Patria

Le parole “Patria o muerte“, precedute da “Hasta la victoria siempre!” erano quelle solitamente usate da Ernesto Che Guevara per salutare Fidel Castro prima di partire verso nuove avventure rivoluzionarie. In seguito divennero parole simbolo, spesso usate nei loro discorsi dai rivoluzionari, compreso il leader maximo, per esprimere e rafforzare il vincolo di adesione alla rivoluzione che nel1959 ha instaurato nell’isola caraibica la dittatura comunista.
Questo vincolo, come era inevitabile, col tempo si è logorato. Perché le dittature, di qualsiasi colore politico, prima o poi mostrano di essere insopportabili.
È questo che cantano i rapper cubani Maykel Osorbo e El Funky (insieme ad altri) nella canzone “Patria y vida“:

Piange il mio popolo e sento la sua voce
Tu cinque nove, io doppio due*
60 anni bloccati a domino*
Molta enfasi ai 500 anni dell’Havana
Mentre nelle case dentro alle pentole non hanno cibo

E’ finita, tu cinque nove, io doppio due
60 anni bloccati a domino
Siamo artisti, siamo sensibilità
La storia vera, non quella mal raccontata
Siamo la dignità di un popolo intero calpestata

Con pistole puntate e parole che non valgono niente

Non più bugie, il mio popolo chiede libertà, niente più dottrine
Non gridiamo più Patria e Morte ma Patria e Vita
E abbiamo iniziato a costruire quello che sognavamo, quello che hanno distrutto con le loro mani
Che smetta di scorrere sangue, per il fatto di pensarla diversamente
Chi vi ha detto che Cuba è vostra, se Cuba è di tutta la mia gente

E’ finita, è scaduto il vostro tempo, è stato rotto il silenzio
E’ finita, sono finite le risate, le lacrime stanno scorrendo
E’ finita, non abbiamo paura, è finito l’inganno
E’ finita sono sessantadue anni che fate danni

* Nel testo ci sono vari riferimenti al DOMINO (gioco da tavola considerato come il secondo sport di Cuba dopo il baseball)

Gli autori della canzone sostengono il Movimento San Isidoro, una associazione di artisti, giornalisti e accademici cubani formata nel 2018 per protestare contro l’aumento della censura dell’espressione artistica da parte del governo a Cuba. (copyright Wikipedia)

Questo rap è anche diventato l’inno della protesta, che nei giorni scorsi ha riempito le strade di Cuba, per denunciare la grave situazione economica in cui versa il Paese, divenuta più acuta dopo la pandemia (mancano beni indispensabili come il cibo e le medicine). Ma anche per rivendicare il riconoscimento di fondamentali diritti umani e sociali che da decenni la dittatura castrista nega al popolo cubano.
Il governo ha risposto prima con la repressione e poi ha usato il solito gioco di scaricare ogni colpa sull’embargo americano (copyright La Stampa).

La canzone può essere ascoltata qui:

Il testo originale con la traduzione in lingua italiana (da cui abbiamo tratto i versi sopra riportati) può essere letto qui.

L’immagine in evidenza è tratta da: tg.la7.it
Le altre immagini sono tratte, rispettivamente, da: tfnews.it; tg24.sky.it; repubblica.it; linkiesta.it; ilmessaggero.it

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