Piccolo vocabolario di Papa Francesco /1

Alcune parole e concetti, usati con frequenza da Francesco, sono indicativi e utili per illustrare la visione del mondo e il messaggio per i credenti. Il sogno di Francesco è che questi vocaboli, più che appresi o commentati, siano vissuti concretamente nella quotidianità. Il papa ha parlato di “indossarli”, e anche l’appello di “Fratelli tutti” richiede non la sola lettura del testo ma l’azione e la concretezza del darsi da fare. Riflettere, meditare e agire: “Serve un cuore che vede e mani che facciano” ha scritte Francesco. Quella che segue è una limitata selezione di termini linguistici: iniziamo con due parole, strettamente collegate per il Papa, la misericordia e l’importanza di praticarla nella nostra vita. Le citazioni di padre Spadaro sono tratte dal suo articolo, in “Civiltà Cattolica” di settembre 2020. Le citazioni di Francesco sono state estrapolate dalle sue encicliche, omelie, interviste nei sette anni di pontificato.

MISERICORDIA (dal vocabolario “il sentimento di compassione attiva verso l’infelicità altrui”): essa è stata dal Papa posta come centro dell’azione cristiana rivolta agli esseri umani e come attributo principale di Dio. Non a caso i due racconti di Luca (“Il buon Samaritano” e “Il padre misericordioso” che è il titolo più appropriato della parabola nota come “Il figliol prodigo”) prediletti da Francesco, indicano nella misericordia di Dio verso l’uomo e nella misericordia dell’uomo verso il prossimo la sintesi del messaggio di Gesù, messaggio che Francesco vuol testimoniare e diffondere. Sottolineiamolo: prima della Verità (su cui insistevano i papi precedenti) viene la Carità.

PRATICA DI VITA: Francesco propone, continuamente e quasi ossessivamente, l’attuazione pratica della misericordia più che il rispetto delle regole e l’adesione ai dogmi. Per il Papa l’inclusione o l’esclusione di chi soffre lungo la strada della vita deve definire i progetti, soprattutto religiosi. “Ogni giorno ci troviamo di fronte la scelta di essere buoni samaritani oppure viandanti indifferenti che passano a distanza”. Questo invito non piace affatto ai Tradizionalisti, che lo giudicano “generico ed indistinto, poco cattolico”, ”massonico e relativista”, “buonista”; d’altronde la loro religiosità è farisaica, infarcita di citazioni bibliche e riferimenti teologici in quanto privilegia l’ortodossia (pensare correttamente) rispetto all’ortoprassi (agire correttamente) di Francesco. Comunque la “ortodossia” da loro sostenuta, a nostro parere, resta soltanto una delle possibili e diverse interpretazioni della Bibbia e della storia della Chiesa e i cui frutti sono la separazione fra i cristiani (i protestanti antagonisti se non nemici), la divisone con le altri fedi (infondate ed erronee se non superstiziose) ed un cattolicesimo medievale per una elite che ama ancora la liturgia in latino.

CHIESA: dalla centralità della misericordia evangelica Francesco fa nascere la sua Chiesa, un «ospedale da campo», immagine efficace della struttura voluta dal Papa. «Io vedo con chiarezza che la cosa di cui la Chiesa ha più bisogno oggi è la capacità di curare le ferite e di riscaldare il cuore dei fedeli, la vicinanza, la prossimità. Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia. È inutile chiedere a un ferito grave se ha il colesterolo e gli zuccheri alti! Si devono curare le sue ferite. Poi potremo parlare di tutto il resto. Curare le ferite, curare le ferite…”.

