estromettere” non solo il Cristianesimo, ma tutte le fedi. Oppure si ha nostalgia dei Concordati “intrisi di privilegi” ingiusti e oggi inaccettabili, come li ha denominati appropriatamente padre Spadaro?

Quando non “si estromette” la religione dalle istituzioni ci troviamo allora in un’altra Europa (che per Galli della Loggia non esiste!), nella quale si sta assistendo ad una continua invadenza della sfera religiosa sul piano istituzionale. Per esempio, quale emarginazione della religione si registra in Ungheria e in Polonia, che pure fanno parte dell’Europa? Perché nascondere il loro tentativo di realizzare una “teocrazia”, mettendo la morale cattolica più retriva al primo posto nella normativa pubblica? In questo caso è proprio la religione “cristiana” che sta occupando il terreno istituzionale da cui lo Stato comunista la aveva esclusa. Se questa tipologia di Cristianesimo venisse estromessa totalmente oppure perdesse la pretesa di imporre la propria teologia in Europa e nel resto del mondo per diventare esclusivamente una collettiva testimonianza di una pratica di vita sarebbe un dono per l’umanità e, a nostro parere, anche una coerente applicazione dello stesso messaggio di Gesù. 

L’immagine in evidenza è tratta da: aggiornamentisociali.it

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