RIFORMA DELLA CHIESA: per Francesco, in continuità col suo maestro Ignazio di Loyola, la “riforma” diventa cambiamento di struttura soltanto se inizia colla trasformazione dell’uomo. Per il Papa si tratta innanzitutto di riformare le persone dal di dentro e questa è la garanzia di una conversione di «struttura» a livello ecclesiale. Commenta Padre Spadaro: “La riforma della Chiesa è un processo davvero spirituale, che cambia – ora lentamente ora velocemente – anche le forme, quelle che chiamiamo «strutture» …è un processo di istituzionalizzazione e deistituzionalizzazione fluido: resta quello che serve, e non quello che non serve più. Il futuro della Chiesa non è né statico né rigido”. Vi è un pragmatismo anti ideologico, fondato sulle linee guide della morale evangelica e “riformare” significa avviare processi aperti, senza contenuti preconfezionati e senza «tagliare teste». Scrive Francesco: ” Veniamo incoraggiati a edificare la città, ma forse bisognerà abbattere il modellino che ci eravamo disegnati nella nostra testa. Dobbiamo prendere coraggio e lasciare che lo scalpello di Dio raffiguri il nostro volto, anche se i colpi cancellano alcuni tic che credevamo gesti.” Questa scelta di Francesco, scartare (almeno parzialmente e gradualmente) il modello cattolico (inadatto e superato), elaborato da Tradizione e papi, in vigore fino al Vaticano II, e rilanciato da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, suscita una opposizione fortissima nei nostalgici del pensiero unico (quello del dogmatismo – atemporale apparentemente ma profondamente medievale nella sua origine), cioè una parte della Curia romana, i vescovi intransigenti, i fedeli tradizionalisti, le cui posizioni si stanno costantemente estremizzando.

DISCERNIMENTO: consiste innanzitutto nel distinguere, differenziare, vedere la specificità e le eccezioni all’interno di ogni regola; è anche la capacità di scegliere il momento opportuno per introdurre il cambiamento. Infine il discernimento consiste anche nel identificare, di volta in volta e non una volta per tutte, la volontà di Dio nella vita e nella storia umana che è sempre in mutamento. Infatti conclude padre Spadaro: “Sebbene il discernimento si compia nell’ambito del cuore, dell’interiorità, la sua materia prima è sempre l’eco che la realtà riverbera nello spazio interiore. È un atteggiamento interiore che spinge a essere aperti al dialogo, all’incontro, a trovare Dio dovunque egli si faccia trovare, e non solamente in perimetri predeterminati, ben definiti e recintati”.

FRATERNITA: è la parola finale di Gesù ai discepoli, prima di morire, e per Francesco implica il riconoscimento del Padre perchè “la ragione è in grado di cogliere l’uguaglianza tra gli uomini e stabilire una convivenza civile tra loro ma non riesce a fondare la fraternità”. Francesco infatti aggiunge: “Siamo fratelli perché figli dello stesso Padre”. Da non dimenticare tuttavia che “si è fratelli perché si è uguali e diversi”. La custodia delle differenze è il criterio della vera fraternità che non omologa, ma accoglie e fa convergere le diversità, valorizzandole. Padre Spadaro commenta con una precisazione importante: ”La fratellanza non è solamente un’emozione o un sentimento o un’idea, ma un dato di fatto. Può essere il frutto della nascita dagli stessi genitori o del riconoscimento di una comune figliolanza divina o della medesima umanità. Il suo resta in ogni caso un messaggio dal forte valore politico, perché capovolge la logica dell’apocalisse. Questa è la logica integralista che combatte contro il mondo perché crede che esso sia l’opposto di Dio, cioè idolo, e dunque da distruggere al più presto per accelerare la fine del tempo. Il baratro dell’apocalisse, appunto, davanti al quale non ci sono più fratelli: solo apostati o martiri in corsa «contro» il tempo.”

ECUMENISMO: la proposta di Francesco per l’incontro tra le fedi è riassumibile in tre concetti: il dialogo come via, la collaborazione come condotta, la conoscenza reciproca come metodo e criterio. Papa Woytila aveva aperto la strada ad Assisi, alla fine del 1986, radunando esponenti delle maggiori religioni del mondo ma poi il processo si era fermato. Francesco sta dando un contributo straordinario al suo rilancio.

CONVERSIONE: le persone devono cambiare punto di vista, recuperare un senso della vita nella condivisione di un fine comune di fraternità. ”La strada della conversione è vicinanza che è servizio. Ogni volta che voi vi avvicinate per servire imitate Gesù”. E’ una conversione all’agire di Gesù e al suo messaggio, non a quello del Catechismo cattolico.

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